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Introduzione

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Perché dovremmo interessarci alla cooperazione internazionale? È una domanda che fa riflettere. Alla luce delle crisi internazionali, dei conflitti e degli obiettivi di sostenibilità a rischio, è una questione rilevante anche per i cittadini svizzeri. Ascoltate e guardate alcune possibili risposte.
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Servizi di base

La cooperazione internazionale della Svizzera è impegnata sia nell'aiuto umanitario che nel miglioramento delle condizioni di vita nelle regioni a basso reddito. Ciò include il miglioramento dell'accesso ai servizi di base come l'istruzione, la sanità e la finanza.
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Economia

La Svizzera è impegnata nello sviluppo economico e nello sviluppo del settore privato nei Paesi a basso reddito. Lavora con i giovani imprenditori per creare posti di lavoro dignitosi e su strumenti di finanziamento innovativi per mobilitare gli investimenti pubblico-privati per le imprese.
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Pace

Lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani e l'inclusione delle donne e delle persone svantaggiate sono tra i prerequisiti più importanti per la pace e lo sviluppo a lungo termine. La Svizzera sostiene la società civile e le autorità locali nei settori dell'advocacy, del monitoraggio delle attività statali e della responsabilità pubblica.
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Ambiente

Il clima si sta riscaldando e gli effetti, come siccità e alluvioni, stanno già causando grandi sofferenze. Alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Glasgow nel 2021, tutti i Paesi hanno concordato come raggiungere l'obiettivo dell'Accordo di Parigi di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius. La Svizzera è particolarmente impegnata in settori quali l'alimentazione, la produzione, il consumo, l'energia, la salute, le città e i sistemi finanziari.
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Crisi

Il mondo attuale è segnato da crisi e conflitti. In un contesto simile la cooperazione internazionale è più importante che mai. La Svizzera affronta queste sfide rimanendo un partner affidabile per i Paesi meno visibili sulla scena internazionale.
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Statistiche

La cooperazione internazionale attuata dalla DSC e dalla SECO costituisce quasi i due terzi dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) della Svizzera, che comprende anche i contributi di altri uffici federali e l’aiuto dei Cantoni e dei Comuni svizzeri.
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Strategia CI

Con la strategia CI, il Consiglio federale e il Parlamento definiscono il quadro per un periodo di quattro anni. La CI è uno strumento di politica estera che consente alla Svizzera di affrontare le sfide globali che si trova ad affrontare. Nel 2024 è stata approvata la strategia 2025-2028 che, inoltre, darà maggiore risalto all'Ucraina.
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La DSC concentra la maggior parte delle sue attività bilaterali nei Paesi a più basso reddito, focalizzandosi in particolare sull’Africa.

La SECO è attiva soprattutto nei Paesi a reddito medio. Nel 2024 la cooperazione nei Paesi europei ha rappresentato più di un terzo delle sue spese bilaterali.
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I programmi e i progetti della DSC sono definiti in base alle esigenze dei Paesi partner e adattati alla situazione. L’aiuto umanitario attuato dalla DSC riflette la solidarietà della Svizzera nei confronti delle popolazioni in difficoltà.
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Le misure di politica economica e commerciale della SECO contribuiscono a una crescita duratura e inclusiva.
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Impiegando gli strumenti dell’aiuto umanitario e della cooperazione bilaterale allo sviluppo, e adottando un approccio globale, la DSC si mobilita per alleviare la sofferenza delle popolazioni in difficoltà e per lottare contro la povertà. Si adopera per il rispetto dei diritti umani, la promozione della democrazia e la protezione dell’ambiente.
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La SECO si focalizza sui Paesi in cui può sfruttare al meglio la propria esperienza in campo economico facendo leva sui progetti, sulle competenze e sulla rete che ha messo a punto. Pertanto, i suoi interventi si concentrano su alcuni Paesi dell’Africa, dell’America latina, del Sud-Est asiatico e su Stati in transizione dell’Europa dell’Est e dell’Asia centrale alle prese con problemi di povertà e sviluppo economico.
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I cambiamenti climatici impongono misure di mitigazione che ne riducano gli effetti e strategie di adattamento che ne limitino l’impatto sulle popolazioni. Il clima è un tema trasversale su cui convergono i progetti e i programmi della cooperazione internazionale.
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Il buongoverno è un tema trasversale su cui convergono i progetti e i programmi della cooperazione internazionale. Integra diversi aspetti, come la gestione competente dei compiti pubblici, la democratizzazione, lo Stato di diritto, la lotta contro la corruzione e i diritti umani. Nella sua accezione economica include anche i principi di trasparenza, responsabilità, non discriminazione, efficienza e partecipazione.
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Le questioni di genere sono un tema trasversale su cui convergono i progetti e i programmi della cooperazione internazionale. Tutti i progetti tengono conto della parità tra uomini e donne e una parte importante di essi integra misure specifiche per ridurre le disuguaglianze di genere.
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Per raggiungere l’obiettivo, fissato dal Parlamento, di un tasso svizzero di aiuto pubblico allo sviluppo (APS) pari allo 0,5 per cento del reddito nazionale lordo (RNL), le risorse destinate alla DSC sono cresciute costantemente fino al 2015.
Tra il 2016 e il 2019 le misure di risparmio hanno avuto un impatto sui crediti per la cooperazione internazionale.

L’incremento delle spese della DSC tra il 2020 e il 2023 è da ricondurre principalmente ai crediti aggiuntivi approvati dal Parlamento per sostenere gli sforzi internazionali in risposta alla pandemia di COVID-19, alla crisi umanitaria in Afghanistan, alla guerra in Ucraina e al conflitto in Medio Oriente. Il calo osservato nel 2024 è dovuto alla riduzione dei fondi stanziati a favore della cooperazione internazionale.
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Dal 2011 le risorse destinate alla SECO sono aumentate nel quadro della progressione volta a raggiungere l’obiettivo di un tasso APS/RNL dello 0,5% entro il 2015.

Tra il 2016 e il 2019 le risorse della SECO sono diminuite a causa delle misure di risparmio della Confederazione.

L’aumento registrato nel 2022 e nel 2023 è riconducibile ai crediti aggiuntivi in risposta alla guerra in Ucraina.
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Europa

Medio Oriente

Africa

Asia

America latina

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La Svizzera affianca i Paesi dei Balcani occidentali e dell’Europa dell’Est nella creazione di condizioni quadro favorevoli alla stabilità e alla prosperità. Sostiene per esempio le riforme di decentramento e mette a disposizione le sue competenze nel settore della formazione professionale.
Dall’inizio dell’aggressione militare della Russia, la Svizzera ha notevolmente potenziato il suo aiuto all’Ucraina e si impegna per assistere le persone toccate dal conflitto.
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Gli interventi umanitari della DSC in Medio Oriente sono finalizzati a migliorare la protezione di profughi e persone bisognose, a fornire loro un accesso ai servizi di base e a gestire le risorse idriche in modo sostenibile. La cooperazione allo sviluppo incoraggia l’innovazione e crea prospettive professionali per le giovani generazioni.
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Nell’ambito della cooperazione allo sviluppo nell’Africa subsahariana, l’accento è posto sull’accesso delle popolazioni svantaggiate alle prestazioni sociali di base (servizi sanitari, istruzione), alle infrastrutture (acqua), all’occupazione e al reddito, come anche a una crescita sostenibile.

L’Aiuto umanitario svolge programmi nella regione del Corno d’Africa, del Sahel, dell’Africa centrale e di quella meridionale. È attivo in vari ambiti, come il rafforzamento della resilienza di fronte agli effetti della siccità, la protezione della popolazione civile nei conflitti armati, la sicurezza alimentare, l’accesso alle risorse idriche e agli impianti igienico-sanitari.

Nel Nord Africa la Svizzera si adopera per rendere la regione più inclusiva, prospera e pacifica.
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Attraverso l’aiuto alla transizione a favore dei Paesi dell’Asia centrale, la Svizzera sostiene la gestione delle risorse idriche a livello regionale e nazionale, lo sviluppo del settore privato e le riforme del settore pubblico e del sistema sanitario.

Le attività della DSC nel Sud-Est asiatico si concentrano su Paesi e regioni che attestano tuttora un indice di povertà multidimensionale molto elevato, per esempio in termini di reddito, sicurezza e accesso limitato ai servizi di base.

La cooperazione allo sviluppo economico della SECO sostiene il Vietnam nel suo tentativo di realizzare una crescita sostenibile grazie a un mercato solido. Le attività in Indonesia contribuiscono ad affrontare le sfide riguardanti lo sviluppo sostenibile e a rendere l’economia del Paese più competitiva, resiliente, equa ed efficiente in termini di utilizzo delle risorse.
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In America latina la DSC è attiva soprattutto ad Haiti, in Colombia e in Venezuela. In questa regione pone l’accento sull’aiuto umanitario, sulla protezione della popolazione civile e sul rafforzamento della resilienza a fronte dei cambiamenti climatici.

In Perù, la SECO sostiene principalmente lo sviluppo delle strutture economiche, la competitività del settore privato e l’accesso ai servizi pubblici. In Colombia, dove alcune parti del Paese sono ancora sotto il giogo dei gruppi armati e della criminalità organizzata, crea invece opportunità economiche e contribuisce così a una pace duratura.
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Nel 2024 i contributi degli Stati membri del Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS) destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) si sono attestati a 212 miliardi di dollari. La Svizzera è all’ottavo posto nella classifica che confronta l’APS dei Paesi membri del CAS in percentuale rispetto al loro reddito nazionale lordo (RNL). Quattro Paesi (Danimarca, Lussemburgo, Norvegia e Svezia) hanno raggiunto l’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite, in base al quale i fondi investiti per l’APS devono corrispondere allo 0,7 per cento dell’RNL.

In termini di volume finanziario assoluto, i principali Paesi donatori sono Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Giappone e Francia. La Svizzera si situa all’11° posto di questa classifica.
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L’aumento delle risorse destinate alla cooperazione internazionale ha permesso di raggiungere nel 2015 e nel 2016 l’obiettivo fissato dal Parlamento di un tasso APS/RNL dello 0,5 per cento. L’APS è poi diminuito a causa dei minori costi di asilo e delle misure di risparmio che hanno interessato i crediti destinati alla cooperazione internazionale.

