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Introduzione

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«L'aumento dei conflitti e delle crisi rende ancora più urgente l'impegno globale per i diritti umani, la democrazia, la riduzione dei bisogni e della povertà e la protezione del clima. Questi sono gli obiettivi della cooperazione internazionale della Svizzera e parte integrante della sua politica estera. Per raggiungerli, la DSC si è riorganizzata. L'obiettivo è ottenere di più con meno».

Patricia Danzi
Ambasciatrice, direttrice della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC)  
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«Per vivere in modo dignitoso, le persone devono poter soddisfare i loro bisogni fondamentali e vedere occasioni di sviluppo. Per questo necessitano di posti di lavoro e di opportunità economiche. Il contributo della SECO a un’economia forte e a una prosperità sostenibile nei Paesi partner è parte integrante della politica economica esterna della Svizzera e va a beneficio di tutte le fasce della popolazione».

Helene Budliger Artieda
Segretaria di Stato, direttrice della Segreteria di Stato dell’economia (SECO)
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Servizi di base

La cooperazione internazionale della Svizzera è impegnata sia nell'aiuto umanitario che nel miglioramento delle condizioni di vita nelle regioni a basso reddito. Ciò include il miglioramento dell'accesso ai servizi di base come l'istruzione, la sanità e la finanza.
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Economia

La Svizzera è impegnata nello sviluppo economico e nello sviluppo del settore privato nei Paesi a basso reddito. Lavora con i giovani imprenditori per creare posti di lavoro dignitosi e su strumenti di finanziamento innovativi per mobilitare gli investimenti pubblico-privati per le imprese.
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Pace

Lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani e l'inclusione delle donne e delle persone svantaggiate sono tra i prerequisiti più importanti per la pace e lo sviluppo a lungo termine. La Svizzera sostiene la società civile e le autorità locali nei settori dell'advocacy, del monitoraggio delle attività statali e della responsabilità pubblica.
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Ambiente

Il clima si sta riscaldando e gli effetti, come siccità e alluvioni, stanno già causando grandi sofferenze. Alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Glasgow nel 2021, tutti i Paesi hanno concordato come raggiungere l'obiettivo dell'Accordo di Parigi di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius. La Svizzera è particolarmente impegnata in settori quali l'alimentazione, la produzione, il consumo, l'energia, la salute, le città e i sistemi finanziari.
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Crisi

Il mondo attuale è segnato da crisi e conflitti. In un contesto simile la cooperazione internazionale è più importante che mai. La Svizzera affronta queste sfide rimanendo un partner affidabile per i Paesi meno visibili sulla scena internazionale.
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Statistiche

La cooperazione internazionale attuata dalla DSC e dalla SECO costituisce quasi i due terzi dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) della Svizzera, che comprende anche i contributi di altri uffici federali e l’aiuto dei Cantoni e dei Comuni svizzeri.


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Fit4Purpose

«Il nostro obiettivo è garantire di essere in grado, come organizzazione di sviluppo, di impegnarci in modo efficiente, rapido, efficace e agile nei Paesi prioritari insieme ai nostri partner».

Patricia Danzi
DSC-Direttrice
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La DSC concentra le sue attività nei Paesi a più basso reddito. La regione che ne beneficia maggiormente è l’Africa subsahariana, seguita da vicino da Europa, Nord Africa e Medio Oriente. I fondi destinati all’Asia e all’America latina costituiscono una parte meno cospicua e sono in calo rispetto agli anni precedenti.

La SECO è attiva soprattutto nei Paesi a reddito medio. Quasi la metà delle sue uscite bilaterali nel 2023 è stata destinata alla cooperazione nell’Europa dell’Est e in Medio Oriente e Nord Africa.
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I programmi e i progetti della DSC sono definiti in base alle esigenze dei Paesi partner e adattati alla situazione. L’aiuto umanitario attuato dalla DSC riflette la solidarietà della Svizzera nei confronti delle popolazioni in difficoltà.
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Le misure di politica economica e commerciale della SECO contribuiscono a una crescita duratura e inclusiva.
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La DSC concentra la maggior parte delle sue attività nei Paesi a più basso reddito.

Oltre un quarto delle spese è destinato alla governance nell’insieme delle regioni. Nell’area Europa, Nord Africa e Medio Oriente, più del 40% dei mezzi finanziari sono stati devoluti all’aiuto d’emergenza in seguito alla guerra in Ucraina e al conflitto in Medio Oriente.
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La SECO si focalizza sui Paesi in cui può sfruttare al meglio la propria esperienza in campo economico facendo leva sui progetti, sulle competenze e sulla rete che ha messo a punto. Pertanto, i suoi interventi si concentrano su alcuni Paesi dell’Africa, dell’America latina, del Sud-Est asiatico e su Stati in transizione dell’Europa dell’Est e dell’Asia centrale alle prese con problemi di povertà e sviluppo economico.
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La crisi climatica necessita di misure di mitigazione che ne riducano gli effetti e di misure di adeguamento che ne limitino l’impatto sulle popolazioni. Il clima è un tema trasversale su cui convergono i progetti e i programmi della cooperazione internazionale.
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Il buongoverno è un tema trasversale su cui convergono i progetti e i programmi della cooperazione internazionale. Integra diversi aspetti, come la gestione competente dei compiti pubblici, la democratizzazione, lo Stato di diritto, la lotta contro la corruzione e i diritti umani. Nella sua accezione economica include anche i principi di trasparenza, responsabilità, non discriminazione, efficienza e partecipazione.
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Le questioni di genere sono un tema trasversale su cui convergono i progetti e i programmi della cooperazione internazionale. Tutti i progetti tengono conto della parità tra uomini e donne e una parte importante di essi integra misure specifiche per ridurre le disuguaglianze di genere.
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Per raggiungere l’obiettivo, fissato dal Parlamento, di un tasso svizzero di aiuto pubblico allo sviluppo (APS) pari allo 0,5% del reddito nazionale lordo (RNL), le risorse destinate alla DSC sono cresciute costantemente fino al 2015.
Tra il 2016 e il 2019 le misure di risparmio hanno avuto un impatto sui crediti per la cooperazione internazionale.

L’incremento delle spese della DSC a partire dal 2020 è da ricondurre ai crediti aggiuntivi approvati dal Parlamento per sostenere gli sforzi internazionali in risposta alla pandemia di COVID-19, alla crisi umanitaria in Afghanistan, alla guerra in Ucraina e al conflitto in Medio Oriente.
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Dal 2011 le risorse destinate alla SECO sono aumentate nel quadro della progressione volta a raggiungere l’obiettivo di un tasso APS/RNL dello 0,5% entro il 2015.

Tra il 2016 e il 2019 le risorse della SECO sono diminuite a causa delle misure di risparmio della Confederazione.

