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Fuggire

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Il peso maggiore di questa crisi non ricade però sulle nostre spalle: tre quarti circa dei profughi si trovano in Africa, America lati­na, Asia o nel Vicino e Medio Oriente. La maggior parte delle persone costrette a fuggire resta infatti all’interno del proprio Paese o cerca rifugio in uno degli Stati confinanti. Sfollati e profughi spesso non di­spongono né dei mezzi finanziari né delle forze sufficienti o delle possibilità di movimento necessarie per affrontare una lunga fuga. Sono costrette a lottare per la propria soprav­vivenza quotidiana. Solo una piccola parte delle persone in fuga nel mondo cercano asilo in Europa o in Svizzera.

Esercizio GE-1
Guarda il film di Mano Khalil. A che cosa ti fa pensare? Che sentimenti ti provoca? Annotali nelle nuvolette.
- Pensieri sul dove e come le persone in fuga dormono e vivono
- Pensieri sulle persone
- Sentimenti
- Domande







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Esercizio GE-2
Leggi le testimonianze dei profughi del film. Scopri i motivi che li hanno spinti a fuggire. Scrivi anche verso dove sono fuggiti.
In base alle testimonianze, rifletti sul significato che la patria ha per ogni profugo. Hanno varcato un confine?
Confronta le affermazioni dei profughi del film con le altre citazioni. Dicono la stessa cosa? Come capisci le affermazioni? Come ti senti, quando senti delle affermazioni di questo tipo?


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Informazioni sul regista Mano Khalil (PDF)






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Facts

Esercizio GE-3
Verifica le affermazioni sottostanti e motiva le tue risposte:
- Tutti fuggono verso l’Europa
- Fuggono soprattutto giovani uomini
- Molti profughi vogliono venire soprattutto in Svizzera
- La fuga è difficile ma dura poco tempo

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Termini

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Paesi

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Sudan del Sud

Somalia

Libano

Siria

Afghanistan

Myanmar

Ucraina

Bangladesh

Venezuela

Colombia

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Persone

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Aziz

Afghanistan

Abdi

Somalia 

Malaika

Südsudan

Hayat

Syrien

Mohammed

Syrien

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E tu?

Anche se il numero di richiedenti l'asilo in Svizzera è attualmente in calo, il numero di persone in fuga non è mai stato così alto come negli ultimi anni. Attualmente ci sono più di 117 milioni di persone in fuga in tutto il mondo. Hai mai pensato a cosa significa dover abbandonare la tua casa, la tua famiglia e il tuo paese? Cosa significa essere in fuga e arrivare in un posto dove nessuno ti aspetta, spesso riuscendo a portare con sé solo lo stretto necessario? Cosa lasceresti e cosa metteresti in valigia?
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Esercizio GE-5
Se potessi portare con te solo quattro cose, quali dei nove possibili oggetti sceglieresti?
Perché ha scelto proprio questi quattro?

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CH-Asilo

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Chi cerca protezione dalla persecuzione in Svizzera può presentare la propria domanda d'asilo presso uno dei sei Centri federali d'asilo (BAZ) della Segreteria di Stato per la migrazione (SEM). I BAZ si trovano ad Altstätten, Basilea, Berna, Boudry, Chiasso e Zurigo. Essi svolgono due compiti principali: accogliere i richiedenti d’asilo e condurre le procedure d’asilo. La durata massima del soggiorno in un centro d'asilo federale è di 140 giorni. I richiedenti l'asilo la cui domanda non può essere decisa in un Centro federale d'asilo perché, ad esempio, è necessario un ulteriore chiarimento, vengono assegnati a un cantone e accolti e assistiti fino alla conclusione della procedura d'asilo.
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1. Accoglienza
Il richiedente l’asilo che arriva in un Centro deve innanzitutto compilare un modulo indicando le proprie generalità e consegnare i documenti di viaggio e d’identità. A questo punto gli vengono assegnate una camera e un posto letto.

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2. Registrazione
Il richiedente l’asilo viene registrato e fotografato. La foto e le generalità vengono utilizzate per i documenti della procedura d’asilo.

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3. Impronte digitali
Una volta rilevate, le impronte digitali vengono confrontate con le informazioni contenute in Eurodac, una banca dati europea.
Se risulta che le impronte digitali sono già state rilevate da un altro Stato parte dell’Accordo di Dublino, il trattamento della domanda d’asilo sarà di competenza di quest’ultimo. Con il sistema di Dublino si evita che la stessa persona inoltri una domanda d’asilo in più Stati contemporaneamente o di seguito.

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4. Colloquio personale
Sin dal loro arrivo, ai richiedenti l’asilo è attribuito un consulente/rappresentante legale a titolo gratuito. La consulenza è fornita da uno specialista indipendente che assiste il richiedente l’asilo durante la procedura e lo accompagna ai colloqui. Durante un colloquio approfondito, i richiedenti l’asilo sono invitati a esporre i motivi della loro domanda d’asilo e a descrivere il viaggio che li ha portati in Svizzera. Durante questo colloquio sono raccolti i dati sull’identità, l’origine, l’itinerario di viaggio e sulle condizioni di vita del richiedente.

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Quando viene ascoltato sulle motivazioni della domanda d’asilo, il richiedente spiega in maniera dettagliata le ragioni che lo hanno spinto a fuggire. Può mostrare delle prove come ad esempio mandati di comparizione della polizia, sentenze giudiziarie, certificati medici o fotografie. Sulla base di queste informazioni la SEM valuta se una persona può essere riconosciuta come rifugiato con diritto d’asilo o no. Se l’asilo non viene concesso, la SEM verifica se vi sono le condizioni per un rientro nel Paese d’origine o di provenienza.


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Sono rifugiati le persone che, nel Paese di origine o di ultima residenza, sono esposte a seri pregiudizi a causa della loro razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, ovvero hanno fondato timore di essere esposte a tali pregiudizi. (art. 3 (1) Legge sull’asilo).
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Esercizio CHAP-1
Colloquio sui motivi di richiesta d’asilo (procedimento)
Guarda il film «Audizione per l'asilo». Nel centro di accoglienza, ogni persona viene ascoltata in uno o più colloqui. Di solito sono presenti quattro persone durante l'udienza. Tale audizione è il fulcro della procedura di asilo. Annota gli obiettivi e i compiti che le persone presenti hanno durante questo colloquio. Ulteriori informazioni sul colloquio d'asilo sono disponibili anche online.

Esercizio CHAP-2
Film «La procedura d'asilo accelerata in Svizzera», determinare la decisione del SEM
Il film «La procedura d'asilo accelerata in Svizzera» spiega aspetti essenziali della procedura d'asilo. Guardate il film a coppie e in seguito ricercate la decisione della Segreteria di Stato per le Migrazioni (SEM). Annotatela per tutti i profughi.

Esercizio CHAP-3
Prospettive – Sogni e realtà
La decisione d'asilo comporta una decisione determinante per il futuro delle persone interessate. Ricerca come il personaggio che hai scelto affronta questa decisione. Annota le tue domande e i tuoi pensieri. I tuoi appunti ti serviranno al momento della conclusione del tema.














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Prospettive

Esercizio GE-6
Nonostante gli sforzi delle organizzazioni internazionali per creare prospettive sul posto, milioni di persone sono in fuga. Il loro bisogno è quindi maggiore della fiducia in un futuro nel loro paese. Cosa pensi che li avrebbe aiutati a rimanere? Nei sei slideshow puoi saperne di più sull'impegno di creare nuove prospettive. Elabora anche tu delle proposte di interventi.

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Links

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Facts

Nel 2023, 117,3 milioni di persone erano in fuga nel mondo. Più della metà di esse sono rimaste nel proprio paese.
- 63,3 milioni di sfollati all'interno del proprio Paese
- 43,4 Mio. milioni di profughi oltre i confini del proprio Paese
- 5,6 Mio. milioni di richiedenti l'asilo nel mondo



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Oggi più dell’un per cento della popolazione mondiale è in fuga (1 persona su 69). Il numero degli sfollati è raddoppiato dal 2012: 42,7 milioni contro i 117,3 milioni attuali.
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Il 40% delle persone in fuga (47 milioni) sono bambini e adolescenti con età inferiore ai 18 anni. Più di 2 milioni di bambini sono nati rifugiati tra il 2018 e il 2023.
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Quasi tre rifugiati su quattro (73%) sono originari di da soli cinque paesi, e l'87% di loro proviene da
da soli 10 paesi.
- Afghanistan 6,4 milioni
- Siria 6,35 milioni
- Venezuela 6,1 milioni
- Ucraina 6 milioni
- Sud Sudan 2,29 milioni
- Sudan 1,5 milioni
- Myanmar 1,28 milioni
- Repubblica Democratica del Congo 0,97 milioni
- Somalia 0,84 milioni
- Repubblica Centrafricana 0,76 milioni



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L’onere maggiore viene sempre assunto dai paesi vicini. Più dell’75% dei profughi vengono accolti da paesi di recente industrializzazione o paesi in via sviluppo. Il 69% dei rifugiati e degli sfollati all'estero viveva nei Paesi confinanti con i loro paesi di origine.
- La Repubblica islamica dell’Iran ha accolto 3,8 milioni di rifugiati
- Turchia 3,3 milioni
- Colombia 2,9 milioni
- Germania 2,6 milioni
- Pakistan 2,0 milioni
- Svizzera 211’000

Fonte: UNHCR 2023

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Nel 2023, 30’223 persone hanno presentato una richiesta di asilo in Svizzera. Nel 2022 circa 75 000 profughi provenienti dall’Ucraina hanno fatto domanda per ottenere lo statuto di protezione S.

Fonte: SEM, Asilo, statistica 2023

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I richiedenti d’asilo, i rifugiati dallo statuto riconosciuto e le persone accolte temporaneamente rappresentano circa il 2,6% sul totale della popolazione svizzera.
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Il Libano, invece, ha il secondo maggior numero di rifugiati al mondo in termini di popolazione. Una persona su 6 in Libano è un rifugiato. L'isola di Aruba nei Caraibi ha il maggior numero di rifugiati, con 1 rifugiato per 5 abitanti.

In Giordania 1 persona su 16 è fuggita e in Montenegro 1 su 9.



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Esercizio AZ-1
Cerca di scoprire, utilizzando le informazioni della homepage, come Aziz viveva prima della fuga. Annota i tuoi risultati per le quattro sfere della vita privata e confrontali con le compagne e i compagni del gruppo.

Esercizio AZ-2
Le ragioni per cui una persona fugge da un paese sono complesse. Fatti un'idea della situazione (degli Hazara) in Afghanistan al momento della fuga di Aziz e annota i dati chiave più importanti. Cerca di ricavare anche i motivi della fuga di Aziz.

Esercizio AZ-3
Utilizza la mappa per descrivere il viaggio in fuga di Aziz: quali paesi ha attraversato?

Esercizio AZ-4
Aziz è stato in fuga per molto tempo - spesso nelle peggiori circostanze. Sulla base della sua storia è possibile farsi un'idea. Annota in parole chiave sotto i vari ambiti ciò che sai sulla sua vita in fuga.

Esercizio AZ-5
I cinque personaggi in fuga (Aziz, Abdi, Hayat, Malaika e Mohammed) sono ormai arrivati in un luogo sicuro. Un luogo dove nessuno li aspettava e dove potrebbero anche non essere i benvenuti. Come vi si trovano? Quali sono le loro opzioni e quali i loro sogni? Qual è la loro realtà? Come si potrebbe facilitare la loro integrazione nel nuovo luogo?

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"Ciao! Mi chiamo Aziz Poladi., ho 31 anni e vengo da Bamiyan, nell'Afghanistan centrale".
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«Vivevo con i miei genitori e mia sorella a Bamiyan, nella zona centrale del Paese. Apparteniamo al gruppo etnico degli Hazara.»


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«Mio padre gestiva un negozietto di alimentari e noi abitavamo al piano di sopra.»
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«Nel tempo libero mi piaceva incontrarmi con gli amici per costruire aquiloni.»
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«Nell’anno 1998 i Talebani hanno preso il potere. Erano molto religiosi e rigidi. Le donne non potevano più lavorare o andare a scuola e dovevano nascondersi. Hanno imposto agli uomini di portare la barba e vietato musica, televisione, cinema e sport.»


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«I Talebani punivano severamente chi non rispettava le loro regole, a volte anche con impiccagioni pubbliche.»

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13 ottobre 2000
«Da quando i Talebani sono saliti al potere, temiamo per le nostre vite. Dobbiamo nasconderci e non osiamo più uscire in strada. Poiché ci stavamo letteralmente ammalando dalla paura, abbiamo deciso di fuggire dall'Afghanistan. Abbiamo venduto tutti i nostri beni e tutta la famiglia è fuggita in Iran.»

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Competizioni di aquiloni
In Afghanistan, ragazzi e uomini si sfidano in agguerrite competizioni di aquiloni. Sotto il regime dei Talebani, sostenitori dell’Islam radicale, questo gioco molto popolare fu proibito.
Lo scrittore Khaled Hosseini ha reso celebre questo sport nel suo bestseller del 2003 «Il cacciatore di aquiloni», da cui è stato tratto l’omonimo film del regista svizzero Marc Forster uscito al cinema nel 2007.