I mezzi supplementari stanziati per far fronte alla pandemia di COVID-19 e per rispondere alle crisi in Afghanistan, Ucraina e Medio Oriente, combinati con l’aumento dei costi legati all’asilo, hanno determinato un incremento sostenuto dell’APS tra il 2020 e il 2023.

Il calo osservato nel 2024 è dovuto al calo dei costi di asilo contabilizzati nell’APS e alla riduzione dei fondi stanziati a favore della cooperazione internazionale.
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Negli ultimi anni, la cooperazione internazionale attuata dalla DSC e dalla SECO ha rappresentato in media l’80% dell’APS totale. Dal 2022 i contributi si sono ridotti a meno dei due terzi a causa dei costi di asilo.
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L’APS multilaterale, che nel 2024 ha rappresentato il 21 per cento dell’APS totale, comprende i contributi generali versati dalla DSC e da altri uffici federali a organismi di sviluppo internazionali. Le istituzioni finanziarie internazionali (IFI), tra cui l’Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA), sono le principali beneficiarie dell’APS multilaterale, seguite dalle agenzie delle Nazioni Unite e infine da altre organizzazioni internazionali.

I contributi alle organizzazioni non governative internazionali, compreso il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), sono considerati come APS bilaterale (e non multilaterale).
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Il Perù sfrutta enormi giacimenti di rame, in Ghana si estraggono notevoli quantità di petrolio, mentre l’Indonesia punta sui minerali. Molti Paesi in via di sviluppo sono ricchi di materie prime minerali e fossili. Tuttavia, le loro popolazioni spesso non ne beneficiano a sufficienza e questi Paesi non raggiungono il livello di sviluppo auspicato.
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Per prevenire un’appropriazione indebita dei fondi, è necessario garantire trasparenza, conoscere i responsabili delle imprese che estraggono le materie prime e capire dove vanno a finire i ricavi.
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La Extractive Industries Transparency Initiative (EITI), ha creato uno standard internazionale che obbliga le aziende e i Paesi interessati a comunicare questo tipo di informazioni. Ciò rafforza lo Stato di diritto, complica l’instaurarsi della corruzione e garantisce un clima più favorevole agli investimenti.
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Finora hanno aderito all’iniziativa 51 Paesi che estraggono materie prime, pubblicano già i loro flussi di pagamento o sono intenzionati a farlo. Nel 2024, ad esempio, l’Indonesia ha pubblicato informazioni sulle licenze concesse alle aziende attive in questo ambito, sulla quantità di materie prime estratte e sui relativi ricavi. Il Paese ha anche reso nota la percentuale di entrate impiegata in programmi sociali e ambientali, nei settori della sanità e della formazione o nelle infrastrutture dei servizi pubblici.
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All’interno dell’EITI sono rappresentate anche le imprese che estraggono e/o commerciano materie prime, le organizzazioni della società civile e i Paesi sostenitori, tra cui la Svizzera che, nel 2024, ha rappresentato il gruppo di voto dei Paesi sostenitori in seno al Consiglio di vigilanza dell’EITI. Sebbene non disponga di notevoli giacimenti di materie prime, il nostro Paese è comunque sede di alcune delle maggiori società dell’industria estrattiva a livello mondiale e del relativo mercato. Anche la Svizzera è quindi responsabile dell’equa ripartizione del benessere generato dalle materie prime. 

Ulteriori informazioni:
EITI Progress Report 2024 (PDF) (en) 

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Di fronte a una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, la Svizzera combina aiuti umanitari, invio di esperti e buoni uffici.
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Dall'inizio degli scontri, nell'aprile 2023, tra le forze armate sudanesi e le Forze di sostegno rapido, il Sudan è precipitato in una crisi umanitaria drammatica:

  • Oltre 15 milioni di sfollati, di cui 3,9 milioni rifugiati nei Paesi vicini, in particolare Ciad, Sud Sudan ed Egitto.
  • Quasi 25 milioni di persone (il 50% della popolazione) soffrono di grave insicurezza alimentare, con focolai di carestia in diverse regioni.
  • 30 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria.

A questa emergenza si aggiungono l’epidemia di colera, che continua a diffondersi, e le violenze sessuali su larga scala perpetrate contro donne e ragazze.
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La cooperazione svizzera ha rapidamente mobilitato risorse finanziarie e umane per sostenere la popolazione civile, con particolare attenzione a donne e a bambini, sia in Sudan che nei Paesi limitrofi. Dall’aprile 2023, la Svizzera ha stanziato 128 milioni di franchi, destinati al CICR, alle organizzazioni delle Nazioni Unite e le ONG internazionali. Di questi, 24 milioni di franchi saranno erogati nel 2025 (17 milioni per il Sudan, 7 milioni per i Paesi vicini).
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Esperti del Corpo svizzero di aiuto umanitario sono stati inviati nei settori dell'acqua, dei servizi igienico-sanitari, della protezione e della salute, a sostegno di organizzazioni partner quali OCHA, UNHCR, OMS, OIM, WPF, Medici senza frontiere e Mercy Corps.
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Nel luglio 2024, Patricia Danzi, direttrice della DSC, si è recata in Sudan per incontrare i partner della Svizzera e dialogare con la popolazione e gli attori sul campo, al fine di ottenere un quadro chiaro della situazione. Da novembre 2024 le attività operative sono coordinate dall’Ambasciata svizzera al Cairo, per garantire un monitoraggio più ravvicinato e una risposta più rapida all’evoluzione della situazione sul campo.
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Sul piano diplomatico, la Svizzera mette a disposizione i suoi buoni uffici per promuovere il dialogo tra le parti. Ad esempio, nell'agosto 2024, ha ospitato, su iniziativa degli Stati Uniti, una conferenza di pace che ha portato alla creazione della coalizione diplomatica ALPS (Aligned for Advancing Life Saving and Peace in Sudan).

Sono stati ottenuti risultati concreti:
  • L'apertura di corridoi umanitari dal Ciad.
  • L'autorizzazione di voli umanitari.
  • L'adozione di misure rafforzate per la protezione dei civili.
Ulteriori informazioni DSC:
Sudan
A due anni dall’inizio della crisi in Sudan, un supporto è più che mai fondamentale  
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Proteggere la salute di madri e di bambini e combattere le epidemie è una priorità della Svizzera nella regione del Kivu, resa vulnerabile dai conflitti ricorrenti.
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La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è uno dei Paesi più pericolosi al mondo per partorire. Secondo l'UNICEF, ogni ora, tre donne muoiono nella RDC per cause legate alla gravidanza o a complicazioni durante il parto. Inoltre, il Paese è regolarmente colpito da epidemie. Il sistema sanitario è carente: le infrastrutture sanitarie sono inadeguate e insufficienti, l'accesso alle cure è limitato e manca il personale qualificato.
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Per affrontare queste sfide, nel novembre 2024 la Svizzera ha lanciato un nuovo progetto volto a ridurre il tasso di mortalità materna e infantile (bambini sotto i cinque anni) e a contrastare le epidemie. Finanziato con 11,9 milioni di franchi, il programma dovrebbe raggiungere oltre 8 milioni di persone.
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L’iniziativa mira a migliorare i servizi sanitari per madri e bambini, garantendo anche la disponibilità di farmaci essenziali. Per far fronte alla carenza di personale qualificato, il progetto prevede una componente specifica per la formazione degli operatori sanitari, in particolare delle ostetriche.
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Oltre alla salute materna e infantile, il progetto ha anche l’obiettivo di rafforzare la prevenzione il monitoraggio delle epidemie.

La RDC è colpita ricorrentemente da epidemie di colera, di morbillo, di malaria e di Ebola. Tra gennaio 2024 e marzo 2025, il Paese ha registrato oltre 18.000 casi confermati di Mpox e più di 1.700 decessi, risultando il più colpito al mondo da questo virus. Grazie al progetto, la Svizzera sostiene gli sforzi di contenimento attraverso il rafforzamento della sorveglianza sanitaria, la promozione di comportamenti preventivi e la distribuzione di kit medici.
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La RDC è uno dei cinque Paesi più poveri al mondo. L'impegno della Svizzera si concentra nella parte orientale del Paese, in particolare nelle province del Nord e del Sud Kivu, dove i conflitti armati si sono intensificati dal gennaio 2025, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria e costringendo migliaia di persone alla fuga. Per rispondere all’emergenza, la Svizzera ha stanziato 3 milioni di franchi nel febbraio 2025 e altri 2 milioni nel maggio dello stesso anno.

Ulteriori informazioni:
Il portale del Governo svizzero: La Svizzera lancia un progetto per ridurre la mortalità materna e infantile nella Repubblica Democratica del Congo

Sito web del DFAE: Crisi umanitaria nella Repubblica Democratica del Congo: la Svizzera stanzia tre milioni di franchi



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Nel 2024 la Svizzera ha fornito un aiuto umanitario esteso in Medio Oriente, impegnandosi a favore del rispetto del diritto internazionale, della protezione della popolazione civile e dell’accesso agli aiuti vitali.
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Come stabilito dal Parlamento, i contributi umanitari destinati al Medio Oriente per il 2024, pari a circa 79 milioni di franchi, sono stati erogati in più tranche:

  • 69 milioni di franchi in due tranche a favore di organizzazioni svizzere, del CICR, di organizzazioni dell’ONU, di ONG internazionali e, in alcuni casi, locali.
  • 10 milioni di franchi destinati all’appello umanitario dell’UNRWA per far fronte alle necessità più urgenti nella Striscia di Gaza.

La Svizzera ha inoltre stanziato 1 milione di franchi per la campagna di vaccinazione dell’ONU contro la poliomielite nella Striscia di Gaza e 7 milioni di franchi per aiuti umanitari in Libano e in Siria.

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L’8 dicembre 2024, il governo siriano guidato da Bashar al-Assad è stato rovesciato da una coalizione armata guidata dall’organizzazione Hayat Tahrir al-Sham. Nonostante questo importante cambiamento, la situazione umanitaria rimane disastrosa e i bisogni della popolazione siriana sono enormi. Dopo 13 anni di conflitto, la Siria resta frammentata e profondamente segnata dalle conseguenze della guerra civile.