L’aumento registrato nel 2022 e nel 2023 è riconducibile ai crediti aggiuntivi in risposta alla guerra in Ucraina.
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Europa, Nord Africa e Medio Oriente

Africa subsahariana

Asia

America latina

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La cooperazione svizzera con i Paesi dell’Est sostiene gli Stati dei Balcani occidentali, dell’Europa orientale e del Caucaso meridionale nei loro sforzi per passare a un’economia sociale di mercato e rafforzare la democrazia e lo Stato di diritto. L’aiuto fornito alla popolazione colpita dalla guerra in Ucraina è in gran parte umanitario e in linea con le priorità tematiche del programma di cooperazione.

Nel Nord Africa la Svizzera si adopera per rendere la regione più inclusiva, prospera e pacifica.

Gli interventi della DSC in Medio Oriente sono finalizzati a migliorare la protezione di profughi e persone bisognose, a fornire loro un accesso ai servizi di base e a gestire le risorse idriche in modo sostenibile. Dinanzi alla grave crisi umanitaria a Gaza, nel 2023 la Svizzera ha stanziato altri 90 milioni CHF per l’aiuto umanitario nella regione.
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Nell’ambito della cooperazione allo sviluppo nell’Africa subsahariana, l’accento è posto sull’accesso delle popolazioni svantaggiate alle prestazioni sociali di base (servizi sanitari, istruzione), alle infrastrutture (acqua), all’occupazione e al reddito, come anche a una crescita sostenibile.

L’Aiuto umanitario svolge programmi nella regione del Corno d’Africa, del Sahel, dell’Africa centrale e di quella meridionale. È attivo in vari ambiti, come il rafforzamento della resilienza di fronte agli effetti della siccità, la protezione della popolazione civile nei conflitti armati, la sicurezza alimentare, l’accesso alle risorse idriche e agli impianti igienico-sanitari.
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Attraverso l’aiuto alla transizione a favore dei Paesi dell’Asia centrale, la Svizzera sostiene la gestione delle risorse idriche a livello regionale e nazionale, lo sviluppo del settore privato e le riforme del settore pubblico e del sistema sanitario.

Le attività della DSC nel Sud-Est asiatico si concentrano su Paesi e regioni che attestano tuttora un indice di povertà multidimensionale molto elevato, per esempio in termini di reddito, sicurezza e accesso limitato ai servizi di base.

La cooperazione allo sviluppo economico della SECO sostiene il Vietnam nel suo tentativo di realizzare una crescita sostenibile grazie a un mercato solido. Le attività in Indonesia contribuiscono ad affrontare le sfide riguardanti lo sviluppo sostenibile e a rendere l’economia del Paese più competitiva, resiliente, equa ed efficiente in termini di utilizzo delle risorse.
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In America centrale la DSC promuove il buongoverno e il rispetto dei diritti umani, uno sviluppo economico inclusivo, l’adeguamento ai cambiamenti climatici e la gestione dei rischi di catastrofe. Dopo 40 anni di fruttuoso lavoro sul campo, la cooperazione bilaterale svizzera lascerà la regione alla fine del 2024. Fino ad allora, la Svizzera mira a consolidare i risultati raggiunti e ad attuare il ritiro in modo responsabile e dignitoso.

In Perù, la SECO sostiene principalmente lo sviluppo delle strutture economiche, la competitività del settore privato e l’accesso ai servizi pubblici. In Colombia, dove alcune parti del Paese sono ancora fortemente colpite dalla presenza di gruppi armati e dalla criminalità organizzata, la SECO crea opportunità economiche e contribuisce così a una pace duratura.
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Nel 2023 i contributi degli Stati membri del Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS) destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) si sono attestati a 224 miliardi USD. La Svizzera è all’ottavo posto nella classifica che confronta l’APS dei Paesi membri del CAS in percentuale rispetto al loro reddito nazionale lordo (RNL). Cinque Paesi (Danimarca, Germania, Lussemburgo, Norvegia e Svezia) hanno raggiunto l’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite in base al quale i fondi investiti per l’APS devono corrispondere allo 0,7% del RNL.

In termini di volume finanziario, Stati Uniti, Germania, Giappone, Regno Unito e Francia sono i principali Paesi donatori. La Svizzera si situa all’undicesimo posto di questa classifica.
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L’aumento delle risorse destinate alla cooperazione internazionale ha permesso di raggiungere nel 2015 e nel 2016 l’obiettivo fissato dal Parlamento di un tasso APS/RNL dello 0,5%. L’APS è poi diminuito a causa dei minori costi di asilo e delle misure di risparmio che hanno interessato i crediti destinati alla cooperazione internazionale. In relazione ai mezzi supplementari stanziati per la lotta contro la pandemia di COVID-19 e per rispondere alla crisi umanitaria in Afghanistan, dal 2020 l’APS è tornato a crescere.

Dal 2022 il forte incremento dei costi connessi all’accoglienza dei richiedenti l’asilo in Svizzera a seguito della guerra in Ucraina e della crisi in Medio Oriente comporta un aumento dell’APS.
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Negli ultimi anni, la cooperazione internazionale attuata dalla DSC e dalla SECO ha rappresentato in media l’80% dell’APS totale. Dal 2022 i contributi si sono ridotti a meno dei due terzi a causa dei costi di asilo.
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L’APS multilaterale comprende i contributi generali della DSC e di altri uffici federali a organismi internazionali di sviluppo. Le istituzioni finanziarie internazionali (IFI), compresa l’Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA), sono i principali beneficiari dell’APS multilaterale, seguiti dalle agenzie delle Nazioni Unite e infine da altre organizzazioni internazionali.

Negli ultimi 15 anni, la quota dell’APS multilaterale è rimasta relativamente stabile e si è attestata tra il 20% e il 25% dell’APS totale. Nel 2022 e nel 2023 si è ridotta in via eccezionale rispettivamente al 18% e al 19%; il calo è da ricondurre, da una parte, all’aumento dell’APS bilaterale a seguito della guerra in Ucraina e, dall’altra, alla diminuzione dei contributi multilaterali.

I contributi alle organizzazioni non governative internazionali, compreso il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), sono considerati come APS bilaterale (e non multilaterale).
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Die Welt verändert sich in nie dagewesenem Tempo. Die Krisen überschlagen sich. Um den gestiegenen Anforderungen gerecht zu werden, und um gemeinsam die ambitionierten Ziele der Agenda 2030 zu erreichen, hat sich die DEZA neu aufgestellt. Mit der Reorganisation «Fit4Purpose» wurden in den vergangenen Monaten die Humanitären Hilfe und die Entwicklungszusammenarbeit zusammengeführt und die Kräfte gebündelt.
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Entstanden ist eine neue DEZA-Organisation, die agiler und flexibler ist. Das Zusammenrücken der Humanitären Hilfe und der Entwicklungszusammenarbeit widerspiegelt sich sinnbildlich im 2023 bezogenen Verwaltungsgebäude in Zollikofen. Davor war die DEZA auf zwei Standorte in Bern verteilt. Heute arbeiten alle gemeinsam unter einem Dach.
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Die DEZA teilt sich das neue Gebäude mit weiteren Kolleginnen und Kollegen des Eidgenössisches Departement für auswärtige Angelegenheiten EDA. Insgesamt arbeiten 870 Personen der DEZA, der Direktion für Ressourcen und des EDA-Generalsekretariats seit Oktober 2023 am neuen Standort in Zollikofen bei Bern. Das erleichtert die Zusammenarbeit und steigert die Effizienz über Direktionen hinweg.