Link per guardare il trailer
Download Costruire un aquilone (PDF)
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«Quando siamo fuggiti, abbiamo preso solo lo stretto necessario: ho preso dei vestiti, il mio cellulare, un berretto e dei guanti caldi. Un po' di denaro risparmiato e i gioielli di famiglia di mia madre erano la nostra unica riserva.»
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L’abito maschile afghano è costituito di due parti: una tunica lunga fino alle ginocchia (kameez) e calzoni a sbuffo (salwar). I calzoni a sbuffo hanno un cavallo molto basso e sono legati in vita con una fascia applicata al pantalone.
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Pakol (cappello) afghano
Da secoli gli uomini che vivono nelle regioni montuose dell’Afghanistan indossano questo caldo copricapo. Sebbene il pakol non sia stato introdotto dai Talebani, viene spesso associato a questo gruppo perché molti Talebani lo portano.

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Gioielli dall’Afghanistan
I gioielli sono parte della dote che le donne in Afghanistan ricevono quando si sposano. La dote rimane in loro possesso anche in caso di divorzio. La moglie può decidere liberamente che uso farne.


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«Dopo la nostra fuga in Iran abbiamo lavorato illegalmente come operai da campo o da cantiere. Non avevamo il permesso di soggiorno, non avevamo diritti e a malapena un po' di soldi.»

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«Più di una volta sono stato picchiato perché sono afghano e all'ospedale non sono stato curato. Ovviamente non potevo nemmeno andare alla polizia. È stata molto dura. Le persone che conoscevo e che erano fuggite in Europa stavano un po' meglio.»
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«Dopo tre anni in Iran, mi sono messo in strada da solo verso l'Europa.»

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«Mio padre ha trovato un passatore che per 2’000 dollari americani doveva portarmi a Istanbul. Come misura di sicurezza, è stato concordato che l'uomo di contatto non sarebbe stato pagato finché non avessi chiamato a casa.»

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«Dopo un lungo ed estenuante viaggio sul pick-up abbiamo dovuto attraversare a piedi le montagne. L'attraversata è durata quattro giorni e faceva molto freddo.»

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«Le mie scarpe sono cadute a pezzi. Quando un vecchio è crollato esausto, i passatori gli hanno sparato e l'hanno lasciato sulla strada.»
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«In Turchia i contrabbandieri ci hanno costretti a salire su una piccola barca affollata con cui avremmo dovuto raggiungere la Grecia durante la notte.»
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«Quando ho chiesto un giubbotto di salvataggio, l’ho dovuto pagare extra.»
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«Poi i passatori sono scomparsi e siamo rimasti soli. Nessuno di noi aveva mai guidato una barca prima d'ora e la maggior parte di noi non sapeva nuotare.»
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«Eravamo tutti terrorizzati al pensiero che ci saremmo capovolti e saremmo morti come tanti profughi prima di noi.»
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Decedute o disperse

Nel 2021 oltre 3’200 persone sono decedute o scomparse durante la fuga nel Mediterraneo.

Da dove provengono le persone che giungono in Europa attraverso il Mediterraneo? 10,3% dalla Tunisia, 10,1% dal Marocco, 9,9% dalla regione sub sahariana (non identificata), 8,8% dall‘Algeria, 7,5% dall’Afghanistan, 5,8% dall’Egitto, 5,2% dal Bangladesh e 4% dalla Siria.

Fonte: UNHCR 2021



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L'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) stima che le bande di contrabbandieri internazionali guadagnano più di 10 miliardi di dollari all'anno.

Le bande di trafficanti offrono i loro servizi anche online. Informano sulle possibili rotte, offrono documenti o un trasporto con una barca o un camion.
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«Ho trascorso un anno in Grecia. Ogni tanto guadagnavo qualche soldo, altre volte ho ricevuto dei vestiti e cibo da un'organizzazione umanitaria.»

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«Infine, con i miei pochi risparmi, ho pagato altri passatori che mi hanno portato con un camion frigorifero in Italia.»

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«Sapevo che delle persone nei camion refrigerati erano già congelate o soffocate ma non avevo altra scelta.»
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«Da Trieste ho preso il treno per la Svizzera. Siccome non potevo permettermi un biglietto ho dovuto viaggiare clandestinamente.»
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«Quando la polizia di frontiera mi ha controllato, ho spiegato loro che cercavo asilo in Svizzera. Mi hanno subito mandato al Centro Federale d'Asilo di Chiasso.»
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«Lì ho condiviso la stanza con altri dieci richiedenti l'asilo. Dormivo male e non potevo mai stare da solo. Oltre a imparare il tedesco e a fare le pulizie, non c'era molto da fare.»
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«Nella stanza dei giochi posso dimenticare per qualche ora le mie preoccupazioni e le mie paure.»
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«In un colloquio al Centro federale d'asilo ho dovuto spiegare il motivo della mia richiesta d'asilo in Svizzera. Dopo alcuni mesi ho ricevuto la decisione: negativa ma con ammissione provvisoria. Ciò significa che posso rimanere in Svizzera fino a quando la situazione in Afghanistan non sarà migliorata.»

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«Mi sento al sicuro in Svizzera ma solo temporaneamente. Devo rinnovare regolarmente il mio permesso di soggiorno F. Nessuno sa se posso rimanere in Svizzera in modo permanente. Spero vivamente di poter ottenere un permesso di soggiorno a lungo termine.»

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«Dopo la decisione sono andato a cercare un lavoro, cosa non facile per chi viene accettato solo provvisoriamente. Molti datori di lavoro non vogliono assumere qualcuno che ha solo un permesso provvisorio. Per questo motivo avevo bisogno dell'assistenza sociale. Dopo tre anni e molti rifiuti ho finalmente trovato un lavoro come assistente di cucina in un ristorante.»

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«Con i soldi che guadagno riesco a malapena ad arrivare alla fine del mese. Se mi rimane qualche franco lo spedisco alla mia famiglia in Iran. Mi mancano tutti molto ma cerco di resatre in regolare contatto con loro. Sogno di poter creare una mia famiglia nel mio nuovo paese.»

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Popolazione locale
Ci sono residenti locali che si impegnano ad aiutare le persone nei centri federali d’asilo. Organizzano varie attività, come l'aiuto per i compiti e giochi per bambini, eventi sportivi, caffè, escursioni o visite a teatro. La direzione del centro è a loro disposizione come contatto
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Sfera privata
Nei centri di registrazione e di procedura i richiedenti l’asilo hanno a disposizione un armadietto e un letto. Cucina, mensa, sala e servizi igienici vengono condivisi con gli altri richiedenti l’asilo. I richiedenti l’asilo ricevono un’indennità giornaliera di tre franchi.

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Ammissione provvisoria
Aziz non è riconosciuto come rifugiato perché non può dimostrare di essere perseguitato personalmente e in modo mirato. Durante i colloqui ha spiegato di essere fuggito dall'Afghanistan a causa della guerra. Dato che al momento la situazione non permette di rimpatriare Aziz, viene «ammesso provvisoriamente» (con permesso F). Guerre civili, gravi problemi di salute o pene sproporzionate in caso di rimpatrio possono essere motivi di un’ammissione provvisoria


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Esercizio AB-1
Cerca di scoprire, utilizzando le informazioni della homepage, come Abdi viveva prima della fuga. Annota i tuoi risultati per le quattro sfere della vita privata e confrontali con le compagne e i compagni del gruppo.

Esercizio AB-2
Le ragioni per cui una persona fugge da un paese sono complesse. Fatti un'idea della situazione in Somalia al momento della fuga di Abdi e annota i dati chiave più importanti. Cerca di ricavare anche i motivi della fuga di Abdi.

Esercizio AB-3
Utilizza la mappa per descrivere il viaggio in fuga di Abdi: quali zone ha attraversato?

Esercizio AB-4
Abdi è stato in fuga per molto tempo - spesso nelle peggiori circostanze. Sulla base della sua storia è possibile farsi un'idea. Annota in parole chiave sotto i vari ambiti ciò che sai sulla sua vita in fuga.

Esercizio AB-5
 I cinque personaggi in fuga (Aziz, Abdi, Hayat, Malaika e Mohammed) sono ormai arrivati in un luogo sicuro. Un luogo dove nessuno li aspettava e dove potrebbero anche non essere i benvenuti. Come vi si trovano? Quali sono le loro opzioni e quali i loro sogni? Qual è la loro realtà? Come si potrebbe facilitare la loro integrazione nel nuovo luogo?

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«Ciao! Mi chiamo Abdi Farah, ho circa 50 anni e vengo dalla Somalia.»

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«Vivevo con mia moglie e i nostri tre figli in un villaggio nei pressi di Baraave nel Basso Scebeli, una regione della Somalia meridionale.»

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«Di notte potevo sentire il fragore del mare. Già da bambino ho iniziato a lavorare come pescatore sulla costa somala, una delle più pescose del mondo.»
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«Mia moglie portava al pascolo un paio di capre. La sera ci ritrovavamo per parlare, raccontarci delle storie e a volte cantare.»

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15 settembre 2008
«Un giorno il gruppo terrorista Al Shabaab ha attaccato il nostro villaggio e nello scontro è morto il nostro figlio maggiore. Temendo per la nostra vita siamo fuggiti e ci siamo rifugiati da alcuni conoscenti.»
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«Abbiamo preso solo lo stretto necessario per la fuga: una foto di famiglia, un bastone da passeggio, una rete da pesca, la mia stoffa somala e un contenitore di legno per il trasporto dell'acqua.»
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Rete da pesca, Somalia
In passato la pesca rappresentava un’attività redditizia per chi viveva lungo la costa somala. Ma da quando i grandi pescherecci stranieri fanno razzia al largo delle coste somale, sopravvivere è sempre più arduo per i pescatori locali. In Somalia molti pescatori sono stati costretti a fuggire per gli attacchi sferrati ai loro villaggi dal gruppo terroristico Al Shabaab. Hanno perso dunque la loro fonte di reddito e i loro mezzi di sussistenza.
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Bastone da passeggio, Somalia
Un detto somalo recita: «Dai il tuo bastone solo a chi te lo restituirà». Bastoni di questo tipo sono fabbricati e ancor oggi utilizzati in Somalia dagli allevatori nomadi.

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«Abbiamo trovato rifugio presso dei conoscenti. Poiché la costa era ormai occupata dal gruppo terroristico, non potevo più pescare e provvedere alla mia famiglia.»

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«Per questo abbiamo dovuto sposare la nostra figlia quattordicenne con un parente quarantenne. Spero che abbia una bella vita e non debba più soffrire la fame.»
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Matrimoni di minori
Le catastrofi naturali dovute ai cambiamenti climatici – come le siccità e le inondazioni – causano anche l’aumento dei matrimoni di minori che riducono il numero delle bocche da sfamare all’interno di una famiglia. I progetti che puntano a garantire la sicurezza alimentare combattono la fame sul lungo periodo. Si tratta ad esempio di contenere la perdita di derrate alimentari grazie a un miglior stoccaggio oppure di gestire meglio le risorse idriche disponibili.
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PAM sta per Programma alimentare mondiale (in inglese World Food Programme, WFP): è un’agenzia delle Nazioni Unite (ONU) e la più grande organizzazione umanitaria del mondo. Fornisce generi alimentari alle popolazioni colpite da guerre, conflitti e catastrofi naturali. In Somalia molte persone dipendono dagli aiuti alimentari internazionali a causa dei conflitti armati e della siccità sempre più frequente dovuta al cambiamento climatico.
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«Siccome non potevamo restare dai nostri conoscenti siamo andati a Merca. Qui mia moglie ha dato alla luce il nostro quarto figlio. Non è sopravvissuta nonostante l'aiuto medico e il neonato è morto con lei. Ora sono solo con il nostro figlio più giovane.»
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«A Merca siamo stati accolti da lontani parenti che vivevano in un insediamento alla periferia della città. In quattro condividevamo una semplice capanna fatta di rami e tele che spesso quando pioveva restava sott'acqua. Abbiamo dormito su una stuoia intrecciata per terra.»
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«Siccome mi sentivo male, sono andato all'ospedale di Merca dove sono stato visitato solo dopo una lunga attesa. Il medico ha diagnosticato la tubercolosi. Non è curabile – è stato un grande shock. Per lo meno ricevo una medicina di tanto in tanto per alleviare la mia tosse.»
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Stuoia intrecciata, Somalia
Queste stuoie e questi cesti artistici sono intrecciati a mano dalle donne. In passato erano presenti in tutte le case somale. Anche se oggi sono stati in parte sostituiti da materassini e ciotole di plastica provenienti dall’Asia, sono ancora molto apprezzati e diffusi.


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L’ospedale di Merca
L'ospedale di Merca, sostenuto finanziariamente dalla Svizzera, fornisce assistenza medica gratuita anche agli sfollati interni come Abdi (profughi che si spostano nel proprio Paese). In Somalia c'è un solo medico ogni 28’570 abitanti. In Svizzera ci sono più di quattro medici ogni 1’000 abitanti.
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«Durante la siccità del 2011, il cibo e le bevande sono stati molto scarsi. Alla ricerca di una vita migliore, io e mio figlio siamo fuggiti di nuovo, questa volta a Mogadiscio. Mio figlio è diventato sempre più debole e alla fine è morto per le conseguenze della sua malnutrizione.»