Nel 2024 la Svizzera ha continuato a rispondere alla crisi siriana grazie alla propria presenza in Giordania, Turchia e Libano, nonché tramite il suo ufficio umanitario a Damasco.
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La DSC ha fornito aiuti in Siria anche nel contesto della crisi libanese, in particolare in collaborazione con l’UNHCR, l’OCHA e il Movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, tramite la Croce Rossa Svizzera.

L’ufficio umanitario di Damasco ha proseguito le sue attività. La DSC ha avviato un programma di early recovery in collaborazione con un consorzio composto da quattro ONG internazionali e cinque organizzazioni dell’ONU. Il programma risponde ai bisogni della popolazione siriana in termini di reddito, mezzi di sussistenza, alloggi, acqua, servizi igienico-sanitari e igiene.
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Nel settembre 2024, il conflitto tra Hezbollah e Israele ha provocato lo sfollamento di 870.000 persone in Libano. A causa dei nuovi sfollamenti e della distruzione delle infrastrutture, l’accesso all’acqua potabile è diventato una sfida cruciale. Da diversi anni la DSC conduce sul posto un progetto volto a garantire una gestione efficiente delle risorse idriche. In risposta alla nuova crisi, la DSC ha installato cinque moduli per la distribuzione di acqua potabile con il supporto di membri del Corpo svizzero di aiuto umanitario. Ha inoltre collaborato con l’ONG Oxfam per l’installazione di dieci serbatoi da 95.000 litri ciascuno.
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Nel 2024 la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza è risultata disastrosa e continua a peggiorare. La popolazione civile soffre per la distruzione massiccia delle infrastrutture fondamentali e per l’accesso fortemente limitato agli aiuti essenziali. Circa il 90% della popolazione è stato sfollato all’interno del proprio Paese. Il rischio di carestia resta elevato. Parallelamente, anche in Cisgiordania si registra un netto aumento delle operazioni militari, delle violenze da parte dei coloni e delle distruzioni.
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Di fronte a questa situazione, la Svizzera continua a sostenere un accesso umanitario senza ostacoli, la liberazione immediata e incondizionata di tutti gli ostaggi e un cessate il fuoco duraturo. Un’altra priorità è il rigoroso rispetto del diritto internazionale, anche in Cisgiordania, dove la violenza è in aumento e gli insediamenti illegali rappresentano un serio ostacolo alla pace. La Svizzera sostiene una soluzione negoziata tra le parti, conforme al diritto internazionale, per garantire la pace e la stabilità in Medio Oriente.

Ulteriori informazioni:
Sito web della DSC: Situazione in Medio Oriente

Sito web della DSC: Territorio palestinese occupato e Medio Oriente


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Nell’estate del 2024 gli attori del settore svizzero del caffè, ossia aziende, settore pubblico, ricerca e società civile hanno fondato la piattaforma svizzera per il caffè sostenibile (Schweizer Plattform für nachhaltigen Kaffee), iniziativa che punta a migliorare la sostenibilità nella catena del valore del caffè.
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Il caffè è uno dei prodotti agricoli più importanti al mondo e rappresenta una fonte di sostentamento per circa 100 milioni di persone, in particolare in America Latina, Africa e Sud-Est asiatico.
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Con una quota di oltre il 50% del commercio mondiale di caffè, la Svizzera rappresenta la più grande piazza di scambio di caffè al mondo nonché uno dei maggiori esportatori di caffè tostato. Eventuali cambiamenti positivi in Svizzera hanno quindi un impatto che supera i confini nazionali.
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L’obiettivo dei membri della piattaforma è quello di contribuire a migliorare le condizioni delle zone di coltivazione da tre punti di vista:
  • economico: le famiglie di contadini devono percepire un salario sufficiente a garantire il loro sostentamento;  
  • sociale: il settore del caffè deve garantire ai produttori condizioni di lavoro eque, accesso alla formazione e all’assistenza sanitaria ed evitare qualsiasi violazione dei diritti umani;
  • ecologico: il settore del caffè deve salvaguardare le foreste oppure procedere a un rimboschimento e generare un saldo netto delle emissioni pari a zero.
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Per raggiungere i suoi obiettivi, la piattaforma promuove il dialogo e la collaborazione tra tutte le parti interessate. In una catena del valore tradizionale, i coltivatori piantano gli alberi di caffè, ne raccolgono i frutti e, in alcuni casi, eseguono le prime fasi di lavorazione.
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Una volta che il caffè verde è stato essiccato e decorticato, i commercianti e gli esportatori si occupano di esportarlo nei mercati internazionali. Gli importatori sono invece responsabili del trasporto agli impianti di torrefazione. È in questa fase che nascono le miscele, i chicchi vengono tostati e macinati e si confeziona il caffè. Infine, i distributori e i commercianti al dettaglio consegnano il caffè pronto all’uso ai consumatori che potranno trovarlo al bar, nei ristoranti, nei supermercati e in tutta la catena della vendita al dettaglio.

Ulteriori informazioni:
Sito web: Swiss Sustainable Coffee Platform
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La salute mentale nei contesti di conflitto non riceve l’attenzione che meriterebbe, nonostante sia un elemento essenziale per una pace duratura.
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Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), una persona su cinque che ha vissuto una guerra o un altro conflitto nell’ultimo decennio soffre di depressione, ansia, disturbi post-traumatici da stress, disturbo bipolare o schizofrenia. La Svizzera è uno dei pochi Paesi a sostenere progetti nel campo della salute mentale in contesti di conflitto.
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Nel 2018 è stato avviato in Ucraina il progetto svizzero-ucraino «Mental Health for Ukraine», volto a sostenere la riforma dell'assistenza psichiatrica in Ucraina e la creazione di centri regionali per la salute mentale. Il progetto si svolge in stretta collaborazione con le autorità ucraine, l’Università Cattolica Ucraina e esperti svizzeri di salute mentale della Clinica psichiatrica universitaria di Zurigo e dell’Università di Zurigo.
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«In Ucraina dovremo ricostruire non solo le infrastrutture e le città, ma anche la nostra salute interiore e le relazioni interpersonali. E quello che stiamo facendo per affrontare le conseguenze della guerra, dello stress e dei traumi è già un passo avanti verso la guarigione e la costruzione della pace», spiega Orest Suvalo.

Orest Suvalo
Psichiatra e responsabile del progetto
Mental Health for Ukraine
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I traumi non trattati, o affrontati in modo inadeguato, rappresentano una delle cause della violenza ricorrente anche in Burundi, un altro contesto fragile. Qui la popolazione vive quasi esclusivamente di agricoltura, e la povertà resta elevata. I conflitti del passato hanno profondamente compromesso la salute mentale di molte persone. I traumi possono alimentare nuova violenza e nuovi conflitti. È quindi fondamentale che le persone affette da disturbo post-traumatico da stress ricevano cure adeguate da parte di specialisti, in strutture appropriate.
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La sensibilizzazione e la prevenzione sono al centro del progetto sostenuto dalla Svizzera in collaborazione con l’ONG partner THARS (Trauma Healing and Reconciliation Services). L’organizzazione svolge attività di informazione nelle comunità, con l’obiettivo di individuare le persone affette da disturbi psichici, garantire loro assistenza e, se necessario, indirizzarle verso specialisti. Promuovendo l’accesso alle cure, la Svizzera contribuisce in modo significativo alla coesione sociale e al consolidamento della pace in Burundi.
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Sia in Burundi che in Ucraina, tuttavia, si registra una grave carenza di personale qualificato nell’ambito della salute mentale e del sostegno psicosociale. Psichiatri e psicologi sono pochi, rendendo difficile garantire un’assistenza adeguata. Uno degli obiettivi chiave del progetto sostenuto dalla Svizzera è proprio il rafforzamento delle competenze nella gestione delle malattie psichiatriche, attraverso corsi di formazione continua rivolti a medici e personale infermieristico.

Ulteriori informazioni:
Sito web della DSC: La salute mentale: una componente della pace spesso trascurata

Sito web della DSC: Salute mentale, pilastro fondamentale di una pace duratura
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Oggi l'Honduras esporta sei volte più cacao rispetto a dieci anni fa. La Svizzera ha sostenuto la ristrutturazione del settore del cacao attraverso il programma PROCACAHO.
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L'uragano Mitch (1998) ha devastato le zone di coltivazione del cacao, causando gravi danni alle infrastrutture agricole. Con il sostegno della comunità internazionale e di programmi governativi, le piantagioni di cacao sono state ricostruite negli anni successivi. Grazie anche al sostegno svizzero all'iniziativa pubblico-privata PROCACAHO, che opera lungo la filiera del cacao, il settore si è ripreso, producendo oggi quantità maggiori di cacao di qualità superiore e affermandosi sui mercati internazionali di fascia alta.
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Il programma PROCACAHO ha avuto un ruolo determinante nella rinascita del cacao honduregno.  «Il Comitato Nazionale è stato fondamentale per concentrare gli sforzi e migliorare la governance del settore», spiega Walter Reithebuch, rappresentante della DSC in Honduras. Sempre secondo Reithebuch, «la collaborazione tra produttori, cooperative, governo e imprese private come Halba – uno dei maggiori produttori svizzeri di cioccolato – è stata cruciale».
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Nel corso dei suoi dieci anni di esistenza (2014–2024), PROCACAHO ha conseguito risultati straordinari, dei quali si dà conto in un rapporto:
  • estensione: 1545 ettari di nuova coltivazione e 1230 ettari di precedente coltivazione, per un totale di 2775 ettari;
  • beneficiari: 2245 produttori;
  • produttività: incremento da 130 a 495 chilogrammi a ettaro nelle aree pianeggianti e a 310 chilogrammi a ettaro nelle zone in pendenza;
  • esportazioni: nel 2024 l'Honduras prevede di esportare oltre 2000 tonnellate di cacao.
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La crescita del settore è stata rimarchevole in termini produttivi, ma anche nell’impatto socioeconomico: nel 2023 l'Honduras ha esportato 1600 tonnellate di cacao, a beneficio di oltre 4500 famiglie. «Senza il programma non avremmo potuto ottenere questi progressi», commenta Francisco Lopez, produttore della cooperativa di produttori di cacao San Fernando (Omoa). Le esportazioni verso i mercati svizzero, statunitense e olandese sono state decisive per la crescita. «La qualità del cacao honduregno è conosciuta in tutto il mondo e ci apre molte porte», rimarca ancora Lopez.
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Grazie al boom dell’ultimo decennio, il futuro del settore appare positivo. I produttori sono pronti a cogliere le opportunità offerte dai prezzi elevati sui mercati mondiali e dalla crescente domanda di cacao di alta qualità. «È un momento unico», afferma un rappresentante della cooperativa San Fernando, che precisa: «Stiamo stabilendo nuovi record di produzione ed esportazione e crediamo nel futuro del settore».
Restano alcune sfide, come i fenomeni climatici e le infrastrutture. «Per mantenere la crescita è fondamentale continuare a investire nel settore», conclude Melvin Fajardo.
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«La qualità del cacao honduregno è migliorata in maniera significativa», osserva Luis Regalado, direttore di Halba. Anche le infrastrutture sono state potenziate. «Disporre di infrastrutture adeguate è stato decisivo per assicurare la qualità del cacao», aggiunge Regalado. L'inclusione è stata un pilastro del programma: il 42% dei ruoli dirigenziali è occupato da donne e 450 giovani sono stati sostenuti in progetti imprenditoriali. «La partecipazione delle donne e dei giovani è essenziale per la sostenibilità del settore», spiega Mariela García del Ministero dell'agricoltura e dell'allevamento.