Und das SECO befindet sich weiterhin am Holzikofenweg 36 in Bern.
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Terremoti di forte magnitudo hanno devastato intere regioni in Turchia e Siria. La Svizzera ha messo in moto la sua catena di salvataggio, inviato membri del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA) e stanziato 8,5 milioni CHF per le persone sopravvissute.
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Il 6 febbraio 2023 in Turchia e Siria si è verificato un sisma di magnitudo 7,8 della scala Richter, seguito lo stesso giorno da un secondo terremoto di magnitudo 7,5 e da scosse di assestamento. La catastrofe ha causato più di 50 000 morti e oltre 100 000 feriti in Turchia, mentre in Siria il bilancio è stato di più di 6000 vittime e 12 800 feriti.
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Poche ore dopo la catastrofe, la DSC ha mobilitato la Catena svizzera di salvataggio in risposta all’appello delle autorità turche a prestare aiuto internazionale. Circa 90 specialiste e specialisti e 8 cani da soccorso sono decollati da Zurigo lunedì 6 febbraio 2023 alla volta dell’aeroporto di Adana, nel Sud-Est della Turchia. L’indomani la squadra si è trasferita ad Hatay. Dopo un primo briefing con le autorità turche per stabilire i luoghi di intervento, l’equipe svizzera si è lanciata in una corsa contro il tempo per estrarre dalle macerie le persone sopravvissute.
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In una settimana, i membri della Catena svizzera di salvataggio sono riusciti a salvare 11 persone, tra cui una madre e il figlioletto di sei mesi. Ancor prima di mobilitare la Catena svizzera di salvataggio, la DSC ha avviato la seconda fase dell’aiuto d’emergenza inviando specialiste e specialisti del CSA e materiale di soccorso nelle regioni colpite dal sisma in Turchia.
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In Turchia, i membri del CSA hanno lavorato in due diversi siti. Una squadra ha consegnato 400 tende familiari e distribuito 2000 kit igienici (dentifricio, detersivo, sapone, biancheria intima) in sette villaggi della regione di Kahramanmaraş con l’aiuto di una ONG locale. Più di 15 300 persone hanno beneficiato di questi aiuti. Una seconda squadra ha prestato sostegno all’ospedale Mosaik di Hatay, fornendo assistenza medica a 400 madri e minori.
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In Siria la situazione umanitaria, già in precedenza catastrofica, si è ulteriormente deteriorata in seguito ai terremoti. La DSC ha consegnato all’Organizzazione internazionale per le migrazioni 300 tende invernali per 1500 persone. Ha inoltre erogato contributi finanziari supplementari a diverse organizzazioni partner che già operavano nelle zone colpite e avevano accesso agli aiuti umanitari.
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La DSC ha stanziato in totale 8,5 milioni CHF per le persone terremotate in entrambi i Paesi, di cui 5 milioni per la Siria. Di questo importo, 1 milione è stato versato su appello della Federazione internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, 3 milioni sono stati destinati ai fondi di emergenza dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite per la Siria e 1 milione è stato destinato a due organizzazioni umanitarie internazionali. Questi fondi si aggiungono ai 60 milioni CHF stanziati dal nostro Paese nel 2023 per le popolazioni colpite dalla crisi in Siria e nella regione.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: La Svizzera fornisce aiuti umanitari d’emergenza a Turchia e Siria
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Nell’America centrale il degrado ambientale provoca conflitti per l’accesso alle risorse naturali esacerbando la violenza endemica. La DSC ha aiutato le donne ad affrontare queste sfide.
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Spesso le donne non vengono coinvolte nei processi di riconciliazione, anche se il ruolo che svolgono nella comunità rende essenziale il loro contributo alla pace. La DSC ha affrontato questo tema attraverso il progetto regionale «Grassroots Women Building Resilience and Peace in Central America», che si è concluso nel settembre del 2023 e ha permesso a gruppi di donne agricoltrici di acquisire competenze e creare alleanze per coinvolgere i gruppi d’interesse locali in processi di dialogo e prevenire i conflitti.
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Dato l’alto tasso di analfabetismo, in El Salvador il progetto ha sfruttato tecniche di apprendimento ludico, come il teatro, che hanno aiutato le partecipanti a vedere il conflitto da una prospettiva nuova e ad aprirsi al dialogo. Si trattava soprattutto di sostenerle nella costruzione di piattaforme di pace locali e di aumentare la resilienza delle loro comunità ai cambiamenti climatici. Queste due sfide sono spesso interconnesse.
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Le leader delle comunità sono state preparate a sostenere le donne sopravvissute alla violenza domestica. Avendo acquisito un atteggiamento costruttivo, hanno imparato ad affrontare i conflitti e le tensioni derivanti dagli effetti dei cambiamenti climatici.
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Durante i workshop le partecipanti hanno imparato a identificare gli attori e i decisori locali e a sviluppare una tabella di marcia per prevenire i possibili scontri. Ora sanno usare queste conoscenze per avviare un dialogo tra i leader locali e lavorare alla ricerca di soluzioni comuni.
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In Costa Rica, per esempio, lo straripamento del fiume Cañas ha causato la perdita dei raccolti, soprattutto nelle vallate più basse del bacino fluviale. Le comunità colpite tendevano a dare la colpa alle pratiche agricole in uso nelle valli più elevate, con il rischio di provocare tensioni e scoppi di violenza. Il programma ha sostenuto la costruzione di uno sbarramento fatto con vecchi pneumatici e cemento dagli stessi membri delle comunità del bacino, superiore e inferiore. Ciò ha permesso di ridurre le perdite dei raccolti a causa delle inondazioni e ha prevenuto un conflitto violento.
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Inoltre, più di 400 donne di El Salvador e di altri quattro Paesi dell’America centrale sono ora membri attivi della rete regionale di donne costruttrici di pace e resilienza sostenuta dalla Commissione Huairou, un partner della DSC.