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Ziegen
Mit finanzieller Unterstützung der Schweiz linderte das IKRK das Leid vieler Familien durch die Abgabe von 2 - 3 Ziegen pro Familie während der grossen Dürre im 2011.
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«L'insediamento di Mogadiscio, dove ho vissuto per quasi un anno, è stato evacuato con la forza. I proprietari del terreno non ci volevano più. Ho dovuto lasciare Mogadiscio. Non sapendo dove andare, sono andato ad Afgooye. Ho sentito che lì la situazione era migliore. Non avevo più una famiglia che mi potesse aiutare. Non potevo nemmeno andare da mia figlia perché vive all'estero con suo marito.»
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«Qui ad Afgooye la situazione non è molto migliore ma non ho scelta. Ho perso tutta la mia famiglia e certi giorni il dolore è insopportabile. Non posso tornare al mio villaggio perché è ancora controllato dal gruppo terroristico Al-Shabaab. Non ho i soldi per un contrabbandiere e sono troppo debole per continuare il mio viaggio.»
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«Non mi rimane più molta speranza. Però delle persone che conosco mi hanno detto che noi sfollati nel nostro paese potremmo ricevere più aiuto dai paesi più ricchi. Spero di ricevere di nuovo le mie medicine perché da quando ho lasciato Merca, non posso più ricevere la mia medicina per la tosse a gratis.»

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«Per fortuna mi rimangono le mie canzoni e le mie poesie. Il mio sogno è di guadagnare abbastanza soldi con le mie canzoni di poesia da non dover più soffrire la fame. Di notte nel letto compongo. Le canzoni mi danno forza per il giorno dopo. Il canto è una tradizione per noi. Sono rispettato e stimato per il mio canto e a volte ricevo anche dei soldi per questo.»

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«Ogni tanto mia figlia mi manda dei soldi dall'estero. Mi aiuta ad andare avanti ma non sostituisce il fatto di non averla accanto. Mi manca molto. È l'unica cosa che mi è rimasta.»
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Profughi interni
In Somalia la maggior parte dei circa 3 milioni di profughi interni vive in insediamenti informali, spesso sovraffollati e mal protetti dal pericolo di incendi o di danni causati dal maltempo. L’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici e alle cure mediche è pressoché inesistente.
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Spesso gli insediamenti informali vengono smantellati da un giorno all’altro. L’anno scorso, 130’000 profughi sono stati scacciati e sono stati costretti a cercare rifugio in luoghi ancora meno sicuri e in condizioni ancora peggiori.
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CAATEEYE

Molte volte abbiamo avuto fame.
Molte volte abbiamo sofferto la sete.
Eppure, tutto sommato, non abbiamo avuto sfortuna.
La vita è piena di difficoltà, ed è breve –
Breve come un viaggio che ha bisogno solo di riposo notturno.
Spesso avevamo molto poco
Ma non c’erano volte dove avevamo un pozzo
Di carne e latte in abbondanza?
E c'erano giorni e notti
Che non possono essere dimenticati.
Te li ricordi, Cutiya, vero?
E se Dio lo permetterà
Altre cose meravigliose come questa
Ci saranno ancora in serbo per noi.

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Esercizio HA-1
Cerca di scoprire, utilizzando le informazioni della homepage, come Hayat viveva prima della fuga. Annota i tuoi risultati per le quattro sfere della vita privata e confrontali con le compagne e i compagni del gruppo.

Esercizio HA-2
Le ragioni per cui una persona fugge da un paese sono complesse. Fatti un'idea della situazione in Siria al momento della fuga di Hayat e annota i dati chiave più importanti. Cerca di ricavare anche i motivi della fuga di Hayat.

Esercizio HA-3
Utilizza la mappa per descrivere il viaggio in fuga di Hayat: quali zone ha attraversato?

Esercizio HA-4
Hayat è stata in fuga per molto tempo - spesso nelle peggiori circostanze. Sulla base della sua storia è possibile farsi un'idea. Annota in parole chiave sotto i vari ambiti ciò che sai sulla sua vita in fuga.

Esercizio HA-5
I cinque personaggi in fuga (Aziz, Abdi, Hayat, Malaika e Mohammed) sono ormai arrivati in un luogo sicuro. Un luogo dove nessuno li aspettava e dove potrebbero anche non essere i benvenuti. Come vi si trovano? Quali sono le loro opzioni e quali i loro sogni? Qual è la loro realtà? Come si potrebbe facilitare la loro integrazione nel nuovo luogo?

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«Ciao! Mi chiamo Hayat Hamid, ho 35 anni e vengo dalla Siria.»
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«Vivevo con mio marito Fouad, i miei due figli e mia suocera Rima in un bell'appartamento a Homs.»
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«Mio marito lavorava per una ditta di telecomunicazioni. Io insegnavo nella scuola elementare del quartiere dove mia figlia Leilah frequentava la seconda classe.»
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«Il mattino presto, prima che cominciasse la lezione, mi godevo la quiete dell'aula. Una classe di 30 bambine può essere molto rumorosa! Era bello vedere quanta voglia avessero di imparare le mie scolare.»

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«Mentre io e Leilah eravamo a scuola, mia suocera Rima si occupava di mio figlio Hamad. A mezzogiorno pranzavamo a casa. Rima sapeva preparare il miglior tisqiye, un piatto a base di ceci. Di venerdì ci riunivamo spesso per fare una scampagnata. Quando venivano tutti i parenti potevamo essere anche in 40.»
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15 settembre 2014
«Quando il nostro quartiere a Homs è stato preso tra i fronti di guerra, sono fuggita in Libano con i miei figli e mia suocera.»
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«Poco prima di fuggire, una casa del nostro quartiere è stata bombardata. Per fortuna non c'era nessuno dentro. L'obiettivo era apparentemente un gruppo di uomini attivi politicamente che erano rimasti nel nostro quartiere per diversi giorni.»
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«Avevamo paura di essere associati a questi uomini e quindi arrestati. Non abbiamo avuto altra scelta che fuggire. Mio marito ha voluto restare e nascondersi a Homs per occuparsi dei nostri averi e della nostra casa.»
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«Sono fuggita in Libano con mia suocera e i miei due figli. Abbiamo preso solo lo stretto necessario: una foto di mio marito Fouad, il mio smartphone, il mio diploma di insegnante e l'orsacchiotto di Leilah.»
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«Durante la fuga frettolosa abbiamo vissuto ore di agonizzante incertezza. Abbiamo preso il primo taxi disponibile fino alla stazione degli autobus e da lì abbiamo preso uno dei tanti taxi condivisi per il Libano.»
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«Abbiamo dovuto aspettare a lungo, ma alla fine siamo riusciti ad ottenere un posto a un prezzo spaventoso in uno dei taxi sovraffollati.»

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«Dal momento che il nostro taxi ha dovuto aggirare posti di blocco ci è voluto molto tempo per uscire dalla città. Nell'oscurità abbiamo sentito spari e bombardamenti. Eravamo terrorizzati.»

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«Parenti lontani ci hanno accolto nel loro garage che ho separato con dei panni nella zona notte e nella zona giorno. È ancora molto stretto e spoglio.»
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«In Libano siamo stati registrati come rifugiati dall’UNHCR. Ogni mese riceviamo un buono pasto del valore di 20 dollari USA che in media è sufficiente per una pagnotta al giorno. Almeno così possiamo almeno contribuire al nostro fabbisogno di cibo.»
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«Viviamo nel garage da anni ormai e siamo un grande peso per i nostri parenti. Ci forniscono cibo, elettricità e acqua, per i quali siamo molto grati. L'unica cosa che posso fare per loro è dare una mano nel loro piccolo negozio e in casa. Anche se sono sempre cortesi, sento che gli stiamo imponendo un peso sempre maggiore.»
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«A casa faccio occasionalmente lavori di cucito per il quartiere e guadagno un po' di soldi. Sono spesso lodata per il mio lavoro. Nonostante tutto ce la caviamo bene qui. Anche se la fornitura di elettricità e acqua è spesso interrotta, abbiamo abbastanza acqua corrente per vivere.»
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«Mia suocera, invece, sta peggiorando. Ha il diabete e non abbiamo abbastanza soldi per comprare regolarmente le medicine.»

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«Anche il nostro permesso di soggiorno scadrà presto. Senza quello potremo essere arrestati in qualsiasi momento.»
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«Qui nel nord del Libano, i progetti di aiuto hanno riabilitato e riaperto le scuole che sono di nuovo sicure e a misura di bambino. Ora Leilah può tornare a scuola insieme ad altri bambini siriani e libanesi. Ciò la distrae un po'. Leilah spesso piange di notte perché sogna le bombe.»

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«A molti amici di Leilah viene però ancora negata la scuola. Devono aiutare i loro genitori a lavorare e a guadagnare. In media, un bambino su due che è fuggito deve lavorare e non può andare a scuola.»
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«Mi manca tanto mio marito Fouad. Raramente possiamo parlare al telefono e sono molto preoccupata per lui. Spero che torni presto la pace in Siria e che possiamo tornare da lui.»
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«Grazie agli aiuti internazionali vengono sostenute le piccole imprese in Siria. Così il cugino di mio marito ha potuto riaprire il suo negozio di frutta e verdura nel centro storico di Homs. Fouad a volte può essere d'aiuto.»
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«Le prime famiglie stanno tornando nelle loro case. Rimane tuttavia il timore di nuovi attacchi e persecuzioni e quindi di una nuova fuga. Inoltre, gran parte del paese è stata distrutta.»
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Campi profughi
In Libano non esistono campi profughi ufficiali per i profughi siriani che vivono dispersi su tutto il territorio in appartamenti, alloggi collettivi, case semidiroccate, garage, magazzini o tendopoli. L’affitto per questi alloggi di fortuna ammonta in media a 164 dollari al mese (2015).

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Tappeto da preghiera
Hayat è musulmana e prega ogni giorno. La preghiera è uno dei cinque pilastri dell’Islam. Cinque volte al giorno – all’alba, a mezzogiorno, al pomeriggio, al tramonto e in tarda serata – i fedeli stendono il tappeto in direzione della Mecca, il luogo più sacro dell’Islam, e pregano.


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Povertà
Nonostante gli aiuti finanziari delle organizzazioni umanitarie, molti profughi siriani riescono appena a sbarcare il lunario. Anche il paese ospitante, il Libano, sta raggiungendo i suoi limiti. Nel 2017, il 76% dei profughi siriani in Libano viveva al di sotto della soglia di povertà (3,84 dollari al giorno). Più della metà di essi soffriva anche di povertà estrema.
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Fagioli scarlatti
“Barbunya Fasulye” significa fagioli scarlatti in turco. Vengono prodotti dalla DURU, società alimentare turca fondata nel 1935 con sede a Karaman, nella parte meridionale dell’Anatolia centrale. Benché il Libano sia un Paese ricco di acqua, gli agricoltori locali non possono competere con i prodotti a basso costo provenienti dalla Turchia e dall’Egitto. È per questo che in Libano molti generi alimentari vengono importati dalla Turchia.
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Scarsità d’acqua
Le autorità libanesi incontrano crescenti difficoltà nel soddisfare i bisogni essenziali dei profughi e della popolazione locale. La DSC ha quindi deciso di offrire loro un sostegno nella realizzazione di un sistema di gestione sostenibile dell’acqua che possa fornire un approvvigionamento di base sia agli indigeni che ai profughi. Ma l’arrivo degli sfollati non è l’unica sfida che le autorità devono affrontare per quanto riguarda la gestione dell’acqua. Il settore idrico è stato trascurato per molti anni: l’infrastruttura è carente e l’organizzazione insufficiente.
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Medicamenti
Il Rofenac D è un antidolorifico utilizzato da chi soffre di artrite e reumatismi (prodotto in Arabia Saudita e acquistato in Libano). Dopo tanti anni di conflitto armato, è sempre più difficile pagare le medicine. In Libano, 20 compresse costano 8’468 lire libanesi, corrispondenti a circa 5.70 CHF. Dopo sei anni di guerra, molti profughi non possono più permettersi di acquistare farmaci perché i risparmi sono esauriti, la maggior parte non percepisce alcun reddito e i buoni in denaro di 20 dollari servono loro per comprare pane, sapone e altri generi di prima necessità.
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Restrizioni
A causa delle severe restrizioni molti profughi siriani non hanno più un permesso di soggiorno valido. Rischiano di essere arrestati in qualsiasi momento, non hanno o quasi accesso ai principali servizi e in caso di eventuali abusi non sono protetti dalle autorità.
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La Svizzera risana le scuole
Dal 2014 la Svizzera rinnova le scuole nel nord del Libano. Questo progetto va a beneficio dei bambini che sono fuggiti dalla Siria con i loro genitori e dei bambini libanesi. Le ristrutturazioni hanno lo scopo di evitare che questi giovani crescano in una generazione perduta. Entro il 2018, un totale di 6’000 alunni supplementari potrebbero frequentare una scuola riabilitata.

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03 Z-3ha

Situazione d’incertezza
La situazione d'insicurezza per gli sfollati dura in media 17 anni. L’istruzione e la formazione permettono di evitare che un’altra generazione cresca priva di qualsiasi prospettiva. Una vita segnata dall’incertezza e dall’estrema povertà rende difficoltoso l’accesso all’istruzione e al mondo del lavoro. Le possibilità di prender parte alla vita sociale e integrarsi nella società civile sono scarse e questo genera un senso di impotenza e frustrazione. Il capitale umano di questa generazione, indispensabile per il futuro della regione, rischia di andare perduto.
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Genfer Konvention

Già agli inizi del XX secolo la Società delle Nazioni, sostituita in seguito dalle Nazioni Unite, cominciò a sviluppare un quadro normativo internazionale per la protezione dei rifugiati. La Convenzione sullo statuto dei rifugiati, conosciuta anche come Convenzione di Ginevra sui rifugiati, fu adottata il 28 luglio del 1951 e con il protocollo aggiuntivo del 1967 ha acquisito validità universale.
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La Convenzione resta ancor oggi il più importante documento internazionale in materia di protezione dei rifugiati. La Convenzione definisce chi è un rifugiato e quale protezione giuridica, quale aiuto e quali diritti sociali devono accordargli gli Stati firmatari. Definisce inoltre i suoi obblighi nei confronti dello Stato ospitante e precisa quali gruppi – per esempio criminali di guerra – non possono ambire allo statuto di rifugiati.