Ulteriori informazioni:
Sito web HALBA: Sustainability from cultivation to enjoyment. (en)
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La Svizzera ha rafforzato il suo sostegno di lunga data all'Ucraina sin dall'inizio dell’aggressione militare russa contro l'Ucraina e, nel 2024, ha avviato un nuovo impegno a lungo termine per il futuro del Paese.
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Dagli anni Novanta, l'Ucraina è un Paese prioritario per la cooperazione internazionale della Svizzera. Nell'aprile 2024, il Consiglio federale ha deciso di rafforzare il sostegno all'Ucraina e alla ricostruzione del Paese. Ha previsto un impegno di 5 miliardi di franchi tra il 2025 e il 2036. Il programma per l'Ucraina 2025–2028 segna l'inizio di questa nuova fase e si articola attorno a tre assi prioritari.
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La Svizzera promuove lo sviluppo del settore privato e la ricostruzione delle infrastrutture urbane danneggiate dalla guerra.

Ad esempio, ha contribuito alla modernizzazione della rete di teleriscaldamento nella città di Zhytomyr. Una nuova centrale termica alimentata a cippato di legno sostituisce le vecchie caldaie a gas.

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La Svizzera sostiene le autorità ucraine nell’approvvigionamento di base e nella partecipazione delle autorità locali e regionali alla ricostruzione. A tal fine, il Consiglio federale ha stanziato un totale di 58,7 milioni di franchi per il programma «E-Governance for Accountability and Participation», avviato nel 2015 e prorogato fino al 2028. Un punto centrale è la digitalizzazione della pubblica amministrazione, ad esempio tramite l’app «Diia», che consente a oltre 20 milioni di persone di accedere ai servizi statali. Le autorità ucraine hanno presentato il progetto il 29 maggio 2024 a Zurigo.
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La Svizzera si impegna a favore della protezione e della sicurezza della popolazione ucraina, fornendo aiuti d’emergenza, sminando il territorio, cercando e identificando le persone disperse, documentando e perseguendo le violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani. Per far fronte all’inverno appena trascorso, ad esempio, un pacchetto di aiuti ha contribuito a ripristinare le infrastrutture energetiche, risanare gli alloggi danneggiati e soddisfare le esigenze umanitarie più urgenti.
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Il settore privato svizzero è chiamato a svolgere un ruolo centrale nella ricostruzione dell’Ucraina. Per questo motivo, sono stati stanziati circa 500 milioni di franchi per misure volte a integrare maggiormente le imprese svizzere nel processo di ricostruzione. Queste imprese apportano competenze specialistiche e prodotti di alta qualità di cui l’Ucraina può beneficiare.

Ulteriori informazioni:
Sito web del DFAE: Sostegno della Confederazione alle persone colpite dalla guerra in Ucraina
Sito web del DFAE: Newsticker Ucraina
Sito web della DSC: Ucraina
Sito web: Switzerland+Ukraine (en)

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In Ucraina, le piccole e medie imprese (PMI) rappresentano il pilastro dell’economia e creano ben tre posti di lavoro su quattro. Tuttavia, a causa della guerra, molte aziende sono alle prese con diversi problemi: infrastrutture distrutte, catene di approvvigionamento interrotte e mancanza di competitività.
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Le associazioni di imprese rafforzano la posizione delle PMI. La Svizzera si impegna pertanto in un progetto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, che sostiene le associazioni di imprese ucraine nella creazione di migliori condizioni economiche per le PMI. Il loro compito è quello di affiancare le imprese in un processo di apprendimento reciproco e di ulteriore sviluppo e di rappresentarle nel dialogo con il governo.
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Tre esempi

A seguito della guerra, per le PMI ucraine è fondamentale poter esportare i propri prodotti. Tuttavia, per le singole imprese diventa quasi impossibile farsi spazio nei mercati esteri. Il progetto di sviluppo delle Nazioni Unite sta quindi aiutando, ad esempio, l’Associazione ucraina dei produttori di mobili a concentrarsi strategicamente sulle esportazioni. L’associazione ha creato, e reso visibile a livello mondiale, il marchio Furniture of Ukraine. Inoltre, forma e assiste i suoi membri, organizza partecipazioni a fiere all’estero e suggerisce come posizionarsi sui mercati europei. Per i produttori di mobili ucraini, il risultato finora è stato di oltre 50 nuovi contratti di esportazione, tra cui quelli con IKEA e XXXLutz.
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La piattaforma Women in Business rafforza le aziende gestite da donne. Nel mondo degli affari ucraino, le donne imprenditrici hanno assunto un ruolo importante, soprattutto a seguito della guerra.
Tuttavia, le disuguaglianze ancora impediscono loro di partecipare alla vita aziendale su un piano di parità. Women in Business mette a disposizione delle imprenditrici inesperte alcuni mentori per assisterle, formarle e aiutarle a costruire una propria rete di sostegno.
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La Rural Green Tourism Association ha introdotto alcuni standard per garantire un turismo sostenibile anche in periodi di guerra, un’offerta turistica di qualità e un supporto psicologico per i turisti e per chi li ospita. Quarantadue aziende turistiche ucraine li hanno già adottati.

Ulteriori informazioni SECO:
Ucraina (en)
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Nel 2024 la DSC ha concluso i suoi programmi bilaterali di cooperazione allo sviluppo in America Latina e nei Caraibi, aprendo una nuova fase della collaborazione.
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Negli ultimi 60 anni, la Svizzera ha contribuito in modo significativo alla cooperazione allo sviluppo nella regione. Entro la fine del 2024, la DSC si è ritirata gradualmente dalla cooperazione bilaterale allo sviluppo in America Latina e nei Caraibi.
Uno sguardo al passato:
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Cuba

Dal 2000 la Svizzera ha collaborato con Cuba. Sono stati sviluppati nuovi approcci nella governance locale e nello sviluppo rurale, che sono stati integrati anche nella legislazione nazionale. La Costituzione cubana del 2019 ha riconosciuto per la prima volta l’autonomia comunale, il ruolo degli attori della società civile e la partecipazione diretta della popolazione. Sono stati inoltre rafforzati la produzione alimentare locale e la creazione di organizzazioni nel settore privato, una novità assoluta per il Paese.
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Haiti

Dopo la crisi politica del 2004 e i gravi pericoli naturali del 2005, la Svizzera ha avviato un programma umanitario in Haiti. Negli anni successivi il Paese è stato colpito più volte da pericoli naturali. La Suisse ha quindi sostenuto la costruzione di scuole antisismiche, rifugi d’emergenza e abitazioni. Insieme a partner locali, ha sviluppato tecniche edilizie, formazioni e standard oggi inclusi nelle norme edilizie haitiane. Le banche di sviluppo internazionali si ispirano ormai a questi modelli svizzeri per finanziare progetti di infrastrutture sociali nel Paese.
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Bolivia

A partire dagli anni ’80, la Svizzera ha promosso la partecipazione locale. Attraverso programmi di decentramento e partecipazione cittadina, sono stati coinvolti maggiormente nei processi politici i gruppi svantaggiati, in particolare le comunità indigene, un contributo importante alla democrazia in una società segnata dalle disuguaglianze. Negli ultimi vent’anni, l’accento è stato posto anche sulla promozione dell’agricoltura e della sicurezza del reddito per i piccoli agricoltori, nonché sull’aumento della resilienza al cambiamento climatico e sul miglioramento della governance. 
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Nicaragua

In Nicaragua, il sostegno svizzero nel settore dell’acqua e delle acque reflue ha migliorato significativamente le condizioni di vita. Negli ultimi vent’anni, l’accento è stato posto sull’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici e sulla protezione contro i disastri naturali legati al clima. Particolarmente efficace è stato l’approccio che ha previsto la progettazione e realizzazione dei progetti insieme alle comunità locali. Donne e giovani hanno svolto un ruolo centrale, la cui partecipazione attiva è stata decisiva per garantire la sostenibilità dei progetti.
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Honduras

Dal 1981 la Svizzera è stata attiva in Honduras. In collaborazione con le autorità locali e partner privati, ha sostenuto la coltivazione e commercializzazione di cacao, caffè e gamberi. Tra il 2013 e il 2017, ciò ha portato alla creazione di circa 30.000 nuovi posti di lavoro. In particolare, il settore del cacao ha registrato una crescita significativa: il cioccolato equo e solidale prodotto ha trovato un mercato e oggi si trova anche sugli scaffali dei supermercati svizzeri. La cooperazione allo sviluppo svizzera ha inoltre dato impulso alla promozione del buongoverno.
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Perù

Dal 1997 la Svizzera ha sostenuto in Perù progetti per l’approvvigionamento idrico e i servizi igienico-sanitari nelle regioni montuose isolate. Oltre alla costruzione di infrastrutture, la Svizzera ha puntato sulla partecipazione della popolazione locale, rafforzando l’autonomia delle comunità coinvolte nella gestione dei sistemi idrici. Fino al 2019, circa due milioni di persone hanno beneficiato direttamente dei programmi. Le competenze acquisite sono state condivise anche con altri Paesi dell’America Latina – e in futuro potranno essere utili anche in Africa e in Asia.
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Conflitti e crisi in vari Paesi, rischi climatici e ambientali, disuguaglianze sociali: i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi devono affrontare numerose sfide. In futuro, la Svizzera continuerà a impegnarsi per contribuire allo sviluppo della regione attraverso misure economiche, dialoghi politici, cooperazione con enti multilaterali, promozione dei diritti umani, della democrazia e della pace, aiuti umanitari e tematiche in cui la Svizzera può apportare un valore aggiunto con la sua esperienza, ad esempio in materia di cambiamento climatico, gestione dell’acqua e prevenzione delle catastrofi.