Il progetto ha permesso alle agricoltrici e alle loro famiglie di introdurre metodi efficaci di coltivazione adattati ai cambiamenti del clima e ha rafforzato le loro capacità di avviare processi di pace a livello locale individuando soluzioni comuni a sfide interconnesse.
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Alla luce dell’attuale regressione degli indicatori di sviluppo e della necessità di integrare il lavoro umanitario per rafforzare la resilienza delle comunità, nei contesti segnati dai conflitti gli attori dello sviluppo risultano fondamentali. Nel caso del Myanmar, il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (PNUS) è uno dei pochi attori dello sviluppo che «resta e continua a operare», facendo di questa organizzazione un partner privilegiato per la Svizzera.
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Il Myanmar figura tra i Paesi, sempre più numerosi, che hanno vissuto o sono alle prese con un colpo di Stato militare, che solitamente si traduce in disinvestimenti nell’ambito dell’aiuto allo sviluppo, vanificazione dei risultati faticosamente ottenuti nonché un aumento della povertà e dei casi umanitari. Secondo la Banca Mondiale, dal colpo di Stato militare del 2021 il tasso di povertà in Myanmar è raddoppiato.
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In Myanmar, la DSC collabora con il PNUS. Il progetto RTNP (Rakhine Triple Nexus Project) del PNUS ha adottato l’approccio del nesso tra aiuto umanitario, sviluppo e pace (triplo nesso) per affrontare le complesse sfide legate a sottosviluppo, sfollamenti prolungati, povertà, catastrofi e rischi climatici nello Stato di Rakhine. Opera in stretta collaborazione con la società civile locale e mira a soddisfare i bisogni urgenti delle popolazioni vulnerabili sfollate e non, promuovendo al contempo soluzioni sostenibili per affrontare le cause profonde di conflitti e crisi, che perpetuano vulnerabilità, sfollamenti, violenza e instabilità.
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Il progetto si prefigge tre obiettivi chiave – ognuno concepito per completare e rafforzare gli altri – centrati sulle dimensioni aiuto umanitario, sviluppo e pace dei bisogni delle comunità più vulnerabili dello Stato di Rakhine, tra cui quelle afflitte da catastrofi e conflitti, sfollamenti interni e popolazioni apolidi. Lo scopo del progetto è aiutare villaggi, aree rurali e municipalità a soddisfare le loro esigenze di base, a promuovere la riconciliazione all’interno delle comunità e tra di esse e a implementare uno sviluppo socioeconomico sostenibile in un contesto politico complesso e incerto.
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Nel 2023 il PNUS ha dato sostegno a circa 400 000 persone nello Stato di Rakhine. Attraverso campagne di sensibilizzazione sull’anticipazione delle catastrofi, sulle procedure di evacuazione e sulle strategie di mitigazione è stata potenziata la prevenzione e rafforzata la consapevolezza tra le comunità a rischio. L’aiuto comprendeva la fornitura di mezzi di produzione (sementi e fertilizzanti) alle comunità agricole, il sostegno alla coltivazione domestica per le famiglie vulnerabili – che vendendo la produzione in eccesso hanno visto crescere i loro redditi – come anche lo sviluppo di competenze e la concessione di borse di studio mirate.
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Le principali sfide del programma risiedono nel crescente livello di scontri armati e insicurezza nelle aree in cui opera il PNUS, nel limitato accesso alle comunità a causa di conflitti o impedimenti burocratici e nella fluidità dell’ambiente operativo. Posto che l’aiuto non può passare attraverso il Governo militare al potere, il PNUS cerca di mitigare la situazione collaborando con le organizzazioni della società civile locale.
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Nel corso dell’ultimo decennio, la violenza nella regione del Sahel è aumentata notevolmente. Alla luce di questi fatti, il ruolo dei media nella prevenzione delle crisi multiformi è decisivo, perché è fondamentale fornire informazioni affidabili, inclusive e accessibili a un pubblico quanto più vasto possibile.
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Proporre misure basate solo sulla sicurezza si sta rivelando un approccio inadeguato, perché in questo modo non si affrontano le cause più profonde dei problemi in questa regione e non si tiene conto di ambiti fondamentali come la stabilità sociale, l’accesso all’educazione e la sicurezza alimentare. Il ruolo dei media indipendenti è proprio quello di dedicarsi quotidianamente a questi temi, far sentire la voce delle comunità locali, in particolare dei gruppi emarginati, e cercare il dialogo tra tutte le parti.

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Purtroppo nella regione del Sahel i media devono affrontare sfide molto difficili, perché il panorama dell’informazione è molto frammentato e fragile. Sebbene vi sia un gran numero di media, il loro livello di professionalità è basso. L’impegno della Svizzera a favore dei media in Sahel si concentra sul rafforzamento delle competenze delle giornaliste e dei giornalisti, sul sostegno alle stazioni radio locali e comunitarie e sulla promozione del giornalismo partecipativo (il cosiddetto «citizen journalism»).

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Sui social network circolano spesso informazioni false, dicerie, filmati decontestualizzati o audio manipolati, che poi vengono a loro volta divulgati dai media. Possono quindi diffondersi notizie confuse senza che siano state rispettate le regole base del giornalismo, a scapito di un’informazione di qualità. Per far fronte a questa situazione, i tre media della Fondation Hirondelle in Sahel, partner della cooperazione svizzera – Studio Kalangou in Niger, Studio Tamani in Mali e Studio Yafa in Burkina Faso – propongono rubriche di «fact checking» (ovvero di verifica dei fatti) e programmi di educazione ai media.

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Nel 2023 in Sahel è stata avviata un’iniziativa di coproduzione per parlare delle sfide comuni a tutta la popolazione della regione e trovare soluzioni da una prospettiva locale. Le prime produzioni sono state trasmesse in 13 lingue su oltre 173 emittenti radiofoniche e 12 canali televisivi, raggiungendo un pubblico di oltre 8 milioni di ascoltatrici e ascoltatori.
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Studio Yafa, con sede in Burkina Faso, si dedica alla produzione di contenuti mediatici indipendenti, oggettivi e informativi volti a far luce sulle complesse realtà della regione. Per esempio il programma «Faso Yafa» di Studio Yafa, cofinanziato dalla Svizzera, produce programmi rivolti agli oltre due milioni di sfollati interni nel Paese. Questa iniziativa umanitaria, unica nel suo genere nell’Africa occidentale, dà voce a chi ne ha bisogno, aiutando a superare il trauma dello sfollamento forzato.


Ulteriori informazioni:
Siti web DSC: Mali Burkina Faso Niger
Fondation Hirondelle (en)