148 Stati hanno aderito alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati e/o al Protocollo del 1967.

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International Schutzb.

I rifugiati vengono definiti anche come persone bisognose di protezione internazionale. Ma gode di protezione internazionale anche chi, pur non essendo perseguitato, in caso di rientro in patria correrebbe gravi pericoli dovuti per esempio a conflitti bellici, disordini, catastrofi ambientali o naturali. Diversamente da chi espatria per ragioni puramente economiche, queste persone – al pari dei rifugiati – non possono contare sulla protezione del proprio Paese.
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Humanitäres Visum

Chi, nel proprio Paese di origine o di provenienza, è seriamente minacciato in maniera diretta e immediata può chiedere un viso per motivi umanitari presso la rappresentanza svizzera locale e ottenere l’autorizzazione d’entrata per avviare la procedura di asilo in Svizzera. Di norma la domanda di viso per motivi umanitari può essere presentata solo nel Paese d’origine o di provenienza del richiedente, non in Paesi terzi.
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Flüchtling

Il rifugiato è colui che, temendo di essere perseguitato per motivi di religione, nazionalità, appartenenza etnica, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale, è costretto a fuggire e lasciare lo Stato di cui è cittadino. Attraverso la procedura d’asilo si determina chi effettivamente può avvalersi dello statuto di rifugiato perché non può tornare nel proprio Paese e chi no.

Il grafico mostra i profughi, sono comprese le persone che si trovano in condizioni simili a quelle dei profughi (fonte: UNHCR 2023).
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Migrant/in

Persona che lascia il proprio Paese per migliorare il proprio tenore di vita, per trovare lavoro o per ragioni familiari e che può rientrare in patria senza incorrere in nessun pericolo. Per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti, gli Stati hanno un’ampia libertà decisionale, mentre in base agli accordi internazionali hanno l’obbligo di garantire protezione ai rifugiati. La maggior parte dei migranti entra legalmente nel Paese di accoglienza. Coloro ai quali è preclusa questa possibilità spesso devono affrontare viaggi difficili e insidiosi e ricorrere all’aiuto di „passatori“.
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Globaler Pakt Fl.

Nel dicembre del 2018 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato il Patto globale sui rifugiati, il cui scopo è migliorare la gestione dei futuri flussi di persone in fuga e trovare soluzioni durature grazie alla cooperazione internazionale e alla solidarietà. Il Patto ha quattro obiettivi principali:
1. ridurre la pressione sui Paesi di accoglienza;
2. rendere i rifugiati indipendenti dall’aiuto umanitario;
3. estendere l’accesso alle misure di reinsediamento e ad altri programmi umanitari;
4. promuovere la creazione delle condizioni necessarie per un ritorno sicuro e volontario nei Paesi d’origine.
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Binnenvertriebene

Persone o gruppi di persone costrette ad abbandonare il loro luogo di residenza in seguito a conflitti armati, situazioni generali di violenza, violazioni dei diritti umani o catastrofi naturali che non varcano i confini nazionali internazionalmente riconosciuti del loro Stato.
Sono anche chiamati Internally displaced persons (IDPs).
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Komplemtärer Schutz

Als „komplementären“ oder „subsidiärer Schutz“ bezeichnet man den Schutzstatus, der international schutzbedürftigen Personen gewährt wird, die keinen Flüchtlingsschutz erhalten. Einen solchen Status gibt es im nationalen Recht vieler Staaten und auch im EU Recht. In der Schweiz gibt es einen solchen Status dagegen bisher nicht. International schutzbedürftige Personen erhalten eine vorläufige Aufnahme. Die Einführung des subsidiären Schutzes wird allerdings von vielen Experten und Organisationen, so auch EKM und UNHCR, gefordert. Auch der Bundesrat setzt sich für die Schaffung eines solchen Status ein.
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Nasen Initiative

L’iniziativa Nansen, lanciata congiuntamente da Svizzera e Norvegia nell’ottobre del 2012 e finalizzata a migliorare la protezione delle persone costrette a fuggire all’estero in seguito a catastrofi naturali, si è conclusa formalmente alla fine del 2015. L’Agenda di protezione, che raccoglie le conclusioni e le raccomandazioni scaturite dall’iniziativa Nansen, passerà ora alla fase di attuazione, in vista della quale è stato istituito un organismo di follow-up, la Platform on Disaster Displacement, varato in occasione del Vertice umanitario mondiale di Istanbul nel maggio del 2016 ed entrato in funzione nel luglio del 2016 sotto la presidenza della Germania. La Svizzera parteciperà attivamente a questo progetto e, in quanto membro della piattaforma, sosterrà l’attuazione dell’Agenda di protezione.
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Staatenlose

Persona che non ha una cittadinanza. Quello degli apolidi è un problema serio di portata mondiale, le cui proporzioni e conseguenze per le persone colpite sono tuttavia ancora oggi poco considerate. L’apolidia è una questione delicata dal punto di vista politico. È per questo che molti governi non hanno mai effettuato censimenti mirati. Secondo le stime più recenti, si parla di dieci milioni di apolidi nel mondo. Gli apolidi sono distribuiti non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli industrializzati. La condizione di apolide può avere diverse cause, tra cui la discriminazione, lacune nella legge sulla cittadinanza di un Paese o la disgregazione di Stati.
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Gli apolidi non possono esercitare molti dei diritti riconosciuti ai cittadini dello Stato in cui vivono e subiscono notevoli discriminazioni. Spesso alle persone apolidi è precluso l’accesso alla formazione scolastica e al mercato del lavoro o sono negati semplici atti come sposarsi, viaggiare o diventare proprietari. In molti Paesi hanno enormi difficoltà a farsi curare in ospedale, a intentare una causa in tribunale o ad aprire un conto in banca. In termini giuridici queste persone vivono nell’ombra, ai margini della società, e sono praticamente invisibili.
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Non Revoulment

Questo principio stabilisce che è vietato rimandare, espellere o respingere una persona verso un altro Stato nel quale vi sono ragioni serie di temere che venga perseguitata. Nella Convenzione di Ginevra sui rifugiati si legge:
Art. 33: Divieto d’espulsione e di rinvio al confine

(1) Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua appartenenza etnica, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.
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(2) La presente disposizione non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese.
Il principio di non respingimento è altrimenti detto “divieto di respingimento”. Forme analoghe di divieto di respingimento sono previste in altri trattati sui diritti umani, per esempio nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
Il principio di non respingimento è sancito dall’articolo 24 della Costituzione federale.
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Esercizio MO-1
Cerca di scoprire, utilizzando le informazioni della homepage, come Mohammed viveva prima della fuga. Annota i tuoi risultati per le quattro sfere della vita privata e confrontali con le compagne e i compagni del gruppo.

Esercizio MO-2
Le ragioni per cui una persona fugge da un paese sono complesse. Fatti un'idea della situazione in Siria al momento della fuga di Mohammed e annota i dati chiave più importanti. Cerca di ricavare anche i motivi della fuga di Mohammed.

Esercizio MO-3
Utilizza la mappa per descrivere il viaggio in fuga di Mohammed: quali paesi ha attraversato?

Esercizio MO-4
Mohammed è stato in fuga per molto tempo - spesso nelle peggiori circostanze. Sulla base della sua storia è possibile farsi un'idea. Annota in parole chiave sotto i vari ambiti ciò che sai sulla sua vita in fuga.

Esercizio MO-5
 I cinque personaggi in fuga (Aziz, Abdi, Hayat, Malaika e Mohammed) sono ormai arrivati in un luogo sicuro. Un luogo dove nessuno li aspettava e dove potrebbero anche non essere i benvenuti. Come vi si trovano? Quali sono le loro opzioni e quali i loro sogni? Qual è la loro realtà? Come si potrebbe facilitare la loro integrazione nel nuovo luogo?

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«Salve, mi chiamo Mohammed Abdulla, ho 34 anni e vengo dalla Siria. Sono sposato con Batoul e abbiamo due figli, Walid e Amina.»
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«Vivevamo a Homs. Prima che scoppiasse la guerra Homs era una fiorente cittadina. Non avremmo mai pensato che un giorno saremmo stati costretti a scappare. Avevo un buon lavoro come ingegnere e mia moglie Batoul era infermiera.»
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«Il nostro figlioletto Walid stava crescendo molto bene e anche la nostra Amina viveva una vita felice malgrado il suo difetto cardiaco. Non ci mancava nulla. Avevamo la nostra casa, sempre abbastanza cibo e molti ospiti che venivano a farci visita.»
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«Durante una manifestazione pacifica contro il governo siriano, sono stato arrestato dalle forze di sicurezza armate e messo in prigione. Ogni giorno venivo picchiato e umiliato. Diverse volte durante la notte degli uomini venivano nella mia cella e mi versavano un secchio d'acqua sulla testa.»
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«Per due mesi sono stato illegalmente detenuto e torturato. Anche con scosse elettriche e colpi di bastone. Credevano che fossi un attivista politico e volevano informazioni da me. Siccome non sapevo nulla e non avevano prove contro di me, mi hanno rilasciato. Quel periodo è stato un inferno per me: mi ha spezzato l'anima.»
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13 aprile 2012
«Ero molto spaventato e volevo solo andarmene dalla Siria. Abbiamo portato con noi solo le cose più necessarie: un cellulare, alcuni vestiti, medicine e i nostri passaporti siriani. Durante la nostra fuga poco prima del confine libanese siamo stati fermati da cinque uomini. Ci hanno puntato contro i kalashnikov e hanno preteso una grossa somma di denaro per lasciarci continuare il viaggio. Abbiamo potuto pagarli ma abbiamo perso quasi tutti i nostri risparmi.»

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«Appena arrivati a casa del cugino di mia moglie, ci siamo registrati come rifugiati presso l’UNHCR. Con il loro sostegno finanziario, i nostri ultimi risparmi e l'aiuto dei nostri parenti, siamo riusciti a malapena a sbarcare il lunario.»
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«Dopo due anni in Libano, l’UNHCR ci ha selezionati per il Programma di reinsediamento. Non riuscivo a riprendermi dalle conseguenze della tortura e in Libano mancava l'assistenza medica e psicologica. Avevo costantemente paura. Inoltre non avevamo alcun diritto di residenza in Libano.»

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«Inoltre, la salute di mia figlia è peggiorata perché non potevamo permetterci i farmaci per curare il suo difetto cardiaco.»
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«Abbiamo sentito molte storie di famiglie che hanno cercato di entrare illegalmente in Europa pagando i trafficanti. Molte persone sono morte nel tentativo o sono state detenute da qualche parte.»

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«Grazie al Programma di reinsediamento siamo autorizzati ad entrare legalmente in Europa. In Libano siamo già stati informati sulla vita in Svizzera. È difficile immaginare la vita in un paese con una cultura così diversa ma non potevamo credere alla nostra fortuna. In Svizzera possiamo iniziare una nuova vita.»

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Scanner dell’iride
Lo scanner dell’iride è uno strumento utilizzato dall’UNHCR in Libano. La scansione dell’iride, insieme al rilevamento dei dati personali, fa parte della procedura di registrazione dei profughi e consente di identificare in modo univoco le persone.
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Il Rapidus 50 è un medicinale contro l’emicrania e i sintomi del disturbo post-traumatico da stress. Il farmaco è stato prodotto in Arabia Saudita e acquistato in Libano. Costa 8’468 lire libanesi che corrispondono circa a 5.70 Franchi. Dopo sei anni di guerra, molti profughi non possono più permettersi di acquistare farmaci, perché i risparmi sono esauriti, la maggior parte non percepisce alcun reddito e i buoni in denaro di 20 dollari servono loro per comprare pane, sapone e altri generi di prima necessità.
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«Dopo aver trascorso alcuni giorni in un grande centro d'asilo in Svizzera, siamo andati in un centro più piccolo insieme ad altre otto famiglie.»

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«Poiché eravamo già riconosciuti come rifugiati, non abbiamo dovuto partecipare a ulteriori colloqui. Abbiamo potuto partecipare da subito a corsi di lingua e di integrazione.»
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«Otto mesi dopo ci siamo trasferiti in un appartamento di tre stanze. E dopo un corso intensivo di tedesco di quattro mesi i nostri figli vanno a scuola. Purtroppo il mio diploma di elettrotecnica non è riconosciuto in Svizzera. Anche se vorrei rendermi utile qui, non riesco a trovare un lavoro. Appena parlerò meglio il tedesco, voglio fare un apprendistato come ingegnere elettrotecnico.»
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«Anche mia moglie Batoul vorrebbe lavorare come infermiera. Però anche la sua formazione non è riconosciuta. Ci auguriamo che con il sostegno della nostra persona di sostegno troveremo un lavoro adeguato. Se non altro Batoul può aiutare gli anziani del quartiere a fare shopping e migliorare il suo tedesco.»

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«Per colpa della depressione faccio fatica a imparare il tedesco. Ci vuole tanta pazienza. I bambini parlano già tedesco senza problemi e hanno molti amici. Si sono ambientati benissimo, e ne sono molto felice. Ci mancano molto i nostri parenti in Siria e siamo molto preoccupati per coloro che sono rimasti indietro.»
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Set di articoli per l’igiene personale
Nei centri di registrazione e di procedura in Svizzera, ogni nuovo arrivato riceve un set di articoli per l’igiene personale contenente: spazzolino da denti, dentifricio, bagnoschiuma, shampoo e set-rasoio o assorbenti igienici in base al sesso.