Ulteriori informazioni:
Sito della DSC: 60 anni di collaborazione all’insegna del successo 
Sito della DSC: Latin America and the Caribbean (en)



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Nel 2024, la Confederazione ha ulteriormente rafforzato il proprio impegno per lo sminamento umanitario. Le mine e i residuati bellici esplosivi continuano a uccidere e ferire circa 5'000 persone ogni anno.
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Anche dopo la fine dei conflitti, questi ordigni hanno effetti devastanti: impediscono il ritorno delle popolazioni, rendono i campi incolti e ostacolano la ricostruzione. La Svizzera è attiva nello sminamento umanitario da oltre 30 anni e nel 2024 ha rafforzato il suo impegno, stanziando circa 43,8 milioni di franchi: è tra i dieci maggiori donatori a livello mondiale.
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Lo sminamento umanitario mira a ridurre i pericoli per consentire alle persone colpite di vivere di nuovo in sicurezza. I suoi pilastri fondamentali sono:
  • prevenzione attraverso l’informazione sui rischi;
  • bonifica di mine antipersona e altri residuati esplosivi;
  • assistenza alle vittime, inclusi riabilitazione e reinserimento;
  • sensibilizzazione per la messa al bando di mine e munizioni a grappolo.
Nel 2024, la Svizzera ha sostenuto 11 Paesi, finanziando progetti e inviando 14 esperti in 6 regioni.
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Sempre nel 2024, la direttrice della DSC Patricia Danzi ha partecipato, insieme ad altri leader politici, al vertice di Siem Reap-Angkor in Cambogia per ribadire l’impegno della Svizzera a favore di un mondo libero dalle mine antiuomo. La Cambogia è uno dei Paesi più colpiti dalle mine: trent’anni di guerra e conflitti hanno disseminato tra i 3 e i 4 milioni di mine, munizioni a grappolo e altri residuati bellici esplosivi, che ancora oggi causano vittime e ostacolano lo sviluppo del Paese.
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Grazie allo sminamento umanitario, intere regioni della Cambogia sono tornate sicure e abitabili. Questo consente ai contadini di tornare a coltivare le proprie terre. Il contributo svizzero ha permesso finora di individuare e distruggere:
  • 10.300 mine antipersona
  • 160 mine anticarro
  • 8.200 altri residuati bellici esplosivi.
Grazie a questi interventi, 1,5 milioni di persone hanno riacquistato accesso alla terra e all’acqua, aprendo nuove prospettive economiche.
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Nel 2024 la Confederazione ha posto un accento particolare sullo sminamento umanitario in Ucraina. Circa 139.000 km² del territorio ucraino, pari a 3,5 volte la superficie della Svizzera, sono potenzialmente contaminati da mine e altri ordigni bellici, ma si è già registrata una riduzione di 35.000 km² in meno di due anni grazie al lavoro degli sminatori. Nel 2023 il Consiglio federale ha approvato un pacchetto di 100 milioni di franchi su quattro anni. Nel 2024, i Dipartimenti DFAE e DDPS hanno avviato l’attuazione del pacchetto e lanciato nuovi progetti con varie organizzazioni partner.
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Sempre nel 2024 si è tenuta a Losanna la Conferenza sull’azione contro le mine in Ucraina (UMAC2024). Con l’UMAC2024, la Confederazione, insieme all’Ucraina, ha organizzato un incontro ad alto livello per discutere l’importanza cruciale dello sminamento per la ricostruzione sociale ed economica del Paese. Durante la conferenza è stato adottato il «Lausanne Call for Action», che invita gli Stati a intraprendere misure concrete in materia di sminamento umanitario.

Ulteriori informazioni:
Sito web del DFAE: Impegno della Svizzera per lo sminamento umanitario 2024
Sito web del DFAE: Rimuovere le mine per spianare la strada allo sviluppo
Sito web del DFAE: Ukraine Mine Action Conference UMAC2024 (en)


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Per oltre vent’anni, la DSC ha contribuito attivamente allo sviluppo della Mongolia nei settori della protezione ambientale, dell’istruzione e della partecipazione democratica.
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«Dzud» è il nome di un fenomeno meteorologico estremo che in Mongolia provoca un brusco calo delle temperature fino a -50 °C, con conseguenze drammatiche per persone e animali. Quando il Paese fu colpito da tre «Dzud» consecutivi tra il 1999 e il 2002, milioni di animali da allevamento morirono e migliaia di famiglie di pastori persero i loro mezzi di sussistenza: un duro colpo per un’economia basata in gran parte sull’allevamento nomade. La DSC intervenne rapidamente con aiuti d’emergenza.
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Per rafforzare la resilienza del Paese nel lungo periodo, la Svizzera ha continuato il suo impegno anche dopo la fase di emergenza, ad esempio con il progetto «Green Gold». Il nome si riferisce ai pascoli, fondamentali per l’allevamento nomade e minacciati da un eccessivo sfruttamento. In collaborazione con 92'000 famiglie nomadi, autorità locali e altri partner, la Svizzera ha sviluppato piani di pascolo sostenibili per un’area grande circa cinque volte la Svizzera. Formazioni in gestione dei pascoli hanno permesso a molte famiglie di garantirsi un reddito e di affrontare meglio le crisi.
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Per migliorare l’alimentazione della popolazione e ridurre la dipendenza dalle importazioni, la Svizzera ha sostenuto famiglie contadine nella coltivazione di ortaggi resistenti al clima rigido, come patate adattate al freddo e varietà speciali di cavoli, cipolle e carote. I risultati sono stati significativi: oggi la Mongolia è completamente autosufficiente per quanto riguarda le patate e copre fino all’80% del fabbisogno nazionale di altri ortaggi, riducendo così la dipendenza da Cina e Russia.
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Per offrire ai giovani migliori prospettive professionali, la DSC ha sostenuto il governo mongolo nell’introduzione di un sistema di formazione professionale duale, ispirato al modello svizzero. Oltre 20'000 giovani hanno ricevuto una formazione pratica che ha migliorato sensibilmente le loro opportunità nel mercato del lavoro.
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A Ulan Bator, capitale del Paese, la Svizzera ha contribuito alla riduzione dell’inquinamento atmosferico migliorando l’isolamento termico delle abitazioni e conducendo campagne di sensibilizzazione. Ciò ha portato a un miglioramento documentato della salute di bambini e anziani.
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La Svizzera ha accompagnato la Mongolia nel passaggio da un’economia pianificata a un’economia sociale di mercato. Si è impegnata a favore della democrazia, dei diritti umani, della parità di genere e della partecipazione civica, promuovendo l’accesso a servizi pubblici trasparenti ed efficienti. Anche la riforma della Corte costituzionale ha visto la partecipazione svizzera, con una stretta collaborazione tra istituzioni mongole e servizi parlamentari svizzeri.
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La conclusione della cooperazione bilaterale con la Mongolia nel 2024 non rappresenta un disimpegno, bensì un passaggio verso nuove forme di partenariato. Per consolidare i risultati ottenuti, i progetti sono stati affidati con anticipo alle istituzioni mongole, mentre le organizzazioni partner svizzere continuano a operare nel Paese. Questo approccio rafforza la responsabilità locale e promuove soluzioni sostenibili. La Svizzera resta legata alla Mongolia attraverso programmi internazionali e iniziative tematiche, come partner affidabile e alla pari. 

Ulteriori informazioni
Sito web del DFAE: Best Practices from Mongolia (en)