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Nella provincia di Niassa, nel Nord del Mozambico, solo circa la metà della popolazione dispone di un accesso sicuro all’acqua potabile e appena un terzo può usufruire di servizi igienico-sanitari adeguati. Un progetto della DSC intende migliorare questa situazione.
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Il progetto di Niassa mostra la correlazione tra i sistemi idrici e di eliminazione delle acque di scarico, da una parte, e il sistema sanitario, dall’altra. L’obiettivo è migliorare la salute della popolazione nella provincia, per esempio prevenendo le malattie idrotrasmesse.
Il progetto coinvolge nei processi decisionali non solo le autorità locali, ma anche le organizzazioni comunitarie e della società civile come pure il settore privato.
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Il progetto segue pertanto un approccio decentrato, che promuove l’autogestione a livello locale e la coesione a livello comunale. Gli organi consultivi locali che si occupano di acqua, rete fognaria e salute gestiscono anche le relative infrastrutture. Le famiglie contribuiscono attivamente alla manutenzione e al funzionamento di queste ultime.
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I e le rappresentanti dei governi territoriali partecipano al dialogo per rispondere meglio alle esigenze locali e assegnare le risorse in modo appropriato. I rispettivi distretti sviluppano piani e coinvolgono il settore privato. In questo contesto sono state create cooperative artigianali impegnate nella realizzazione di sistemi sostenibili per la manutenzione delle infrastrutture.
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Il progetto ha un impatto particolarmente positivo su donne e ragazze, che vengono coinvolte sistematicamente nei processi decisionali (p. es. la metà dei già menzionati organi consultivi è composta da donne) e godono di un migliore accesso a locali igienici di uso pubblico puliti e al chiuso come pure ad articoli per l’igiene personale.
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A Niassa oltre 280 000 persone (di cui il 52 % donne) hanno potuto usufruire di acqua potabile e 400 000 persone hanno potuto accedere a latrine pubbliche adeguate. Dal 2017 il numero di casi di malattie diarroiche tra le donne e i bambini piccoli si è così più che dimezzato. Il programma ha persino ottenuto risultati due volte superiori rispetto all’obiettivo di 22 000 parti sicuri e assistiti da personale qualificato nelle strutture di maternità.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Mozambico
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L’«Initiative Pilote de Développement Local Intégré» (IPDLI) affianca il processo di decentramento delle competenze dalle autorità nazionali a quelle locali in Tunisia. Il progetto sostiene 19 comuni di regioni svantaggiate.
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Di fronte a una crisi economica e sociale, i comuni tunisini chiedono un miglioramento delle condizioni di vita e un accesso a servizi di base dignitosi. A tale scopo si è deciso di agire a due livelli: sostenendo il ministero nell’attivazione del trasferimento di competenze ai comuni e aiutando questi ultimi a rilanciare l’economia. Negli ultimi 10 anni, ben 72 progetti hanno contribuito a migliorare le condizioni di vita di 400 000 cittadine e cittadini tunisini grazie a investimenti pubblici effettuati con risorse locali, come imprese, manodopera e materiali.
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L’iniziativa si concentra su cinque grandi aree d’intervento, in cui nel 2023 sono stati completati diversi progetti.
Infrastrutture fisiche: Il recupero di spazi e impianti nel villaggio berbero di Sned Jebal contribuisce a dare nuova vita alla località e al suo patrimonio. Forte del suo nuovo status di «comune turistico», con un frantoio mobile e studi sull’olio d’oliva, Sned Jebal mira a ottenere la certificazione DOP (denominazione di origine protetta).
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Economia: Nell’ambito di un progetto di gestione integrata del paesaggio forestale, vengono sostenute cooperative di piccole imprese in cinque villaggi. Allo stesso modo, vengono organizzate formazioni miste in selvicoltura e lavoro nelle oasi per la creazione di imprese o posti di lavoro. Inoltre, gli allevatori di ruminanti vengono sostenuti con un progetto di sviluppo della catena del valore. Infine, le donne beneficiano di formazioni sulla lavorazione meccanica della lana con attrezzature messe a loro disposizione.
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Comunità: Il villaggio di Zaouiet Ben Ammar è noto per la sua storica madrasa. La costruzione di cisterne e condotti ha consentito il trasporto di acqua alle porte del villaggio. L’accesso facilitato alle tre aule primarie e l’installazione di servizi igienici hanno aumentato l’attrattiva della scuola. Per sostenere le donne, è stato avviato uno studio di profilazione per determinare le formazioni che potrebbero aiutare le artigiane a sviluppare la loro attività.
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Infrastrutture sociali: Un altro progetto sostiene il ripristino di aree adiacenti a scuole elementari in diversi villaggi situati in zone militari che hanno subito attacchi terroristici. La messa in sicurezza degli edifici ha permesso il ritorno di allieve e allievi. Grazie al miglioramento dell’accessibilità, diminuiscono anche gli incidenti stradali. I servizi statali decentrati e le imprese locali hanno dimostrato grande impegno a favore dei più giovani e dei malati.
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Sostegno istituzionale: IPDLI fornisce sostegno istituzionale ai vari ministeri partner in collaborazione con altri progetti (PARDi dell’UE e le attività della Swedish Association of Local Authorities). Ha contribuito alla riforma dei testi giuridici che disciplinano il funzionamento delle collettività locali, il programma regionale di sviluppo, l’aggiudicazione degli appalti pubblici e il settore dell’edilizia e delle opere pubbliche. Ha inoltre fornito supporto tecnico e logistico alla partecipazione della delegazione tunisina alla 28a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP28) e al 19° Seminario regionale degli operatori dei settori ad alta intensità di manodopera (HIMO).

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Nord Africa
Sito web DSC: IPDLI (fr)
ILO: 10 anni di sviluppo locale in Tunisia (fr)

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Per decenni la medicina ha sperato di riuscire a migliorare la cura della malattia del sonno.
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Un modo per aggirare i fallimenti del mercato, che portano a trascurare la ricerca e lo sviluppo di farmaci contro malattie mortali, è coordinare e far convergere gli sforzi di organizzazioni governative, privati e società civile.
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La DSC sostiene organizzazioni di ricerca e sviluppo (R&S), denominate partenariati per lo sviluppo di prodotti, che puntano a sviluppare nuovi trattamenti farmacologici e a migliorarne l’accessibilità per chi soffre di determinate malattie o è esposto a rischi per la salute a cui il mercato non dà una risposta adeguata.
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L’iniziativa «Drugs for Neglected Diseases» (DNDi) è uno di questi partenariati. DNDi è una ONG con sede a Ginevra che dalla sua fondazione, nel 2003, è riuscita a sviluppare 13 trattamenti per malattie letali trascurate, riuscendo a salvare milioni di vite umane.
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Attualmente, circa 65 milioni di persone rischiano di contrarre la malattia del sonno nelle aree rurali dell’Africa subsahariana. Trasmessa dalla mosca tse-tse che trasporta il parassita, questa patologia provoca terribili sintomi neuropsichiatrici, psicosi e uno stravolgimento debilitante del ritmo del sonno. Senza cura, la maggior parte delle persone colpite muore.
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L’iniziativa DNDi è riuscita a sviluppare un farmaco contro la malattia del sonno (il fexinidazolo), salvando centinaia di migliaia di vite nella Repubblica democratica del Congo (RDC), in Malawi, Angola, Sudan del Sud e altri Paesi.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Salute
DNDi: From nightmare to a dream (en)
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224 milioni di bambini in situazioni di emergenza hanno bisogno di sostegno affinché sia loro garantita un’istruzione. Per raccogliere fondi, Education Cannot Wait e la Svizzera hanno ospitato una conferenza dei donatori a Ginevra.
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In tutto il mondo, 224 milioni di bambini e adolescenti colpiti dalle conseguenze di guerre, catastrofi e sfollamenti forzati hanno un disperato bisogno di imparare e per questo necessitano di un sostegno. Si tratta di un aumento notevole rispetto alle stime precedenti, che indica una tendenza allarmante e una crisi globale dell’istruzione. L’accesso a un’istruzione di qualità in caso di crisi umanitaria non è solo un diritto che evita il rischio di una «generazione perduta», ma può anche salvare vite e sostenerle.
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Education Cannot Wait, il fondo globale dell’ONU per l’istruzione in situazioni d’emergenza e di crisi prolungata, è stato istituito per sostenere l’istruzione dei più giovani in questi casi. Ma l’aumento dei conflitti, i cambiamenti climatici e le conseguenze della pandemia mettono sotto pressione i sistemi economici e scolastici, e gli aiuti internazionali.