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Centro federale d'asilo
A causa della breve permanenza nei centri federali per richiedenti asilo, i figli dei richiedenti asilo non frequentano la scuola pubblica, ma possono frequentare corsi di tedesco. Non appena i bambini arrivano in un alloggio cantonale, vengono iscritti alla scuola pubblica.
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Asylsuchende/r

Persona che ha presentato una domanda d’asilo – ossia di accoglienza e protezione – in un Paese di cui non ha la cittadinanza ed è in attesa di una decisione al riguardo.
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Resettlement

Accanto al rimpatrio volontario e all’integrazione nel primo Paese di accoglienza, il reinsediamento è una delle tre soluzioni durature per aiutare i profughi. Consiste nel reinsediare durevolmente i migranti che non possono rimanere nel primo Paese di accoglienza in uno Stato terzo pronto ad accoglierli che accorda loro l’asilo e offre la possibilità di integrarsi nella nuova realtà.
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Il Sudan del Sud è indipendente dal Sudan dal luglio 2011, il che lo rende lo Stato più giovane del mondo.Il 95% delle entrate dello Stato proviene dalla produzione di petrolio.

La capitale è Giuba.


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Nel 2013 in Sudan del Sud è scoppiata una guerra civile per la guida del Paese. Alcuni gruppi etnici sono bersaglio di violenze e crimini.
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A causa del conflitto armato 2,3 milioni di persone sono costrette alla fuga. Questo numero corrisponde a circa un terzo della popolazione svizzera.
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Quasi la metà della popolazione del Sudan del Sud dipende attualmente dagli aiuti alimentari.
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Fino a poco tempo fa il Sudan del Sud era uno dei Paesi con il maggior numero di capi di bestiame pro capite.
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Esercizio MA-1
Cerca di scoprire, utilizzando le informazioni della homepage, come Malaika viveva prima della fuga. Annota i tuoi risultati per le quattro sfere della vita privata e confrontali con le compagne e i compagni del gruppo.

Esercizio MA-2
Le ragioni per cui una persona fugge da un paese sono complesse. Fatti un'idea della situazione nel Sudan del Sud al momento della fuga di Malaika e annota i dati chiave più importanti. Cerca di ricavare anche i motivi della fuga di Malaika.

Esercizio MA-3
Utilizza la mappa per descrivere il viaggio in fuga di Malaika: quali zone ha attraversato?

Esercizio MA-4
Malaika è stata in fuga per molto tempo - spesso nelle peggiori circostanze. Sulla base della sua storia è possibile farsi un'idea. Annota in parole chiave sotto i vari ambiti ciò che sai sulla sua vita in fuga.

Esercizio MA-5
I cinque personaggi in fuga (Aziz, Abdi, Hayat, Malaika e Mohammed) sono ormai arrivati in un luogo sicuro. Un luogo dove nessuno li aspettava e dove potrebbero anche non essere i benvenuti. Come vi si trovano? Quali sono le loro opzioni e quali i loro sogni? Qual è la loro realtà? Come si potrebbe facilitare la loro integrazione nel nuovo luogo?

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«Ciao! Mi chiamo Malaika Awuor Deng Garang, ho 16 anni e vengo dal Sudan del Sud.»
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«Vivevo con i miei genitori e quattro fratelli in un villaggio ai margini del Sudd – una regione paludosa nel Nord del Paese.»

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«La mia famiglia appartiene al gruppo etnico dei Dinka.»
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«Mio padre allevava delle mucche e mia madre si occupava di un paio di capre.»

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«Mia mamma vendeva anche la birra di miglio fatta in casa al mercato settimanale. A volte potevo accompagnarla e un giorno ho anche assaggiato la birra di nascosto.»

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«Mi mancano le mie amiche con cui spesso facevo collane di semi colorati.»

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Collana di semi
Collana di semi del Sud Sudan
Queste collane fatte di semi e altri materiali naturali sono molto diffuse nell’Africa orientale e occidentale. Vengono fabbricate dalle donne per uso personale o per essere vendute nei mercati locali o a intermediari.


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15 settembre 2014
«Un giorno i soldati hanno attaccato il nostro villaggio e ucciso i miei genitori e due miei fratelli. Io sono riuscita a fuggire nella boscaglia con i miei due fratelli più piccoli.»


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«Mentre stavo cercando legna per il fuoco, ho sentito delle grida. Sono corsa indietro. Questa volta i soldati erano arrivati fino al nostro nascondiglio. Quando sono tornata, i miei fratellini erano già svaniti nel nulla.»

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«Dopo averli cercati invano ho capito che erano stati rapiti. Adesso vivo nel terrore che i soldati tornino a prendere anche me.»

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«Così ho deciso di unirmi a un gruppo di giovani in cammino verso il campo profughi di Kakuma in Kenya.»
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«Quando sono fuggita ho preso solo lo stretto necessario: un panno con le provviste, un telone per la protezione dalla pioggia, le mie infradito, alcuni vestiti e un piccolo contenitore per l'acqua.»
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«L'acqua che ho bevuto durante la fuga era solitamente molto sporca.»

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«Durante la fuga mi sono capitate alcune esperienze traumatiche. Una sera, mentre ero sola e in cerca di legna da ardere per il campo notturno, sono stata aggredita e violentata.»
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«È stata la cosa peggiore che mi sia mai capitata. Tutt'oggi è ancora difficile parlarne.»

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1’200 chilometri fino Kakuma
Le infradito sono molto diffuse nel Sudan del Sud. La maggior parte delle persone indossa infradito di plastica, che sono meno costose. Quelle di cuoio sono una merce pregiata.
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«Dopo diverse settimane di cammino attraverso savana e steppa sono finalmente arrivata al campo profughi di Kakuma.»
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«Nel campo profughi di Kakuma mi è stato chiesto il mio nome, l'età e l'origine. Non ho documenti di identità ma a causa dei miei tratti del viso e dei tatuaggi sulla pelle è chiaro che vengo dal Sudan del Sud e sono Dinka.»

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«Dopo che mi sono state prese le impronte digitali, ho ricevuto una tessera di razionamento per cibo e acqua. Il mio posto letto mi è stato assegnato in una parte separata del campo per minori non accompagnati.»
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«Da diverse settimane ho sempre questa sensazione di nausea al mattino. Perciò sono andata all'ospedale e ho scoperto di essere incinta. È stato un grande shock per me. Dev'essere successo durante lo stupro.»
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«A causa della gravidanza ho ricevuto un'altra tessera di razionamento con cui posso comprare cibo fresco in vari piccoli negozi del campo.»

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«Condivido una capanna con altre donne. Cuciniamo insieme su un fornello a energia solare e a turno andiamo a prendere l'acqua. Sono molto felice di avere questo fornello perché non dobbiamo andare a cercare il legno così spesso e siamo meno in pericolo.»
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«Mentre cucino chiacchiero spesso con le altre donne. Mi danno molti consigli utili sulla gravidanza.»

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«Dato che il campo è poco illuminato, evito di stare da sola di notte perché ho paura di essere aggredita al buio. Le lampade a energia solare nei punti centrali possono essere di aiuto. Così posso andare al bagno anche di notte.»

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«In occasione di un evento è stato presentato il programma di formazione "Skills for Life". Mi sono registrata immediatamente. Ora so leggere, scrivere e fare i calcoli e sto completando la mia formazione di sarta.»

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«Un giorno vorrei aprire con le mie amiche una piccola sartoria qui nel campo.»

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«Circolano voci che il governo keniota vuole chiudere il campo. Vorrei tornare nel mio paese e cercare i miei fratelli ma finché la guerra civile continua, è troppo pericoloso.»

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«Mi preoccupo del mio futuro. Non so se accettare la proposta di matrimonio di Moses… È vero che ha già 45 anni e io non lo amo, ma potrebbe aiutarmi e dare sicurezza a me e al mio bambino.»
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Bambini senza genitori
Quando iniziano gli scontri spesso i bambini scappano e poi non trovano più i genitori. Si ritrovano così ancor più vulnerabili e indifesi, alla mercé del lavoro minorile forzato, degli arruolamenti forzati, degli abusi, ecc. I ricongiungimenti familiari danno maggior protezione e nuove prospettive a questi bambini non accompagnati. Per fare un esempio, soltanto nel Sudan del Sud circa 11’000 bambini sono dati per dispersi o sono in fuga senza i genitori.
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Organizzazioni come il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) si adoperano per rintracciare i bambini scomparsi e riunirli ai familiari sopravvissuti. Per cercare le famiglie nei campi profughi si usano i megafoni.

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L’UNHCR e i suoi partner si occupano dei bisogni primari dei profughi. Essi coprono le esigenze di base come l'alloggio, l'acqua, il cibo, l'assistenza medica e l'istruzione primaria.

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A Kakuma vivono oltre 180’000 profughi, suddivisi in quattro settori. La maggior parte proviene dal Sudan del Sud, dalla Somalia e dal Sudan.
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Il campo è come una città: ci sono 22 scuole, due ospedali e molti negozi. Si tratta però di una città che non si può lasciare.

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Buoni pasto, Kakuma/Kenya
Con questa carta delle Nazioni Unite, chi vive nel campo profughi può ritirare le razioni alimentari. Alla consegna del cibo la carta viene perforata per evitare che una persona chieda e ottenga due razioni. Ogni famiglia riceve di regola una carta, adattata al numero di persone. Sul retro della carta vengono annotati il nome e il numero di persone. In futuro questa carta sarà sostituita sempre più spesso da carte munite di microprocessore.


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Tanica d’acqua
Nel campo di Kakuma in Kenya l’acqua proviene dalle falde freatiche e viene pompata in superficie per mezzo di profondi pozzi. I profughi si riforniscono di acqua ai pozzi comuni servendosi di taniche per il trasporto. La razione giornaliera di acqua è di 20 litri a persona. In Svizzera il consumo medio di acqua pro capite è di circa 160 litri al giorno.


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Purtroppo le aggressioni sessuali a donne e bambini durante la raccolta di legna da ardere non sono rare. Gli aggressori possono essere membri di bande ma anche soldati in servizio ai checkpoint. Altri rischi sono rappresentati da serpenti ed altri animali selvatici, mine terrestri o munizioni inesplose. Chi va a raccogliere legna in gruppo è più protetto contro le aggressioni sessuali, i rapimenti o gli animali selvatici.
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Con i fornelli a energia solare si può preparare un pasto per una famiglia di cinque o sei persone senza bisogno di legna. Il cartone rivestito di fogli di alluminio riflette i raggi del sole su una pentola nera intorno alla quale è stato messo una sorta di tubo termoresistente che impedisce la perdita di calore. I fornelli solari semplici possono essere costruiti sul posto alla modica spesa di 12-15 dollari e permettono di risparmiare il 20 per cento di legna.
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Prodotti d'igiene personale
Le donne in fuga spesso non possono procurarsi assorbenti e articoli per l’igiene personale. Le mestruazioni diventano dunque una minaccia. Molte donne si ammalano perché sono obbligate a riutilizzare più volte gli assorbenti o non possono lavarli a dovere o sono costrette a utilizzare panni sporchi. Per questo motivo alle donne vengono distribuiti dei kit per le mestruazioni. Questo contiene un secchio pulito, mutandine e assorbenti lavabili, una saponetta, fili per stendere e delle mollette. Questi assorbenti lavabili possono essere lavati e riutilizzati fino a 12 volte. Il kit comprende anche un manuale d'uso con immagini poiché purtroppo molte donne non possono ancora andare a scuola e quindi non sanno leggere e scrivere. Inoltre usando il linguaggio visivo non si fanno favoritismi e si rispetta la diversità linguistica.
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Lampada solare da campeggio
Malaika non si sente al sicuro dagli scippi di notte quando va in bagno. Fortunatamente i lampioni solari sulla strada fanno un po' di luce. Si sente più sicura in questo modo ed è anche felice di avere almeno una piccola lampada solare nella capanna. La lampada solare da campeggio può essere caricata al sole durante il giorno.
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Abito
Malaika ha potuto partecipare al programma di formazione "Skills for Life", diventare sarta e imparare a cucire, tra le altre cose, costumi così colorati. Vorrebbe diventare una designer e in seguito lavorare in proprio. Il programma "Skills for Life" è stato avviato dalla DSC in collaborazione con Swisscontact. In questo programma si possono apprendere diverse professioni. L'apprendimento di una professione permette di guadagnarsi da vivere in seguito.
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Considerato il limitato sostegno internazionale, si parla sempre di chiudere il campo. Se questo dovesse accadere, molti profughi dovrebbero tornare dove sono in grave pericolo. La comunità internazionale si sta adoperando affinché ciò possa essere evitato e sta tenendo colloqui con il governo keniota a tal fine.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite incontra il Presidente del Kenya (26 gennaio 2018, Addis Abeba, Etiopia)

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Circa il 70% della popolazione vive di agricoltura.

Capitale Mogadiscio


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Dalla caduta della dittatura nel 1991, il popolo della Somalia ha vissuto per vent’anni in una guerra civile. Le ragioni della guerra includevano la rivalità tra clan, i conflitti per il potere politico, la scarsità di acqua potabile e di terra.
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Il Governo centrale è stato costituito nel 2012 con il sostegno della comunità internazionale. Il progresso della Somalia verso la stabilità è stato lento. Gli scontri con il gruppo terroristico Al-Shabaab, responsabile di attacchi alla popolazione, e la violenza dei clan sono all’ordine del giorno. Inoltre, dopo otto anni di siccità, nel 2023 la regione è stata colpita da inondazioni.