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Grazie al progetto VEGI, la Mongolia ha introdotto nuove varietà di ortaggi, aumentato la produzione e ridotto le importazioni. Oggi il Paese è ampiamente indipendente nel settore agricolo. Il progetto VEGI ha migliorato in modo duraturo non solo l’alimentazione delle famiglie, ma anche il loro reddito.
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In Mongolia il clima è rigido, cosicché è possibile coltivare verdure solo per quattro mesi all’anno. È anche per questo motivo che il Paese aveva interrotto la produzione di ortaggi durante il regime socialista, che prevedeva un’economia pianificata. «Dopo il crollo dell’URSS, la Mongolia dipendeva totalmente dalle importazioni dall’estero», spiega Stephanie Burri, capo dell’Ufficio di cooperazione della DSC nel Paese. Dal 2004, la DSC ha aiutato la Mongolia a selezionare varietà di patate adatte al clima locale. Oggi il Paese copre da solo il proprio fabbisogno di patate e, in questo settore, è diventato indipendente dai suoi vicini Russia e Cina.
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Il successo del progetto ha incentivato il Governo mongolo a fare di più. E così, al progetto sulle patate ha fatto seguito quello sulle verdure, incentrato su cipolle, cavoli e carote, che ha permesso di selezionare nuove varietà, formare agricoltrici e agricoltori, mettere a disposizione sementi e ampliare la superficie di produzione. Il bilancio è più che positivo: se 20 anni fa la produzione nazionale copriva il 40 % del fabbisogno di ortaggi della Mongolia, oggi tale quota è salita a quasi l’80 %.
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La riuscita dei progetti attuati è dimostrata anche dal miglioramento della situazione finanziaria delle produttrici e dei produttori: il reddito medio annuo di una famiglia di orticoltori è infatti aumentato di quasi il 14 % tra il 2020 e il 2023. Non solo: anche nelle scuole, soprattutto dell’infanzia, è stata promossa un’alimentazione sana. Inoltre, insieme ad alunni, genitori e insegnanti sono stati creati orti scolastici sotto la guida esperta di personale appositamente formato. Oggi, nell’alimentazione di bambine e bambini, gli ortaggi sono la normalità.
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La stretta collaborazione tra Svizzera e Mongolia, basata sulla fiducia, è stata decisiva per i successi ottenuti. Grazie a tale cooperazione, infatti, è stato possibile modificare la legislazione relativa alle sementi e alle varietà vegetali, suscitando l’interesse del mondo scientifico per lo sviluppo di nuovi ortaggi e promuovendo gli investimenti privati in questo settore.
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La DSC è attiva in Mongolia dal 2001. Quell’anno, un inverno particolarmente rigido aveva causato la morte di 21 milioni di capi di bestiame, privando le allevatrici e gli allevatori della loro fonte di sostentamento. La DSC ha fornito aiuto di emergenza e, negli anni successivi, ha promosso con successo un allevamento e un’agricoltura sostenibili. Inoltre, ha rafforzato il proprio impegno per la democrazia, i diritti umani e l’uguaglianza di genere nel Paese.
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Dopo 20 anni di proficua collaborazione, entro la fine del 2024 la Svizzera concluderà il suo programma di cooperazione bilaterale allo sviluppo in Mongolia, cessando gradualmente e responsabilmente le proprie attività e facendo in modo che i risultati ottenuti possano essere mantenuti. Anche in futuro saranno comunque possibili partenariati e altre forme di sostegno, per esempio in settori quali i cambiamenti climatici, l’aiuto umanitario, lo sviluppo di politiche o il commercio.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: L’«oro verde» della Mongolia: più di una semplice risorsa vitale
Sito web DSC: 20 anni in Mongolia
DSC Podcast Spotify: "Das mongolische Kartoffel-Projekt" (de)


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L’inquinamento atmosferico rappresenta un duplice problema: da un lato, ogni anno 7 milioni di persone perdono la vita in tutto il mondo a causa dell’aria che respirano; dall’altro, gli inquinanti sono i principali responsabili del cambiamento climatico insieme al CO₂. In altre parole, la protezione del clima ha anche benefici per la salute, come dimostra l’esempio della Mongolia.
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La capitale mongola Ulan Bator è una delle metropoli maggiormente colpite dall’inquinamento atmosferico a livello mondiale: «Le sostanze nocive che si respirano quotidianamente in questa città corrispondono a quelle di cinque o sei pacchetti di sigarette», riferisce il portale online nazionale News.mn. In inverno, quando le temperature scendono fino a toccare i -30 °C, gli abitanti della capitale bruciano 600 000 tonnellate di carbone grezzo per riscaldarsi e cucinare.
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Malattie respiratorie e cardiovascolari: in Mongolia, un decesso su tre è riconducibile agli inquinanti atmosferici. Bambini e anziani sono le fasce della popolazione più a rischio. «L’inquinamento atmosferico rappresenta una delle principali minacce per il futuro della Mongolia», afferma Stephanie Burri dell’ufficio della DSC a Ulan Bator. Ecco perché negli ultimi anni la Svizzera ha sostenuto le autorità locali nella lotta contro lo smog. Un impegno che sta dando i suoi frutti: i risultati ottenuti con l’«Impact of Air Pollution on Maternal and Child Health Project», concluso nel 2023, sono impressionanti a più livelli.
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In collaborazione con l’UNICEF, la DSC ha per esempio sostenuto la ristrutturazione di 28 scuole e asili. Grazie ai risanamenti, la temperatura all’interno dei locali è passata da 15 a 22 °C e l’impiego di filtri ha permesso di migliorare notevolmente la qualità dell’aria. Il risultato? Il numero di bambini malati è diminuito del 48 % e le assenze per malattia tra gli insegnanti sono calate del 78 %. L’efficienza energetica degli edifici è invece aumentata del 40 %.
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Nell’ambito dello stesso progetto, la DSC e i suoi partner hanno sviluppato il cosiddetto pacchetto CHIP (Cooking, Heating, and Insulation Products), un’alternativa pratica e conveniente alle stufe a carbone. Il 6 % delle famiglie che risiedono nelle aree urbane della Mongolia può ora fare affidamento su questa tecnologia ecologica, beneficiando di spazi abitativi senza fumo e contribuendo al contempo a proteggere il clima.
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L’inquinamento atmosferico è un enorme problema in tutto il mondo, non solo in Mongolia. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stima che oggi sia all’origine di un decesso su otto, un dato che equivale a sette milioni di persone all’anno. E questo bilancio si limita alle conseguenze per la salute, a cui vanno poi a sommarsi gli effetti sull’economia e sul clima: insieme al CO₂, gli agenti inquinanti come la fuliggine, il metano, gli idrofluorocarburi ecc. sono la principale causa del riscaldamento globale e, nella situazione attuale, contribuiscono per il 50 % al cambiamento climatico.
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La Svizzera condivide la sua esperienza nel campo della protezione dell’aria e da oltre 30 anni affianca i Paesi partner nella lotta all’inquinamento atmosferico. Un’esperienza che mette anche al servizio del dialogo tra Stati affinché la comunità internazionale possa affrontare unitamente le sfide legate ai cambiamenti climatici e all’inquinamento dell’aria.
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L’impegno della DSC spazia dal monitoraggio della qualità dell’aria ai piani d’azione per il miglioramento della stessa, fino all’introduzione di energie alternative nelle imprese. Dall’America latina alla Cina, una delle sue priorità è la protezione dell’aria nel settore della mobilità tramite l’utilizzo di filtri antiparticolato e l’introduzione di norme e standard per le emissioni dei veicoli e la qualità dei carburanti.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Aria respirabile per la Mongolia
Newsletter DSC: Clean air for all (en)

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L’acqua non conosce confini. L’iniziativa svizzera Blue Peace unisce diplomazia idrica e cooperazione allo sviluppo per affrontare sfide comuni legate all’acqua, trasformandola in uno strumento di cooperazione e di pace.
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Blue Peace risponde all’urgente sfida della scarsità d’acqua in molte regioni del mondo, promuovendo stabilità, prevenzione dei conflitti e prosperità tra Paesi che condividono risorse idriche.
L’iniziativa incoraggia il dialogo e la collaborazione tra Paesi, settori e comunità per una gestione equa, efficiente e sostenibile delle risorse idriche condivise, come fiumi, laghi e falde acquifere.

Alla base di Blue Peace c’è la consapevolezza che soluzioni sostenibili richiedono approcci specifici per ogni contesto e una cooperazione che vada oltre il settore idrico.
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A livello globale e regionale, Blue Peace promuove partenariati e ha avviato iniziative in Asia centrale, Medio Oriente e Africa occidentale.

Blue Peace facilita il dialogo politico ad alto livello. Allo stesso tempo, fornisce supporto tecnico, sostiene la ricerca e promuove strumenti digitali per i servizi idrometeorologici. Per migliorare le previsioni sulla disponibilità idrica e la prevenzione dei disastri, l’iniziativa incoraggia lo scambio di dati.
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Blue Peace in Asia centrale

La disponibilità d’acqua in Asia centrale è fondamentale per il benessere e lo sviluppo economico dei 75 milioni di abitanti della regione del bacino del Mare d’Aral, attraversato dai fiumi transfrontalieri Amu Darya e Syr Darya. Nel febbraio 2024, i ministri dell’Energia e delle Risorse idriche di Tagikistan e Uzbekistan hanno inaugurato congiuntamente due stazioni di misurazione sui canali Big Fergana e North Fergana, nell’ambito dell’iniziativa Blue Peace Asia centrale. Queste stazioni sono essenziali, perché – come recita un noto detto – «non si può gestire ciò che non si misura».
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Finanziamento Blue Peace in Africa Occidentale


L’Africa ospita la maggior parte dei bacini e degli acquiferi transfrontalieri. Tuttavia, i cambiamenti climatici stanno causando una grave scarsità d’acqua. Grazie ai finanziamenti di Blue Peace, si stanno sviluppando meccanismi innovativi per sostenere una gestione sostenibile delle risorse idriche.

In collaborazione con l’Organizzazione per la valorizzazione del fiume Gambia, Blue Peace ha sostenuto l’elaborazione del primo piano direttore integrato: una tabella di marcia multisettoriale per la resilienza climatica, la pace e la crescita, che funge da modello per altri bacini.

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Parallelamente, la Svizzera sostiene la Convenzione sull’acqua, il programma BRIDGE e la Coalizione per la cooperazione transfrontaliera in materia di risorse idriche, in collaborazione con il Geneva Water Hub, l’IUCN, l’OSCE, la Banca Mondiale e la CEE-ONU.

Alla Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sull’acqua del 2023, la Svizzera ha sottolineato i vantaggi della cooperazione internazionale nella gestione delle risorse idriche condivise. I suoi impegni politici – in particolare il finanziamento della cooperazione transfrontaliera – hanno fornito un contributo significativo all’agenda globale sull’acqua. Neben Blue Peace unterstützt die Schweiz auch die Wasser-Konvention, das BRIDGE-Programm und die Coalition for Transboundary Water Cooperation und arbeitet mit dem Geneva Water Hub, IUCN, OSZE, Weltbank und UNECE zusammen.

An der UN-Wasserkonferenz 2023 hob die Schweiz die Vorteile der Kooperation über gemeinsame Wasserressourcen hervor. Ihre politischen Bemühungen – insbesondere die Förderung und Finanzierung der grenzüberschreitenden Wasserzusammenarbeit – haben einen wichtigen Beitrag zur globalen Wasseragenda geleistet. 