Education Cannot Wait ha dunque lanciato una nuova e ambiziosa strategia per il periodo 2023–2026 e chiede a leader mondiali, aziende, fondazioni e singoli individui di donare per raccogliere 1,5 miliardi di dollari da destinare all’istruzione di 20 milioni di bambini e adolescenti.

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Per mobilitare le risorse necessarie, Education Cannot Wait, insieme alla Svizzera e in collaborazione con i Governi di Colombia, Germania, Niger, Norvegia e Sudan del Sud, ha organizzato una Conferenza di finanziamento di alto livello. La conferenza si è svolta dal 16 al 17 febbraio 2023 a Ginevra e ha visto la partecipazione di oltre 2300 rappresentanti di Governi, organizzazioni internazionali e locali, società civile, insegnanti e settore privato. Education Cannot Wait ha inoltre reso possibile la partecipazione di 40 giovani, provenienti da Paesi colpiti da gravi crisi, che hanno svolto un ruolo importante come relatori e moderatori.
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«Non c’è democrazia senza istruzione. Dobbiamo poter contare su nuove generazioni ben istruite. La pace, la libertà e la prosperità di tutte le nazioni dipendono da questo», ha dichiarato il consigliere federale Ignazio Cassis. In qualità di ospite e coorganizzatrice della conferenza, la Svizzera ha fatto appello ai leader mondiali affinché mettano l’istruzione in cima alle loro priorità, soprattutto per i bambini più vulnerabili in situazioni d’emergenza. Ignazio Cassis ha anche sottolineato l’importanza di Ginevra come centro globale per l’istruzione in situazioni di emergenza, capace di mobilitare molti attori diversi per un’azione comune.

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La conferenza è stata un successo: 17 donatori hanno annunciato contributi per un totale di oltre 826 milioni di dollari. Una storica pietra miliare per l’istruzione in situazioni d’emergenza e di crisi prolungata e per Education Cannot Wait. Con la guerra in Ucraina, l’incertezza economica globale e i livelli record di sfollamenti forzati e crisi umanitarie che stanno mettendo a rischio i progressi registrati in Africa, Asia, Medio Oriente e America latina nel campo dello sviluppo, questi impegni segnalano la volontà globale di dare la priorità ai finanziamenti per l’istruzione in situazioni d’emergenza e di crisi prolungata.

Ulteriori informazioni:
Education Cannot Wait (en)

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Nell’estate del 2023 gli incendi boschivi e le successive inondazioni hanno devastato diverse regioni della Grecia. La Svizzera ha partecipato agli sforzi internazionali tesi a contrastare simili catastrofi ambientali.
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In Grecia, gli incendi divampati alla fine di agosto del 2023 hanno devastato diverse regioni, in particolare quella di Alessandropoli, nel Nord-Est del Paese. Le autorità greche avevano chiesto aiuto alla comunità internazionale: nonostante la mobilitazione di diversi Paesi dell’UE, non essendo state ancora domate le fiamme, la Svizzera ha deciso di unirsi alle operazioni internazionali.
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Il nostro Paese ha messo a disposizione della Grecia tre elicotteri Super Puma dell’Esercito svizzero e una trentina di persone in supporto alle operazioni di spegnimento. Gli elicotteri e l’equipaggio sono decollati alla volta di Alessandropoli sabato 2 settembre 2023. In precedenza, una squadra composta da membri del CSA e da specialisti dell’Esercito era partita alla volta della Grecia con l’incarico di garantire il coordinamento con le autorità greche. La gestione generale dell’operazione era stata affidata all’Aiuto umanitario della DSC.
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Le prime operazioni di spegnimento dei roghi sono iniziate domenica 3 settembre. Grazie al supporto della Svizzera è stato possibile spegnere o circoscrivere diversi incendi e riportare ampiamente sotto controllo la situazione nella regione di Alessandropoli. Gli elicotteri sono stati impegnati per 27 ore e hanno sganciato circa 270 t di acqua sui focolai. La presidente greca Katerina Sakellaropoulou, in visita ad Alessandropoli, ha ringraziato tutto il team svizzero per l’impegno profuso.
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Ma le catastrofi si sono succedute in Grecia: forti piogge hanno causato gravi inondazioni nella regione della Tessaglia, nell’entroterra del Paese. Su richiesta delle autorità greche, gli elicotteri Super Puma e l’intera squadra svizzera si sono trasferiti nella zona colpita per partecipare alle operazioni di soccorso. Nel loro intervento, durato 23 ore, hanno portato in salvo 36 persone intrappolate dall’acqua e alcuni membri dei servizi di soccorso. Con l’aiuto degli elicotteri svizzeri sono state distribuite 6 t di materiale.

La Svizzera aveva già impiegato gli elicotteri Super Puma per domare gli incendi in Grecia nell’estate del 2021.
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Il progetto Salute mentale in Bosnia e Erzegovina (BiH) ha fornito sostegno alla riforma dei servizi di assistenza sanitaria per la salute mentale nel Paese. È stato attuato in stretta collaborazione con le istituzioni locali.
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In BiH i disturbi mentali dovuti a cicatrici psicologiche della guerra, deprivazione sociale e situazioni economiche difficili gravano notevolmente sulla società. Le autorità sanitarie del Paese hanno avviato una riforma radicale dell’assistenza per la salute mentale, concentrandosi sul decentramento della fornitura di servizi dagli ospedali ai Community Mental Health Centres (CMHC). La riforma sostiene la prevenzione, la riabilitazione psicosociale e la guarigione. Oggi in BiH esiste una rete di 74 CMHC con team multidisciplinari integrati nel sistema di assistenza sanitaria di base.
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La Svizzera supporta la riforma della salute mentale in BiH dal 2009. I precedenti interventi del progetto hanno ottenuto risultati significativi: il quadro politico e normativo dei servizi di assistenza per la salute mentale in BiH è stato allineato agli standard europei ed è stato istituito un sistema di monitoraggio della salute mentale della popolazione. All’interno dei CMHC, la qualità dei servizi è migliorata e il tasso di rinvii dei pazienti in ospedale è diminuito del 30 %.
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Il progetto mirava a migliorare e accreditare i servizi per la salute mentale a livello comunitario. Attualmente è accreditato il 72 % dei CMHC. Sono stati formati professionisti in aree quali la terapia occupazionale, la psicoterapia, il lavoro preventivo di comunità e gli interventi in caso di crisi. È così stato migliorato l’accesso a servizi innovativi, in collaborazione con istituzioni e associazioni locali. I programmi di inclusione sociale che prevedono la formazione professionale e l’imprenditoria sociale hanno creato opportunità di lavoro per chi soffre di problemi di salute mentale.
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Oggi tutti i CMHC sono interamente finanziati dai bilanci della sanità pubblica della BiH. Oltre 700 professionisti della salute mentale sono stati coinvolti nel progetto. Inoltre, è stato fornito supporto alle associazioni e ai gruppi di auto-aiuto degli utenti dei servizi di salute mentale in 28 comuni. In questo modo, il progetto ha potuto raggiungere circa 60 000 beneficiari con problemi di salute mentale e le loro famiglie, e circa 30 000 persone ad alto rischio di svilupparli. Ha aiutato soprattutto persone svantaggiate e socialmente escluse.
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Il progetto si è concluso con successo nel 2023. Il modello migliorato di pianificazione delle dimissioni ospedaliere garantisce la continuità delle cure. Quasi tutti i 74 CMHC intendono continuare a gestire casi. Le autorità sanitarie prevedono di continuare a lavorare sulla promozione della salute mentale, sulla prevenzione delle malattie e sui programmi anti-stigma.
La necessità di agire rimane estremamente rilevante su scala globale, soprattutto nei contesti di conflitto e post-conflitto.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Bosnia ed Erzegovina
Sito web DSC: Mental Health Project in Bosnia and Herzegovina (en)