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Più di 800'000 persone sono fuggite dalla Somalia a causa di conflitti armati e disastri naturali, mentre quasi tre milioni di persone sono sfollate all'interno del Paese.
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La Somalia è riuscita a creare una rete di telefonia mobile moderna ed efficiente.

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Fino alla fine degli anni Sessanta il Libano era definito la «Svizzera d’Oriente». Da allora è stato ripetutamente teatro di conflitti.

La capitale è Beirut

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Il Libano riconosce 18 comunità religiose diverse. In Svizzera le comunità religiose riconosciute sono quattro.

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Questo piccolo Paese ospita il secondo maggior numero di profughe e profughi al mondo in rapporto alla sua popolazione. Finora si è contraddistinto per la generosità nell’accoglienza di queste persone, che tuttavia rappresentano un enorme onere.



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Inoltre, a causa della sua grave crisi economica, esacerbata dalla pandemia di COVID-19 e dall’esplosione a Beirut nel 2020, si stima che oggi circa 9 profughi su 10 vivano in condizioni di estrema povertà.
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La cantante Shakira ha radici libanesi poiché suo padre è originario del Libano.
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La capitale della Siria, Damasco, ha oltre 7000 anni. Prima dell’inizio della guerra un terzo delle lavoratrici e dei lavoratori in Siria era impiegato nel settore industriale.
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La guerra civile ha avuto origine in seguito alle proteste pacifiche contro il Governo siriano che si sono svolte all’inizio del 2011 sulla scia della Primavera araba.

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Le proteste si sono intensificate trasformandosi rapidamente in un conflitto armato. La città di Homs è stata una delle prime a essere pesantemente bombardata. Alcuni quartieri sono stati completamente distrutti.

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A causa del conflitto armato sono fuggite più di 6,3 milioni di persone. Il loro numero corrisponde a circa i 3/4 della popolazione svizzera.
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La Mesopotamia, considerata la culla della civiltà, comprendeva anche l’odierna Siria.

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Nel marzo 2022, molte persone in fuga provenienti dall'Ucraina hanno lasciato il loro Paese a causa della guerra. Hanno ottenuto lo status di protezione S in Svizzera, il che significa un diritto di soggiorno rapido senza dover seguire una procedura di asilo ordinaria.

Il permesso S è valido per un anno ma può essere prolungato. Dopo almeno cinque anni di soggiorno, i titolari dello statuto S ottengono un permesso B di durata limitata fino alla revoca della protezione temporanea.

I titolari dello statuto S possono viaggiare all’estero e tornare in Svizzera senza autorizzazione. Possono esercitare un’attività lucrativa (anche indipendente) senza periodo di attesa.

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In Afghanistan circa il 75% degli abitanti vive in piccoli villaggi, mentre in Svizzera solo il 16% della popolazione risiede in aree rurali.

La capitale è Kabul.


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A causa delle crisi in corso, la fuga è spesso l'unica possibilità di salvezza per gran parte della popolazione. Sebbene dal 2021 non ci siano più conflitti armati, la già grave situazione umanitaria è peggiorata.
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Dal suo colpo di Stato nel 2021, il regime talebano preclude quasi completamente alle donne e alle ragazze l’accesso alla vita pubblica e all’istruzione.

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Si stima che dalla fine degli anni Settanta ad oggi il numero di persone in fuga dal Paese per via della crisi umanitaria tuttora in corso sia di 6,4 milioni. Vi si aggiungono altri 4,1 milioni di sfollati interni, ossia coloro che non hanno varcato i confini nazionali pur lasciando le proprie case. La somma supera l’intera popolazione svizzera.

Foto: Rifugiati afghani lavorano in Iran


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L’Afghanistan è il Paese d’origine della carota.
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Il Paese, una volta noto come Birmania, è stato ribattezzato Myanmar nel 1989. È etnicamente molto eterogeneo.

La capitale è Naypyidaw.

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I conflitti etnici nello Stato federale di Rakhine hanno portato allo sfollamento forzato della minoranza rohingya, di fede musulmana.
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Dalla fine del 2017 la minoranza musulmana dei Rohingya è il sesto gruppo di profughi più numeroso al mondo.
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In totale, negli ultimi anni circa 1,25 milioni di Rohingya sono fuggiti dal Myanmar per rifugiarsi nei Paesi vicini, soprattutto in Bangladesh. Questo dato equivale all’incirca al 13% della popolazione svizzera.
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Il Myanmar, l’antica Birmania, è il Paese d’origine dei rubini, le gemme colorate più preziose al mondo.

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L’agricoltura è un’attività molto importante per l’economia dell’Ucraina. Prima del 24 febbraio 2022 il Paese forniva oltre la metà dell’olio di girasole prodotto nel mondo e più del 10% del grano, dell’orzo e del mais sul mercato internazionale.

La capitale è Kyiv.

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Il 24 febbraio 2022 la Russia ha sferrato un attacco militare contro l’Ucraina.
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Circa 6,2 milioni di persone sono fuggite e hanno cercato protezione nei paesi vicini e in Europa. Altri 6,2 milioni di persone sono fuggite all'interno del paese.
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Di queste, circa il 90% sono donne e bambini. Spesso le persone anziane e quelle con disabilità non sono in grado di fuggire, per cui rimangono sul posto. Gli uomini, invece, vanno al fronte.
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Sebbene l’ucraino sia la lingua ufficiale, l’Ucraina è un Paese molto vario dal punto di vista linguistico. Si parlano circa 20 lingue e il 18% della popolazione conosce l’inglese.
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Il Bangladesh ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1947, insieme al Pakistan. È diventato uno Stato indipendente nel 1971 a seguito di una sanguinosa guerra civile.

La capitale è Dacca.

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Con i suoi 1277 abitanti per km², il Bangladesh è un Paese molto densamente popolato. Se la Svizzera avesse la stessa densità, avrebbe circa 52,7 milioni di abitanti.
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Dalla sua indipendenza, il Bangladesh continua ad accogliere profughe e profughi rohingya, come già negli anni Settanta e Novanta. L’ultimo esodo di Rohingya in Bangladesh, per un totale di oltre 700’000 persone, è stato tuttavia il più massiccio mai registrato.
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I crescenti rischi climatici minacciano l’agricoltura e la sicurezza alimentare nel Paese. In particolare, le inondazioni e la salinizzazione del suolo, dovute all’innalzamento del livello del mare, rappresentano un grave problema.
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Il delta del Gange (noto anche come delta del Gange-Brahmaputra o delta del Bengala) è il più grande delta del mondo. Gran parte della superficie del Paese si concentra in questo delta fluviale, che conta circa 240 rami.

Ceux-ci: NASA
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La produzione di miele e cera ridà speranza agli apicoltori del Darfur.
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Quando, nel 2003, nella regione del Darfur – parte occidentale del Sudan – scoppiò la guerra, migliaia di persone cercarono rifugio nei campi per profughi interni. Tra loro c’erano anche Abdul-Aziz e la sua famiglia.

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Quando fuggirono dal loro villaggio Abdul-Aziz e la moglie, piccoli contadini, persero casa e averi.
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Il campo di Mukjar, città nel Darfur occidentale, ormai sovraffollato, non offriva però alcuna prospettiva ad Abdul-Aziz.
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Decisero dunque di tornare nel loro villaggio, Bindisi, nella speranza di riprendere la loro attività di agricoltori e apicoltori, ben consapevoli però che non avrebbero trovato una situazione migliore di quella che avevano lasciato.

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Ma Abdul-Aziz con un po’ di fortuna riuscì a entrare a fare parte di un’associazione di apicoltori innovativa.

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«Grazie a questo progetto ora posso provvedere al sostentamento della mia famiglia. Produco miele e cera che vendo al mercato locale».

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Al progetto e ai corsi partecipano numerose donne, tra cui Nor Elsham Abdlgadir Mohamed, di 21 anni, già sei volte madre.

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«Preparo 50-60 porzioni di cera d’api a settimana, che mi fruttano 28 franchi. Quanto basta per mantenere la famiglia».

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DIl progetto «miele» finanziato dalla DSC ha ridato speranza alla gente del posto ed è un esempio riuscito di connubio tra aiuto umanitario d’emergenza e ricostruzione duratura e sviluppo.
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Nel 1820, ossia 44 anni prima dell’adozione della prima Convenzione di Ginevra, il giovane Stato venezuelano ha firmato il cosiddetto «trattato sulla regolarizzazione della guerra», allo scopo di mettere fine alle crudeltà e alle atrocità che avevano caratterizzato la lotta per l’indipendenza. Il trattato conteneva vere e proprie norme umanitarie che prevedevano il rispetto di tutte le parti in conflitto, l’aiuto alle persone ferite e malate e la protezione della popolazione civile.

La capitale è Caracas.

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Il Venezuela attraversa da diversi anni una grave crisi politica, sociale ed economica, che ha pesanti conseguenze umanitarie, esacerbate dalla pandemia di COVID-19.
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Per la popolazione, la mancanza di cibo e medicinali, l’iperinflazione, ma anche le aggressioni e l’insicurezza sono all’ordine del giorno.
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In molti sperano di trovare condizioni di vita migliori in Colombia. Si stima che ogni giorno circa 2000 persone lascino il Paese; dal 2014 ne sono già partite più di 7,3 milioni.
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Il Venezuela vanta un patrimonio musicale ricco e unico. Generi come il joropo e la salsa e strumenti come il cuatro (simile a una chitarra ma un po’ più piccolo) sono parte integrante della cultura del Paese.
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Nel campo profughi di Kakuma nel Nord del Kenia vivono circa 185 000 persone, poco più della popolazione di Basilea.

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La permanenza nei campi profughi è in media di 17 anni.

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Chi è accolto nei campi profughi ha bisogno di prospettive, di un lavoro e di un reddito per non dover dipendere interamente dagli aiuti esterni.

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I profughi generalmente non hanno accesso al mercato del lavoro locale, d’altro canto la popolazione del luogo non può usufruire degli aiuti e del sostegno di cui beneficiano le persone in fuga.

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Il progetto «Skills 4 Life» realizzato a Kakuma è rivolto sia ai profughi sia alla popolazione locale allo scopo di promuovere l’integrazione.

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La partecipazione al progetto è facoltativa: non vengono offerti né soldi né pasti gratuiti. Chi partecipa lo fa solo perché vuole migliorare la propria situazione.

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La formazione informale e che non richiede grandi investimenti, sotto forma di «learning by doing» (imparare lavorando), è impartita in 12 materie tra cui attività agricole, lavori di muratore, gestione dei rifiuti, riparazione di computer e cellulari, lavanderia, sartoria e tessitura.
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È inoltre possibile seguire una formazione di base per imparare a leggere, scrivere e far di conto, e un training in competenze economiche e sociali.

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La formazione di base dura quattro o cinque mesi, è orientata alla pratica e aiuta i partecipanti ad acquisire conoscenze e autoconsapevolezza. Al termine della formazione viene rilasciato un certificato.
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La quota di donne raggiunge circa il 55 per cento.

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«È molto confortante vedere che diversi gruppi di persone che hanno partecipato al progetto hanno già fondato piccole imprese.»

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«Il progetto pilota servirà da modello per un programma informale di formazione professionale che in futuro potremo attivare per moduli anche in altre situazioni che coinvolgono profughi.»

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Il progetto, realizzato dalla fondazione svizzera Swisscontact su incarico della DSC, ridà dignità alle persone, contribuisce a ridurre la povertà e crea prospettive.

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La Colombia è un importante produttore di caffè e cacao. Nel corso della sua storia è stata teatro di conflitti armati tra gruppi rivali.

La capitale è Bogotá.

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Nonostante l’accordo di pace del 2016, continuano a verificarsi violenze e scontri a fuoco. 

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La vasta presenza di mine mette in pericolo vite umane e ostacola le attività agricole e lo sviluppo delle infrastrutture.
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L’instabilità ha causato lo sfollamento di circa 6,8 milioni di persone all’interno del Paese. La Colombia è però anche terra di immigrazione, oltre che Paese ospite di 2,5 milioni di profughe e profughi venezuelani.
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Dopo il Brasile, la Colombia è il Paese con la maggiore biodiversità. Ne è un esempio il «fiume dei cinque colori» (Caño Cristales).
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L’Afghanistan è uno dei Paesi più poveri e instabili del mondo. La DSC gestisce una serie di programmi per rafforzare le strutture governative locali, promuovere i diritti umani e sostenere lo sviluppo socioeconomico, dando così un contributo duraturo alla riduzione della povertà.

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«Diritti umani» è sinonimo di «diritti delle donne».
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Povertà, traumi provocati dalla guerra e mancanza di esperienza nei rapporti paritari uomo-donna sono le cause dei dati preoccupanti sulla violenza domestica di cui sono vittime le donne.

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Una priorità della Svizzera in Afghanistan è la formazione e l’addestramento di poliziotte: in particolare nei casi di violenza domestica è infatti fondamentale l’intervento di persone esperte che sappiano anche fungere da interlocutrici.

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La Svizzera sostiene la commissione afghana per i diritti umani, incaricata di esaminare casi di violenza domestica, e Medica Afghanistan, un’ONG locale che offre assistenza psicologica e legale alle vittime di violenze domestiche.
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Il diritto all’istruzione è un diritto umano fondamentale.
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L’87 per cento delle donne non sa né leggere né scrivere. La popolazione si batte però affinché anche le bambine possano avere accesso all’istruzione e si oppone coraggiosamente alla chiusura di alcune scuole nelle zone controllate dai ribelli.