Ulteriori informazioni:
Sito web della DSC: «Blue Peace previene i conflitti e contribuisce a una maggiore stabilità»   



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Nel 2024, il Parlamento ha approvato la strategia di cooperazione internazionale 2025-2028 e ha fissato un quadro finanziario di 11,12 miliardi di franchi. Allo stesso tempo, ha ridotto il budget per il 2025 di 110 milioni di franchi. Per il periodo 2026-2028, il piano finanziario prevede inoltre ulteriori tagli per 321 milioni di franchi. Sono esclusi dai tagli l’aiuto umanitario, la promozione della pace e il sostegno all’Ucraina.
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Ogni quattro anni il Parlamento discute in merito alla strategia di cooperazione internazionale sulla base di un messaggio presentato dal Consiglio federale. La strategia 2025-2028 prevede, tra l’altro, 1,5 miliardi di franchi per il sostegno all’Ucraina e 1,6 miliardi di franchi per il finanziamento della lotta ai cambiamenti climatici. Il contenuto della strategia era poco controverso e il Parlamento ha apportato solo lievi modifiche.
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I tagli di budget decisi dal Parlamento influenzano la messa in pratica della strategia di cooperazione internazionale 2025–2028. La DSC e la SECO hanno agito in fretta per attuare i tagli in modo efficiente. I tagli riguardano la cooperazione bilaterale, economica e tematica, nonché le organizzazioni multilaterali.

La DSC chiuderà i suoi programmi bilaterali di sviluppo in Albania, Bangladesh e Zambia entro la fine del 2028. Contemporaneamente, apporterà correzioni nei settori dell’istruzione e della sanità e ridurrà i suoi contributi ad alcune organizzazioni delle Nazioni Unite.

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La SECO cesserà il proprio impegno nei settori della gestione delle risorse idriche e della formazione professionale superiore. Ridurrà inoltre le proprie attività in Azerbaigian e si ritirerà da alcuni settori in altri Paesi prioritari (ad es. sostegno macroeconomico, promozione del commercio, infrastrutture). Ridurrà infine i propri progetti nei Paesi che non figurano tra i suoi Paesi prioritari.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Strategia di cooperazione internazionale della Svizzera 2025-2028
Portale del Governo: Cooperazione allo sviluppo: il DFAE e il DEFR attuano le decisioni parlamentari   


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In Mali, i discorsi bellicosi e patriarcali rischiano di mettere a tacere la voce delle donne. Eppure, queste ultime riescono a farsi sentire grazie ai circoli della pace sostenuti dalla Svizzera.
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In tutto il mondo, le donne pagano un prezzo molto alto nei conflitti. Esposte a ogni tipo di violenza e spesso sfollate, vengono frequentemente emarginate, se non del tutto escluse, dai processi di pace, nonostante il loro ruolo fondamentale nel preservare la coesione sociale. In occasione dell’IC Forum Switzerland del 2024 sulla pace, la cooperazione svizzera ha dedicato una tavola rotonda alla regione del Sahel, con particolare attenzione al Mali. In questo Paese segnato da anni di crisi, le donne sono state coinvolte solo marginalmente nelle discussioni che hanno condotto all’accordo di Algeri del 2015.
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Per rispondere a questa esclusione, WILDAF/Mali, un’organizzazione che promuove i diritti delle donne, ha lanciato nel 2015, con il sostegno della Svizzera, il progetto dei circoli della pace. L’obiettivo è rafforzare la partecipazione delle donne ai processi di pace e riconciliazione e permettere loro di far sentire la propria voce. Il progetto si iscrive pienamente nel quadro della risoluzione 1325 delle Nazioni Unite e del Piano d’azione nazionale 1325 del Mali, che mira a garantire il rispetto dei diritti delle donne, la loro protezione dalle violenze e una maggiore inclusione nei processi di pace.
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Cosa sono i circoli della pace? Sono spazi di scambio e riflessione che riuniscono donne provenienti da tutte le regioni del Paese, senza distinzione di classe, origine, religione o appartenenza politica. Offrono un ambiente sicuro dove condividere esperienze legate ai conflitti, esprimere le proprie sofferenze, ma anche confrontarsi sul futuro del Mali. Le storie di vita rappresentano il filo conduttore di questi incontri. Oltre al dialogo, i circoli favoriscono la ricostruzione di legami solidi e rafforzano la solidarietà all’interno delle comunità.
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«Proponiamo esercizi per mostrare che, all’interno di una comunità, siamo tutti interconnessi come i fili di una ragnatela. Quando una persona soffre, tutta la comunità ne risente», Bintou Founé Samaké, direttrice esecutiva di WILDAF/Mali.

I circoli aiutano a elaborare i traumi, a ricostruirsi interiormente, a gestire pacificamente i conflitti e a rafforzare l’autonomia e la resilienza. Contribuiscono anche alla prevenzione della violenza di genere, sensibilizzando le giovani donne sui loro diritti e promuovendo una convivenza pacifica all’interno della famiglia.
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Dalla loro creazione, sono stati organizzati oltre 200 circoli della pace in tutto il Paese, coinvolgendo più di 3000 donne. Con determinazione, queste donne sono riuscite ad affermarsi e a esercitare un’influenza concreta nei processi decisionali, sia a livello locale che nazionale.

«È un grande orgoglio che le donne provenienti dai circoli di pace ricoprano ora cariche all'interno del Consiglio nazionale di transizione».

Bintou Founé Samaké
Directrice esecutiva di WILDAF/Mali ed ex ministra.

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I circoli vanno oltre: donne e giovani elaborano progetti di vita concreti. Queste iniziative, denominate «la pace messa in pratica», contribuiscono alla ripresa dell’economia locale. Sebbene la situazione economica e di sicurezza resti estremamente fragile, soprattutto a causa della fine dell'accordo di pace, i circoli continuano a rappresentare uno strumento fondamentale per incoraggiare le donne a diventare protagoniste attive nella promozione della pace e nella ricostruzione del Paese.

Ulteriori informazioni:
Sito web della DSC: Mali


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L’11 e il 12 aprile 2024, la Svizzera ha posto al centro del 3° 3rd International Cooperation Forum Switzerland (IC Forum), tenutosi a Basilea, l’importanza della pace, discutendo i diversi approcci possibili.
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All’IC Forum si incontrano ogni anno esperte ed esperti provenienti dal mondo della politica, dell’economia, della ricerca, della filantropia e della società civile. Sono rappresentati anche il grande pubblico e, non da ultimo, i giovani. L’obiettivo comune è affrontare le sfide globali ed esaminare approcci e soluzioni diverse per la cooperazione internazionale. Durante vivaci dibattiti, vengono condivise preziose conoscenze. Di seguito una  sintesi delle principali riflessioni emerse sul tema «What is Peace», a cui hanno contribuito oltre 1.500 persone provenienti da più di 100 Paesi.
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La tolleranza verso opinioni diverse favorisce la fiducia

La promozione della comprensione internazionale è una delle priorità della politica estera della Svizzera, che continua a godere di grande fiducia in questo ambito. L’IC Forum ha evidenziato la necessità di adottare un approccio determinato e realistico nei confronti delle zone di conflitto come l’Ucraina, Gaza e il Sudan, nonché dei conflitti che ricevono scarsa attenzione da parte dei media.

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Abbattere i silos

Il Forum ha messo in luce un altro punto di forza della Svizzera: la sua capacità di reagire con flessibilità a situazioni di conflitto altamente instabili, ricorrendo a una serie di strumenti e combinandoli in modo efficace. Tra questi figurano la mediazione, il consolidamento della pace, la cooperazione allo sviluppo ed economica, l’aiuto umanitario e le competenze diplomatiche. La Svizzera potrà raggiungere con maggior successo i propri obiettivi se saprà combinare in modo più coerente questi strumenti di politica estera, allineandoli a tematiche quali ambiente, cambiamenti climatici, sicurezza, diritti umani, migrazione, sistemi alimentari, cultura e consolidamento della pace.
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Costruzione della pace a tutti i livelli

Nonostante le difficili circostanze in Africa occidentale, ad esempio, la Svizzera continua a ottenere risultati sostenendo gli attori locali su un piano di parità, per migliorare le condizioni di vita delle comunità attraverso una combinazione di aiuti umanitari, promozione dello sviluppo e costruzione della pace. Sebbene le sfide a livello nazionale restino significative, la Svizzera contribuisce a migliorare la situazione dei civili, creando prospettive per un futuro migliore e costruendo la fiducia necessaria per negoziare un accordo di pace in una fase successiva.
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La pace è più dell'assenza di guerra

In futuro, si farà sempre più ricorso a meccanismi regionali e nazionali di sicurezza e prevenzione dei conflitti, i quali assumeranno i compiti attualmente svolti dalle missioni  multidimensionali delle Nazioni Unite. È fondamentale che questi meccanismi garantiscano una sicurezza umana su ampia scala, e non solo una sicurezza garantita con mezzi militari. Questo significa non solo assenza di guerra, ma anche creare le condizioni affinché i civili possano sviluppare pienamente il proprio potenziale, grazie a buon governo, democrazia, diritti umani e istruzione.
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Creare opportunità di pace affrontando le cause profonde dei conflitti

I partecipanti hanno sottolineato che, sebbene alcune questioni, come le risorse naturali, possano essere fonte di conflitti, esse possono anche promuovere la cooperazione pacifica. Questo è possibile solo se le decisioni sull’accesso alle risorse sono trasparenti e se l’intera società partecipa e sostiene le soluzioni individuate.

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Factchecking is crucial to peace

War zone reporting and events coverage are greatly influenced by government and media interests. But fake news has also become more widespread. As a result, one of the biggest and toughest challenges in highly polarised conflicts is to ensure access to fact-based information. Supporting an independent media and facilitating factchecking is therefore crucial to peace.