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L’ONG svizzera CEAS, partner della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), promuove la realizzazione di sistemi sostenibili di raccolta e smistamento dei rifiuti. In questo modo è possibile proteggere l’ambiente, migliorare le condizioni di vita e creare nuovi posti di lavoro.
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Grazie alla loro esperienza e conoscenza del contesto locale nonché al loro potenziale di innovazione, le organizzazioni non governative (ONG) svolgono un ruolo fondamentale per l’attuazione della cooperazione internazionale della Svizzera. La DSC sostiene oltre 40 ONG svizzere con contributi di programma per circa 135 milioni CHF all’anno. Grazie alla collaborazione si sfruttano il know-how e le innovazioni svizzeri per uno sviluppo sostenibile e per la pace, aiutando attori locali e creando sinergie preziose.
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Partner della DSC, CEAS si impegna a lottare contro la povertà e a proteggere l’ambiente in Africa e, grazie alla sua rete di contatti, porta aventi progetti innovativi per sostenere l’autosufficienza alimentare, lo sviluppo sostenibile e l’adattamento ai cambiamenti climatici. In Burkina Faso CEAS aiuta a realizzare un sistema di raccolta e smistamento dei rifiuti, contribuendo a migliorare le condizioni di vita e la situazione igienica e creando nuovi posti di lavoro.
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Entro il 2025 quasi metà della popolazione del continente africano vivrà in agglomerati urbani, generando un massiccio incremento del volume di rifiuti. Ma in 9 città africane su 10 non esiste ancora alcun sistema di raccolta e smistamento dei rifiuti, e ciò può favorire la diffusione di malattie. Sono molte le piccole imprese che vorrebbero operare in questo settore, ma spesso vi lavorano in modo informale e non possiedono mezzi e conoscenze sufficienti per concretizzare le loro idee.
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Ed è proprio qui che entra in gioco il progetto in Burkina Faso. Le persone responsabili del progetto e le autorità regionali hanno selezionato 20 microimprese che partecipassero a un programma d’incentivazione e che, grazie a sostegni nel campo della tecnica, delle finanze e del marketing, potessero accedere a microcrediti oppure aggiudicarsi appalti pubblici. Inoltre, sono stati elaborati piani di gestione dei rifiuti insieme a cinque comuni e sono state create infrastrutture gestite da organizzazioni locali della società civile.
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In un contesto di scarsità di risorse, le microimprese nel settore della gestione dei rifiuti rappresentano una grande opportunità per uno sviluppo socioeconomico sostenibile: le 20 imprese sono riuscite a incrementare il proprio fatturato del 20 %, sono stati creati oltre 300 posti di lavoro e circa 2800 persone beneficiano del nuovo sistema di raccolta dei rifiuti. Grazie a questa struttura di gestione dei rifiuti, le autorità possono affidarsi ad aziende valide per migliorare le quote di raccolta e di riciclaggio.
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Nel 2023 l’attenzione si è concentrata soprattutto sulla diffusione dei nuovi servizi tra la popolazione. La gestione dei rifiuti è stata infatti promossa nel quadro di trasmissioni radiofoniche, dibattiti con gli anziani dei villaggi e con personalità influenti, nonché attraverso incontri informativi nei teatri e cartoni animati. Il risultato? 2800 famiglie si sono impegnate a sostenere con 2 CHF al mese un centro di raccolta dei rifiuti; questo importo rappresenta il 3 % del salario minimo in Burkina Faso.

Ulteriori informazioni:
CEAS: Gestione dei rifiuti (fr)

Foto: Positiv’ Média
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A febbraio 2023 la scuola universitaria professionale di Berna con il sostegno della Confederazione e in collaborazione con altre università svizzere ha organizzato per la prima volta il CAS «Wiederaufbau Ukraine», che punta alla ricostruzione dell’Ucraina.
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Il corso di formazione continua si rivolge alle donne fuggite dall'Ucraina, professioniste ad esempio dei settori dell’architettura e dell’ingegneria e a tutti gli ucraini che vivono ormai da tempo in Svizzera. Tra i destinatari rientra tuttavia anche chi lavora per un’organizzazione umanitaria ed è interessato a partecipare alla ricostruzione.
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I 30 studenti indagano il modo in cui potranno essere ricostruiti i villaggi e le città ucraine distrutti dai bombardamenti e imparano a gestire e organizzare i relativi progetti. Tra i temi trattati rientra ad esempio la ricerca di metodi per analizzare i danni agli edifici e alle infrastrutture; vengono inoltre affrontati i vari approcci alla sostenibilità e i principi dell'economia circolare e dell'efficienza energetica, comprese le possibilità di riutilizzo dei detriti bellici. I partecipanti devono inoltre garantire la fornitura di acqua ed elettricità agli insediamenti, senza dimenticare di tenere sempre in considerazione le condizioni quadro politiche che fungono da base per la ricostruzione.
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Natalie Terekhova

studentessa del CAS

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Il fatto che al CAS partecipino oltre 20 partner provenienti dai settori dell'industria, della scienza e della ricerca svizzeri e ucraini permette ai partecipanti di ricevere una formazione orientata alla pratica e di familiarizzare con tecnologie e processi collaudati. Si tratta di una rete il cui scopo è quello di aiutare gli studenti a realizzare i loro progetti di ricostruzione in Ucraina.
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Dr. Mariana Melnykovych

co-responsabile del CAS

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Nel 2023, il CAS si è tenuto due volte. Sarà riproposto anche nel 2024, sempre con il sostegno della Svizzera.