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La Svizzera sostiene due progetti per il miglioramento del tasso di scolarizzazione tra le bambine in quattro province nel Nord dell’Afghanistan. L’obiettivo è sensibilizzare la popolazione locale e le guide religiose (i mullah) in merito all’importanza dell’istruzione femminile e aumentare con misure mirate il numero delle insegnanti nel livello secondario.

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Tra i diritti delle donne vi è anche quello di partecipare alla vita politica. A metà giugno del 2014 migliaia di donne hanno votato alle elezioni presidenziali. Sono rimaste in coda per ore davanti ai seggi e hanno mostrato orgogliosamente le dita macchiate d’inchiostro, a dimostrazione che erano andate a votare.

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IIn vista delle elezioni erano state adottate misure per consentire alle donne di partecipare alla consultazione elettorale: le organizzazioni per la difesa dei diritti umani avevano spiegato alle donne quali erano i loro diritti politici, invitandole a recarsi alle urne, ed era stata finanziata la formazione di forze dell’ordine femminili incaricate di garantire l’incolumità delle donne che si recavano ai seggi.
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La Svizzera promuove una più ampia partecipazione delle donne e una maggiore rappresentanza femminile nelle autorità governative a livello nazionale e provinciale.
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La chiave per lo sviluppo e la riduzione della povertà è l’inclusione.
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Nel quadro del suo impegno socioeconomico nelle regioni rurali del Paese, la Svizzera incoraggia le donne a lanciarsi in attività produttive e commerciali.
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Le contadine producono grano, verdura, frutta e patate e vendono i prodotti al mercato. In questo modo si assicurano un piccolo guadagno che permette alla famiglia di vivere meglio.
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Chi è costretto a lasciare il proprio Paese a causa della povertà o di catastrofi naturali – destino che accomuna milioni di persone nel mondo – non si vede riconosciuto lo statuto di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra del 1951 e pertanto non può invocare il diritto di protezione.

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È qui che interviene l’iniziativa Nansen, lanciata congiuntamente da Svizzera e Norvegia nel 2012.

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DL’Agenda di protezione elenca misure concrete per ridurre il rischio futuro di grandi flussi migratori dovuti agli effetti dei cambiamenti climatici: per esempio attraverso programmi incentrati su interventi di adattamento ai mutamenti del clima.
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La Svizzera, grazie al consolidato know-how specialistico e ad approcci innovativi, può fornire un valido contributo in ambiti come la glaciologia, la gestione delle risorse idriche, la prevenzione dei rischi, il risparmio energetico, la silvicoltura e la riduzione dell’inquinamento atmosferico.

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India, Cina e Perù, che a loro volta devono far fronte al problema dello scioglimento dei ghiacciai, sono interessati a collaborare con la Svizzera.

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«Grazie ai nostri studi riguardanti le Alpi abbiamo acquisito conoscenze specialistiche approfondite in materia climatica che trasmettiamo agli esperti di questi Paesi affinché possano monitorare il comportamento dei ghiacciai sul loro territorio.»

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«E loro, conoscendo il contesto sociale, sanno quali misure di adattamento adottare per salvare vite umane.»

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In Perù è stato possibile istituire un sistema di preallerta per un lago glaciale: il distacco di enormi blocchi di ghiaccio aveva già più volte provocato esondazioni e piene devastanti.
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La città di Carhuaz, che dista pochi chilometri dal lago, può ora contare su informazioni in tempo reale e predisporre evacuazioni in caso di emergenza.

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Un altro settore nel quale la Svizzera ha molta esperienza è quello dei filtri antiparticolato: fu infatti tra i primi Paesi, negli anni 1990, a occuparsi del problema dei gas di scarico prodotti dai motori diesel.

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Un altro settore nel quale la Svizzera ha molta esperienza è quello dei filtri antiparticolato: fu infatti tra i primi Paesi, negli anni 1990, a occuparsi del problema dei gas di scarico prodotti dai motori diesel.
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Con il primo progetto realizzato dalla DSC nel periodo 2004-2009 sono stati montati filtri antiparticolato su oltre 3000 autobus pubblici a Santiago del Cile. Gli ottimi risultati ottenuti hanno risvegliato l’interesse di altre città sudamericane e cinesi decise ad ammodernare la loro flotta di autobus e macchine da cantiere.

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«Oggi è risaputo che le polveri fini sono cancerogene e provocano malattie delle vie respiratorie».

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«È meno noto, invece, che le particelle di fuliggine sono uno dei fattori determinanti del riscaldamento globale e che depositandosi sui ghiacciai ne accelerano lo scioglimento».

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Il quartiere di Hay Al-Gharbeh si trova un paio di chilometri a sud del vivace centro di Beirut, capitale del Libano. Gli abitanti a Hay Al-Gharbeh vivono in situazioni molto precarie.

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In questa area trascurata e nei quartieri confinanti, dove si trova il campo palestinese Shatila, vivono Libanesi, sfollati siriani e profughi palestinesi, fianco a fianco con lavoratori migranti.

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In Libano, uno Stato più piccolo della Svizzera, quasi un abitante su quattro è un profugo.

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La pressione demografica legata all’immigrazione è percepibile in tutti gli ambiti della vita quotidiana in Libano, soprattutto nei quartieri poveri dove il bisogno di istruzione, assistenza medico-sanitaria e acqua è più acuto.
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Per questa ragione nel 2010 l’organizzazione umanitaria libanese Tahaddi ha aperto un centro di formazione nel quartiere di Hay Al-Gharbeh.
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Il tetto della scuola funge anche da area per la ricreazione ed è l’unica zona, in tutto il quartiere, in cui è possibile giocare. Il centro riporta un po’ di normalità nella vita di molti bambini.

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Attualmente sono oltre 350 i bambini che seguono le lezioni presso il centro Tahaddi: ci sono quattro classi di asilo e undici di scuola elementare, con un centinaio di bambini che frequentano lezioni di sostegno.

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Dal 2012 il centro accoglie anche bambini di profughi siriani. Alcuni di loro sono talmente traumatizzati da quanto hanno vissuto in patria da aver quasi perso la parola.
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I bambini che non hanno mai potuto frequentare o hanno dovuto abbandonare la scuola possono seguire corsi che rispondono ai requisiti del sistema educativo libanese. Il piano di studi è inoltre adattato al loro contesto difficile.

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L’organizzazione umanitaria Tahaddi beneficia del sostegno finanziario del Principato del Liechtenstein e della Svizzera e permette alle persone e ai bambini più svantaggiati di avere prospettive concrete.
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Dalla sua indipendenza, il Bangladesh ha accolto ripetutamente profughi rohingya negli anni 1970 e 1990. L’esodo più recente ha visto lo spostamento di oltre 700’000 Rohingya, l’ondata di profughi più massiccia mai registrata.
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La causa scatenante è stata l’inasprimento delle violenze nello stato di Rakhine, la regione più povera del Myanmar.
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Attualmente poco meno di un milione di profughi provenienti dal Myanmar vive nel distretto di Cox’s Bazar, nel sud del Bangladesh, all’interno di campi sovraffollati e in condizioni precarie.
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Le condizioni di vita destano preoccupazione perché lo spazio a disposizione degli abitanti è molto ristretto. Vivere in una superficie così densamente popolata incrementa il rischio di malattie e di epidemie.
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A ciò si aggiunge che il territorio di Cox’s Bazar è molto esposto a fenomeni meteorologici estremi come cicloni e minacciato dagli smottamenti e dalle inondazioni provocati dal monsone.
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Una delle sfide più grandi è garantire l’accesso all'acqua potabile, già molto limitato in quella regione, a cui si aggiunge il problema delle toilette e degli impianti igienici.
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Il problema delle toilette è enorme: gli escrementi vengono portati via ed eliminati dai profughi stessi, che ricevono un indennizzo per questo faticoso e ingente lavoro.

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«Gli adulti hanno imparato a rendere potabile l’acqua usando “pastiglie che uccidono i batteri”», racconta Kim Müller, membro del Corpo svizzero di aiuto umanitario e reduce da un impiego in Bangladesh.

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Le donne e le ragazze ricevono assorbenti e biancheria intima lavabili. Inoltre sono stati installati impianti sanitari separati per permettere alle donne profughe di vivere il proprio ciclo con dignità e intimità, spesso carenti in questi campi.

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Per incrementare le capacità di accoglienza dei due ospedali della regione di Cox’s Bazar che si occupano della popolazione locale e dei profughi, l’Aiuto umanitario della DSC ha fornito apparecchi e strumenti diagnostici.
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Grazie all’impegno umanitario, i profughi hanno un migliore accesso all’acqua potabile, a generi alimentari, a impianti igienico-sanitari, ad alloggi e all’assistenza medica.

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Lavarsi le mani può salvare delle vite.
In molti campi profughi, dove migliaia di persone cercano rifugio, regna una minacciosa carenza d'acqua, che a sua volta porta alla mancanza di igiene. Nei campi vengono distribuiti solo tra 7 e 11 litri d'acqua a persona. Il consumo medio giornaliero di acqua in Svizzera è di 163 litri. Con acqua potabile sufficientemente sicura* e prodotti per l'igiene come il sapone, si potrebbero sconfiggere malattie endemiche come il colera.

* Acqua potabile sicura significa che non sono presenti batteri patogeni.


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In Svizzera dobbiamo solo aprire il rubinetto per avere acqua potabile pulita e sicura. Ma non è così dappertutto:

«Abbiamo trascorso molti giorni nel Sahara. Siccome avevo urgente bisogno di liquidi, ho bevuto la mia urina.»
(Rifugiato minorenne dalla Somalia non accompagnato, 17 anni)

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Sarai in viaggio per giorni o settimane. Il pane o i pasti secchi hanno una lunga durata di conservazione e sono quindi una buona provvista per gli sfollati. Una persona su nove su questa terra va a letto affamata. Molte di loro sono in fuga. Per questo motivo vengono distribuiti ulteriori buoni pasto o contanti. Con questi buoni, le persone possono ottenere le loro razioni di cibo o fare acquisti nei negozi di alimentari. Di solito in Libano con 20 dollari USA si può comprare una pagnotta ogni giorno per un mese.

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Quanto è importante il tuo smartphone nella vita di tutti i giorni? Potresti uscire di casa senza il tuo telefono?
Al giorno d'oggi i cellulari non servono solo per comunicare perché ci danno anche accesso alle nostre coordinate bancarie e ai nostri conti correnti. Sono anche un album fotografico dove è possibile salvare le foto dei propri cari. Tuttavia è necessaria una certa cautela: i dati sul cellulare, come i dati di connessione e le foto della propria famiglia, sono oggi spesso utilizzati come mezzi di ricatto dai trafficanti e dai criminali. Infatti possono ricattare il portatore del telefono minacciando di violenze i suoi parenti rimasti in patria.

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I passatori sono costosi e durante il viaggio sono necessari molti soldi. Il denaro contante o i gioielli sono ancora spesso l'unico mezzo di pagamento accettato sulla via di fuga.

«Quando non potevamo dare così tanti soldi ai trafficanti, molti di noi sono stati violentati.»
(Meron, 32 anni, dall'Eritrea)

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Sei dipendente da un determinato farmaco, come ad esempio un medicamento contro un'allergia?
Le medicine sono spesso troppo costose per i rifugiati. Il Rofenac D, per esempio, è un antidolorifico per l'artrite e i reumatismi. In Libano, dove una persona su 5 è un profugo, 20 compresse costano 8'468 lire libanesi, che corrispondono a circa 5.70 franchi. Molti rifugiati non possono più permettersi le medicine. I loro risparmi sono esauriti, spesso non hanno reddito e hanno bisogno del denaro che ricevono per la sopravvivenza quotidiana (pane, riso, acqua, elettricità, ecc.).

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Molti svizzeri portano con sé un coltellino quando sono in campeggio. Con le sue molteplici funzioni è il pratico tuttofare per ogni situazione: apriscatole e apribottiglie, lama, cavatappi, sega per legno, cacciavite e tutto ciò di cui avete bisogno per la vostra vacanza all'aria aperta. Un coltellino svizzero sarebbe quindi anche uno strumento ideale per la fuga. I coltelli hanno un significato diverso in altre culture? Come vengono visti nella tua classe? Chi li conosce e ha un coltellino tascabile? Per chi i coltelli sono tabù?


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Delle buone scarpe possono essere essenziali per la sopravvivenza perché gli sfollati spesso trascorrono giorni a piedi nel deserto o in montagna. Buone scarpe offrono quindi una protezione contro il caldo, le ferite e il freddo. Tuttavia, molti profughi non possono permettersi le scarpe e spesso indossano infradito di plastica perché sono più economiche. Le infradito in pelle sono già qualcosa di speciale.

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Non è possibile identificarsi senza passaporto o carta d'identità. Molti dei circa 117,3 milioni di profughi nel mondo non possiedono alcun documento. Per questo motivo, al giorno d'oggi la registrazione degli sfollati in tutto il mondo viene spesso effettuata tramite scanner dell'iris che, oltre alla registrazione dei dati personali, fa parte del processo di registrazione. La scansione dell'iride serve a identificare in modo univoco la persona.

In Svizzera, dopo una decisione d'asilo positiva o un'ammissione temporanea in assenza di un documento d'identità, viene rilasciato un lasciapassare.