Ulteriori informazioni:
Take aways IC Forum 2024 (en) (PDF)
Sito web della DSC: Take aways IC Forum
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Le regioni montane forniscono acqua a metà del mondo e ospitano specie vegetali e animali uniche. Adaptation@Altitude rafforza quattro regioni montane contro il cambiamento climatico con conoscenza, soluzioni locali e reti politiche.
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In quanto Paese situato nel cuore delle Alpi e forte di un eccellente panorama di ricerca, la Svizzera è in una posizione privilegiata per accompagnare altre regioni montane nei processi di adattamento al cambiamento climatico.
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Nel 2019 la Svizzera ha lanciato il progetto Adaptation@Altitude insieme a partner globali, regionali e locali. In quattro regioni montane – Africa Orientale, Ande, Caucaso Meridionale, Hindu Kush-Himalaya – vengono sviluppati approcci sistemici per rendere popolazioni e ambiente più resilienti al cambiamento climatico. Elementi chiave sono strategie regionali e scambio di conoscenze. La Svizzera apporta la sua lunga esperienza. Nel 2024 è iniziata la fase 2, con un focus su una maggiore applicazione della conoscenza, il consolidamento delle strutture di scambio e l’efficacia delle strategie di adattamento.
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Il progetto colma lacune di conoscenza attraverso dati solidi raccolti dalla Mountain Research Initiative dell’Università di Berna. Le regioni montane sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici, ma spesso mancano dati affidabili. Le informazioni raccolte confluiscono in processi come quelli del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) o dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), e viene promossa la loro utilizzabilità a livello nazionale e locale. Questo permette una migliore valutazione dei rischi e una pianificazione più mirata delle misure di adattamento – un contributo importante alla resilienza delle regioni montane nel mondo.
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In molte regioni montane mancano strutture adeguate per la cooperazione regionale e il dialogo tra scienza e politica – prerequisiti fondamentali per strategie di adattamento efficaci. Il progetto sostiene la creazione di piattaforme regionali nelle Ande, in Africa Orientale, nel Caucaso Meridionale e nell’Hindu Kush-Himalaya. Qui vengono raccolte le priorità delle comunità montane e inserite nelle strategie di adattamento al cambiamento climatico. Nel 2024, ad esempio, l’Azerbaigian ha inserito per la prima volta un capitolo dedicato alle regioni montane nel proprio Piano Nazionale di Adattamento.
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La conoscenza sulle soluzioni di adattamento efficaci nasce nelle regioni montane di tutto il mondo – grazie a esperienze locali, ricerca scientifica e collaborazione internazionale. Questi approcci vengono raccolti, verificati scientificamente e resi accessibili a livello mondiale nel Solutions Portal. La piattaforma, sviluppata con l’Università di Ginevra, contiene oltre 100 voci. Nelle Ande, nel 2024 è stata avviata la prima analisi di impatto delle soluzioni di adattamento.
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Le esigenze delle regioni montane ricevono relativamente poca attenzione a livello internazionale. Il progetto ne rafforza la visibilità portando contributi scientificamente fondati nel dialogo politico – ad esempio tramite dialoghi tra esperti o documenti informativi mirati per decisori nel contesto della Conferenza ONU sul Clima COP29. Anche la Svizzera ne può beneficiare.

Ulteriori informazioni:
Sito web della DSC: Rafforzare la resilienza delle regioni di montagna ai cambiamenti climatici
Sito web: Mountain Research Initiative (en)
Sito web: Adaptation Altitude (en) 
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Le città hanno un enorme potenziale in termini di promozione della crescita economica e dell’innovazione, di riduzione della povertà e lotta al cambiamento climatico. La Svizzera sostiene le città dei Paesi emergenti e in via di sviluppo nella realizzazione del loro potenziale, sfruttando anche le soluzioni digitali del Politecnico di Zurigo.
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Nei prossimi decenni la popolazione urbana continuerà a crescere rapidamente. Entro il 2050 le città ospiteranno infatti più dei due terzi della popolazione. Tuttavia, quelle che crescono rapidamente e inaspettatamente devono spesso affrontare problemi legati all’inadeguatezza dei servizi pubblici, all’inefficienza delle infrastrutture, al traffico intenso e al degrado ambientale. La SECO sostiene le autorità dei Paesi emergenti e in via di sviluppo nella pianificazione del loro sviluppo sostenibile, in modo da soddisfare tutte le esigenze in termini di società, economia e ambiente.
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Un progetto finanziato dalla Svizzera e realizzato dal Politecnico di Zurigo e dalla città di Sarajevo aiuta le autorità locali a pianificare lo sviluppo della città per i prossimi 30 anni; grazie al cosiddetto «gemello digitale», una rappresentazione virtuale di Sarajevo in 4D, è già possibile avere un’anteprima.
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Il sistema utilizza e analizza i dati (persone, edifici, macchine e veicoli) raccolti dai sensori, che forniscono continuamente informazioni in tempo reale sui flussi di movimento, sul volume di traffico, sul consumo di energia, sulla temperatura, ecc.
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Il gemello digitale è un prodotto dell’intelligenza artificiale, che permette di definire gli aspetti positivi e negativi della città e gli ambiti in cui potrebbero sorgere problemi a breve, medio o lungo termine. Il gemello digitale può quindi simulare e testare scenari di sviluppo realistici prima che prendano forma nella realtà.
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A Sarajevo, il gemello digitale viene utilizzato anche per coinvolgere la popolazione nello sviluppo urbano. Nel 2024 sono infatti stati condotti diversi sondaggi tra i cittadini in merito al nuovo piano urbanistico 2025-2040. Grazie al gemello digitale, alcuni studi di registrazione mobili hanno potuto fornire un’anteprima del nuovo volto della città, ad esempio in termini di spazi verdi o infrastrutture di trasporto. Anche il feedback della popolazione ha contribuito a questo scopo ed è stato integrato nel processo di pianificazione.

Ulteriori informazioni:
Sito web della SECO: Urban development and infrastructure (en)


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Gli eventi meteorologici estremi causati dai cambiamenti climatici hanno gravi conseguenze per le popolazioni colpite. La Svizzera offre loro sostegno a breve e lungo termine.
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Tre crisi diverse, con cause distinte ma conseguenze simili: il tifone Yagi in Vietnam, gli incendi boschivi in Bolivia e la siccità in Zimbabwe sono esempi di eventi estremi che hanno colpito migliaia di persone, causando la perdita dei mezzi di sussistenza e delle basi esistenziali. In tutti e tre i casi, la DSC ha fornito aiuti umanitari, contribuendo in modo determinante a garantire la sopravvivenza delle persone colpite, alla ricostruzione e a soluzioni sostenibili per il futuro.
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Nel settembre 2024, il Vietnam è stato colpito dalla tempesta più violenta degli ultimi 30 anni. Il tifone Yagi ha provocato numerose inondazioni e grandi frane, causando gravi danni all'agricoltura e lasciando molte persone senza mezzi di sussistenza. Le autorità locali sono state in grado di reagire rapidamente, procedendo alle evacuazioni e ad altre misure di soccorso. Ciononostante, hanno lanciato un appello internazionale per aiuti umanitari. In risposta a tale appello, due giorni dopo la catastrofe la DSC ha inviato nella zona colpita un team di esperti della DSC e diversi aiuti umanitari.
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Il team di intervento era composto da esperti in approvvigionamento idrico e servizi igienico-sanitari, alloggi di emergenza e assistenza in caso di catastrofi. Le forti piogge hanno contaminato molti pozzi. Poiché il 90 per cento della popolazione attinge l'acqua potabile da questi pozzi, il team è riuscito a fornire acqua potabile a 7.000 persone grazie a kit di pulizia dei pozzi. La Svizzera ha inoltre sgomberato le strade bloccate dalle frane, ripristinando l'accessibilità a importanti punti di riferimento e servizi quali centri sanitari, mercati e scuole.
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Nella pianura boliviana, violenti incendi boschivi hanno distrutto vaste aree, soprattutto nei dipartimenti di Santa Cruz e Beni. Di conseguenza, oltre 30.000 persone hanno dovuto abbandonare le loro case e cercare rifugio in alloggi di emergenza. A causa delle temperature elevate e degli incendi persistenti, la Svizzera ha offerto il proprio sostegno al governo boliviano. In questo contesto è stata inviata nella zona colpita una squadra di pronto intervento (Grupo de Intervención y Apoyo Rápido, GIAR), composta da quattro esperti provenienti dal Perù e dalla Bolivia. La squadra è stata affiancata da un esperto dell'ASC in materia di acqua, servizi igienico-sanitari e igiene.
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In stretta collaborazione con le autorità locali e regionali, il team ha fornito per due settimane un sostegno intensivo per soddisfare le esigenze più urgenti della popolazione locale. Grazie al modulo per l'acqua potabile messo a disposizione dagli esperti dell'ASC, 10.000 persone hanno potuto avere accesso sicuro all'acqua potabile. La DSC ha fornito anche medicamenti e altri beni di prima necessità, indispensabili per far fronte ai problemi sanitari causati dagli incendi. Ha inoltre sostenuto la ricostruzione delle basi esistenziali, un progetto condotto da ONG attive sul posto.
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Nell’estate del 2024, El Niño ha causato in Zimbabwe una delle siccità più prolungate degli ultimi anni. Durante la stagione delle piogge le precipitazioni sono state scarse e le ondate di calore ancora più intense. Le conseguenti perdite dei raccolti hanno privato gran parte della popolazione dei propri mezzi di sussistenza. Considerando che siccità di questo tipo non sono casi isolati e che gli eventi meteorologici estremi si stanno moltiplicando in tutto il continente africano, la DSC è impegnata in progetti a lungo termine che sostengono l'adattamento e la sicurezza dei mezzi di sussistenza della popolazione. 

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Progetti come la «Seed and Knowledge Initiative» (SKI) sostengono e insegnano ai piccoli agricoltori come praticare l'agricoltura nonostante le condizioni estreme. In questo modo è possibile prevenire le perdite di raccolto dovute al clima e ridurre la crescente insicurezza alimentare. La DSC sostiene approcci agroecologici che attribuiscono grande importanza alla coltivazione rigenerativa e promuovono l'accesso a prodotti alimentari di alta qualità per l'intera popolazione.

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Zimbabwe
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capitolo 2 Servizi di base

capitolo 3 Economia

capitolo 4 Pace

capitolo 5 Ambiente

capitolo 6 Crisi

capitolo 7 Statistiche

capitolo 8 Strategia CI

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    Blue Peace:The Economist Group, Kuno Schläfli, UNCDF