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Scheda

Cognome: Tesfaye
Nome: Helen
Nata: 1996
Cittadinanza: Eritrea
Etnia: Tigrinya
Lingua: Tigrinya
Confessione: Cristiana ortodossa

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Com’era la situazione in Eritrea prima della mia fuga?
Dallo scoppio del conflitto alla frontiera con l’Etiopia nel 2002 l’Eritrea vive in stato d’emergenza. Conseguentemente è stato instaurato un servizio nazionale obbligatorio non soltanto per gli uomini ma anche per le donne. L’incorporazione nel servizio nazionale va spesso di pari passo con l’obbligo ai lavori forzati di durata indeterminata. La stampa e la libertà d’espressione non hanno posto in Eritrea, come del resto neanche una giustizia indipendente. I casi di tortura nell’ambito del servizio nazionale e nelle prigioni eritree sono all’ordine del giorno.

«Sono venuta in Svizzera perché nel mio paese, l’Eritrea, sono soggetta a un servizio militare brutale e senza limiti di tempo.»

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Vita quotidiana durante la procedura di asilo
«Al Centro la sfera privata è molto ridotta. Io divido la camera con altre sette donne e non posso invitare le mie amiche. L'accesso ai centri della Confederazione non è pubblico, proprio per rispettare la sfera privata dei richiedenti l'asilo. Durante la settimana dalle 9.00 alle 17.00, il sabato e la domenica, i richiedenti l’asilo possono fare visita ad amici e parenti.»

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Decisione
Helen è già stata registrata in Italia perciò viene emanata una “Decisione di non entrata in merito Dublino” ed è costretta a tornare in Italia. In caso di decisione di non entrata in merito, la domanda d'asilo non viene esaminata ulteriormente dalle autorità. L'Accordo di Dublino stabilisce quale Stato membro è competente per il trattamento di una domanda d'asilo. In questo modo si garantisce che all'interno dell'UE una domanda venga esaminata una sola volta. Il richiedente deve chiedere l'asilo nello Stato in cui è entrato per la prima volta nello spazio di Dublino. A questo Paese compete l'esame della sua domanda d'asilo.

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«In Italia non conosco nessuno. Qui ho mio cugino e i miei amici. Che cosa dovrei fare?»
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Prospettive
«Sono stata riportata in Italia. Al momento vivo in un centro per richiedenti l'asilo vicino a Roma. Sono ancora molto triste perché non sono potuta restare vicino a mio cugino. Spero che l'Italia mi dia protezione e non mi rimandi nel mio Paese. Di tanto in tanto faccio la babysitter in una famiglia con tre bambini. Con loro imparare l'italiano è più facile. La lingua mi piace e voglio impararla il più in fretta possibile. Chissà, magari un giorno potrò andare a trovare mio cugino.»

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Scheda

Cognome: Bahri
Nome: Yasin
Nato: 1992
Cittadinanza: Tunisina
Etnia: Arabo

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Com’era la situazione in Tunisia prima della mia fuga?
Nel 2010 un commerciante tunisino si è dato fuoco per strada perché ha dovuto chiudere il suo chiosco di verdura - il suo unico mezzo di sostentamento - per mancanza di un permesso. Questa auto-immolazione è considerata il fattore scatenante della rivoluzione in Tunisia, che ha portato a una serie di riforme democratiche. Tuttavia, finché le esigenze economiche di base della popolazione non potranno essere soddisfatte e i giovani non avranno prospettive per il futuro, la pressione migratoria continuerà.

«In Tunisia non trovo lavoro. È un paese povero. Per poter aiutare la mia famiglia sono venuto in Europa nella speranza di trovare un lavoro.»

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Vita quotidiana durante la procedura di asilo
«Con i lavori di pubblica utilità guadagno qualche soldo ed entro in contatto con la popolazione svizzera. I richiedenti l'asilo ospitati nei centri della Confederazione possono contribuire alla vita della collettività partecipando a interventi di pubblica utilità. I richiedenti l'asilo si occupano ad esempio di sgomberare le strade dai detriti dopo un'inondazione, di tenere puliti i sentieri o della raccolta differenziata.»

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Decisione
Dopo due settimane, Yasin viene a sapere che la sua domanda è stata respinta e che deve lasciare la Svizzera. Secondo la legge sull'asilo, la mancanza di prospettive e la povertà non sono motivi per concedere l'asilo. Se nulla impedisce il ritorno nel Paese d'origine, la domanda d'asilo viene respinta e l'interessato deve lasciare la Svizzera. Se la persona ritorna volontariamente e non ha commesso un reato in Svizzera, può ricevere l’aiuto al ritorno.

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«Devo tornare in Tunisia, ormai è sicuro. La mia famiglia mi aveva prestato molto denaro per il viaggio in Europa. Volevo trovare un lavoro per sostenere i miei cari. Ora mi vergogno a tornare a mani vuote. Per fortuna beneficio dell'aiuto per il ritorno. Nel mio Paese vorrei avviare un'officina per motociclette e la Svizzera mi sostiene concedendomi un piccolo capitale iniziale.»
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Prospettive
«Grazie all'aiuto tecnico e finanziario della Svizzera ho potuto aprire la mia officina per motociclette a Tunisi. Al momento le cose vanno bene e posso vivere della mia attività. Ne sono molto orgoglioso. I miei genitori sono felici che io sia tornato a casa. Dicono che sono maturato e hanno ragione. Purtroppo per finanziare il mio viaggio si sono indebitati. Voglio ampliare la mia attività e aiutare così la mia famiglia.»

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Scheda

Cognome: Mahdavi
Nome: Ashkan
Nato: 1992
Cittadinanza: Iraniana
Etnia: Persiano
Lingua: Persiano
Confessione: Musulmano

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Com’era la situazione in Iran (Repubblica islamica dell’Iran) prima che sono fuggito?
In Iran le donne, come anche le minoranze etniche e religiose, sono gravemente oppresse. Chiunque osi criticare il governo iraniano si espone a pesanti sanzioni inflitte senza procedura giudiziaria corretta. Le punizioni corporali e le esecuzioni sono una prassi corrente in Iran. I prigionieri politici sono spesso maltrattati o addirittura torturati e hanno raramente accesso a cure mediche.

«Per aver espresso liberamente la mia opinione sono stato considerato un traditore della Rivoluzione iraniana e sono stato arrestato.»

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Vita quotidiana durante la procedura di asilo
«Passo dalla speranza alla disperazione. Per fortuna ci sono degli assistenti spirituali che mi aiutano ad affrontare i miei problemi. In ogni centro della Confederazione è presente un assistente spirituale. I richiedenti l'asilo delle diverse comunità religiose hanno inoltre a disposizione un locale per pregare.»

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Decisione
Ashkan è un rifugiato politico riconosciuto. Può rimanere in Svizzera e ottiene un permesso di dimora B. Uno dei motivi per concedere l'asilo è la persecuzione mirata per ragioni politiche. Il coniuge, la coniuge e i figli minorenni di rifugiati riconosciuti hanno a loro volta il diritto di entrare in Svizzera e ottenere l'asilo. La loro integrazione è sostenuta e promossa dal Cantone. I rifugiati possono essere impiegati in ogni settore, ma devono avere un permesso di lavoro.

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«Sono molto grato alla Svizzera che mi ha riconosciuto come rifugiato. In Iran ero stato interrogato e arrestato più volte a causa delle mie attività politiche. Qui in Svizzera posso esprimere liberamente le mie opinioni, anche se spero di poter tornare un giorno in Iran.»
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Prospettive
«Sono felicissimo di poter iniziare una nuova vita in Svizzera. Magari un giorno riuscirò anche a finire gli studi. Certo non sarà facile. Per prima cosa devo imparare meglio il francese. Mi incontro regolarmente con uno studente svizzero per approfondire le mie conoscenze linguistiche e imparo anche molto sulla cultura locale. La mia famiglia e la mia vita in Iran mi mancano molto. Sono le piccole cose quotidiane a mancarmi di più, i profumi, i cibi, la voce di mia madre e dei miei fratelli e sorelle. Ho già delle amicizie in Svizzera – soprattutto connazionali iraniani – ma continuo a sentirmi solo. Lasciarsi tutto alle spalle non è per niente facile.»

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Scheda

Cognome: Abdulla
Nome: Mohammed
Nato: 1982
Cittadinanza: Siria
Lingua: Arabo
Confessione: Musulmano

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Com’era la situazione in Siria prima che sono fuggito?
La guerra civile ebbe origine in seguito alle proteste pacifiche contro il governo siriano che si svolsero all’inizio del 2011 sulla scia della Primavera araba. Le proteste si intensificarono e divennero rapidamente un conflitto armato. La città di Homs fu una delle prime città ad essere pesantemente bombardata. Alcune parti della città furono completamente distrutte. Prima che scoppiasse la guerra Homs era una fiorente cittadina.

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Vita quotidiana durante la procedura di asilo
«Sono felice che i miei figli durante la procedura d'asilo possano già frequentare la scuola. Visto che rimangono per poco tempo nei centri di accoglienza della Confederazione, i figli dei richiedenti l'asilo non frequentano la scuola pubblica ma hanno la possibilità di seguire dei corsi di lingua. Non appena vengono assegnati a un alloggio cantonale sono iscritti alla scuola nel rispettivo comune.»

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Decisione
I profughi ammessi tramite il programma di reinsediamento ottengono rapidamente lo statuto di rifugiato. Mohammed e la sua famiglia ottengono dunque un permesso di dimora B. Le autorità cantonali offrono corsi di lingua e integrazione affinché i rifugiati possano familiarizzarsi con la vita e le usanze svizzere. In alcuni cantoni viene anche offerta la possibilità di effettuare una valutazione del potenziale per favorire un migliore inserimento professionale.

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«Siamo così sollevati di essere finalmente al sicuro. Soffro ancora per le torture subite e cado continuamente in depressione. Ma in Svizzera posso finalmente andare da uno psichiatra che mi aiuta a elaborare il trauma.»
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Prospettive
«Il mio diploma di ingegnere qui non è riconosciuto. Ho appena trovato lavoro come addetto alle pulizie in un ospedale. Certo sono contento di guadagnare qualcosa, ma preferirei poter mettere a frutto le mie capacità di ingegnere. Mia moglie, che ha un diploma di infermiera, si trova nella stessa situazione. Con l'aiuto del nostro consulente speriamo di trovare un lavoro adeguato. Per colpa della depressione faccio fatica a imparare il tedesco. Mi piacerebbe iniziare un apprendistato, ma non so ancora abbastanza la lingua. Ci vuole tanta pazienza. I bambini parlano già tedesco senza problemi e hanno molti amici. Si sono ambientati benissimo, e ne sono molto felice.»

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Scheda

Cognome: Poladi
Nome: Aziz
Nato: 1984
Cittadinanza: Afghanistan
Etnia: Gruppo etnico degli Hazara
Lingua: Persiano (Pashtu e Dari)
Confessione: Musulmano

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Com’era la situazione in Afghanistan prima della mia fuga?
 Dalla fine degli anni 1970 in Afghanistan i conflitti armati si susseguono senza tregua. Nell’anno 1998 i Talebani hanno preso il potere. Erano molto religiosi e rigidi. Le donne non potevano più lavorare e dovevano nascondersi. Hanno imposto agli uomini di portare la barba e vietato musica, televisione, cinema e sport. I Talebani punivano severamente chi non rispettava le loro regole, a volte anche con impiccagioni pubbliche. Non c'è sicurezza in Afghanistan. In media, ogni giorno nel Paese si verificano oltre 60 incidenti di sicurezza. Dal 2015 il paese è minacciato anche dell’ISIS.
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Vita quotidiana durante la procedura di asilo
«Nei pomeriggi in cui giochiamo a calcio riesco a dimenticare per un po’ le mie paure e le mie preoccupazioni. Ci sono persone che si impegnano a favore di chi è alloggiato in un centro della Confederazione organizzando diverse attività, come dopo scuola, giochi per bambini, manifestazioni sportive, ritrovi informali, escursioni o serate a teatro. Chi è interessato può rivolgersi alla direzione dei centri.»

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Decisione
Aziz non è riconosciuto come rifugiato perché non può dimostrare di essere perseguitato personalmente e in modo mirato. Durante i colloqui spiega di essere fuggito dall'Afghanistan a causa della guerra. Dato che al momento la situazione non permette di rimpatriare Aziz, viene «ammesso provvisoriamente» (con permesso F). Guerre civili, gravi problemi di salute o pene sproporzionate in caso di rimpatrio possono essere motivi di un’ammissione provvisoria

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«In Svizzera mi sento al sicuro, ma solo temporaneamente. Devo rinnovare ogni anno il mio permesso F e nessuno sa dirmi se potrò restare qui. Spero tanto di ottenere un permesso di soggiorno a tempo indeterminato.»
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Prospettive
«Visto che molti datori di lavoro non vogliono assumere persone con un permesso provvisorio, trovare un impiego è molto difficile. Dopo tre anni e un sacco di risposte negative ho finalmente trovato un posto in un ristorante come aiuto di cucina. La mia famiglia mi manca molto. Per loro non è facile. Vorrei aiutarli finanziariamente, ma i soldi non bastano. Cerco almeno di restare in contatto con loro. Il mio sogno più grande è di formare a mia volta una famiglia nella mia nuova patria.»

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capitolo 1 Fuggire

Fuggire

capitolo 2 Facts

capitolo 3 Termini

capitolo 4 Paesi

capitolo 5 Persone

Menschen

capitolo 6 E tu?

capitolo 7 CH-Asilo

capitolo 8 Prospettive

capitolo 9 Links

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  • Credits: © Mohamed Sheikh Nor, ©UNHCR/ Sahal Abdulle