Ulteriori informazioni:
Berner Fachhochshule CAS «Wiederaufbau Ukraine» (de)
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Prevenire è meglio che curare. Venticinque anni fa, dopo il passaggio dell’uragano Mitch, la DSC ha iniziato ad adoperarsi affinché i Paesi dell’America centrale fossero più preparati ad affrontare eventi di questo tipo. Oggi la regione dispone di un sistema globale di prevenzione delle catastrofi.
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Gli effetti dell’uragano Mitch del 1998 sono stati devastanti: oltre 10 000 persone hanno perso la vita a causa di colate di fango e inondazioni. Le forti piogge hanno provocato frane in Nicaragua e in Honduras, spazzando via case e distruggendo infrastrutture. La Svizzera ha reagito rapidamente, inviando squadre di soccorso nelle aree colpite e fornendo sostegno finanziario.
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Ben presto è diventato chiaro che con un efficiente sistema di prevenzione delle catastrofi molte sofferenze avrebbero potuto essere evitate. Da allora, in collaborazione con le autorità locali e varie università, la DSC ha cominciato a lavorare in questo senso.
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La regione non è solo interessata da eventi meteorologici estremi, ma è anche regolarmente colpita da terremoti ed eruzioni vulcaniche a causa della sua collocazione lungo la cintura di fuoco del Pacifico. Con la costruzione di edifici e infrastrutture antisismici al di fuori delle aree a rischio di inondazioni la DSC, insieme ai suoi partner, ha contribuito a creare le condizioni per ridurre i danni e le vittime provocati da simili eventi.
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Oltre alle misure strutturali, anche il trasferimento delle conoscenze è fondamentale per sensibilizzare le persone in loco ai pericoli naturali. Sono state elaborate mappe dei pericoli, sono stati organizzati sistemi di protezione civile e sono state effettuate esercitazioni di evacuazione mentre i sistemi di allerta precoce sono stati ottimizzati utilizzando dati satellitari e modelli meteorologici – il tutto con l’obiettivo di preparare e dunque proteggere meglio la popolazione in caso di catastrofe. Sono 19 milioni le persone che hanno beneficiato di queste misure.
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In America centrale, per 25 anni la Svizzera ha portato avanti un programma globale di riduzione del rischio di catastrofi (Disaster Risk Reduction, DRR) investendo oltre 40 milioni CHF e realizzando 70 progetti. Per la DSC si è trattato del più ampio programma di questo genere.
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Nel 2023 la DSC ha analizzato in maniera approfondita e pubblicato su una piattaforma dedicata le esperienze e le conoscenze maturate con questo impegno. Il materiale disponibile permette anche ad altri Paesi e organizzazioni di imparare dalle buone esperienze fatte e di migliorare le proprie misure di riduzione del rischio di catastrofi.
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Lo scambio di conoscenze in questo settore è particolarmente importante perché il cambiamento climatico sta esacerbando gli eventi meteorologici estremi. Inondazioni, frane, siccità e uragani aumentano di intensità e sono più frequenti. Nel 97 % dei casi le vittime si trovano in Paesi in via di sviluppo.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Intervista Prevenzione delle catastrofi
Sito web DSC: Prevenzione delle catastrofi (en)
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Il 14 maggio 2023 il ciclone Mocha ha investito le coste del Bangladesh e del Myanmar, causando devastazioni considerevoli e colpendo anche il più grande campo profughi del mondo. L’Aiuto umanitario della Confederazione ha messo subito a disposizione 3,2 milioni CHF per far fronte ai bisogni umanitari urgenti.
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Tre bandiere di allarme tempesta segnalano il massimo livello di allerta. Un’area di bassa pressione sul Golfo del Bengala si è trasformata in un ciclone tropicale di categoria 4 e si sta muovendo verso la città di Cox’s Bazar in Bangladesh e lo Stato di Rakhine in Myanmar. Il 14 maggio 2023 il ciclone Mocha colpisce la terraferma con raffiche di vento a 250 km/h.
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I meteorologi parlano della peggiore tempesta tropicale nella regione da due decenni a questa parte, di un’ampiezza tale da abbattersi su ben 4 milioni di persone. Le piogge torrenziali, le forti raffiche e le mareggiate danneggiano o distruggono migliaia di case, campi, sistemi di comunicazione e vie di trasporto. Secondo alcune stime, in Myanmar si contano tra le 160 e 400 vittime.
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La tempesta investe anche il più grande campo profughi del mondo, che si trova in Bangladesh e in cui vive circa un milione di profughi rohingya scappati dal Myanmar, distruggendo 8000 dei loro modesti rifugi. In via precauzionale le autorità locali evacuano migliaia di persone per scongiurare la perdita di molte vite.
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Varie organizzazioni e comunità religiose del posto forniscono i primi aiuti di soccorso. In un appello urgente, le Nazioni Unite chiedono 333 milioni USD per assistere 1,6 milioni di persone in difficoltà. L’Aiuto umanitario della Svizzera mette subito a disposizione dei suoi partner 3,2 milioni CHF per sopperire ai bisogni umanitari più urgenti, di cui 2,4 milioni vengono destinati al Myanmar e 800’000 al Bangladesh.
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In Myanmar sono ben 40’000 le persone che ricevono aiuti umanitari, come generi alimentari, acqua, rifugi, prestazioni in denaro o sementi, da partner finanziati dalla Svizzera. In Bangladesh, la Svizzera devolve 800’000 CHF all’ACNUR, all’OIM, all’ACES e a Helvetas per riparare gli alloggi dei rifugiati con materiali ignifughi e resistenti alle intemperie. Complessivamente l’aiuto svizzero raggiunge 15’000 persone, sia nelle comunità di rifugiati che in quelle dei Paesi di accoglienza.
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Le operazioni di soccorso in Myanmar si rivelano difficili: gli aiuti umanitari riescono a coprire solo una parte dei bisogni urgenti della popolazione a causa del conflitto in corso e delle restrizioni di accesso imposte dalle autorità locali. Dal colpo di Stato del 2021, il Paese attraversa una profonda crisi politica, sociale, economica e umanitaria.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Bangladesh
Sito web DSC: Myanmar
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La Svizzera ha annunciato che nel 2023 contribuirà con cinque milioni di franchi al Fondo Amazzonia, che promuove lo sfruttamento sostenibile del bacino amazzonico brasiliano con l’obiettivo di ridurre la deforestazione.
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Il bacino amazzonico è uno degli ecosistemi più diversificati al mondo e si estende per sei milioni di chilometri quadrati sul territorio di nove Paesi sudamericani. La maggior parte della superficie è coperta dalla foresta pluviale e circa il 60% si trova in Brasile. Quest’area assorbe enormi quantità di CO2; è quindi estremamente importante nella lotta al cambiamento climatico.
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Alcune attività economiche come il disboscamento illegale, l’allevamento intensivo e l’estrazione incontrollata dell’oro minacciano tuttavia di distruggere l’area. È qui che entra in gioco il Fondo Amazzonia, che finanzia sistemi di monitoraggio e controllo e promuove progetti di riforestazione. Altri progetti, anch’essi realizzati in collaborazione con il settore privato, utilizzano le zone boschive rimanenti puntando sulla sostenibilità sociale ed economica. Il fondo sostiene inoltre in particolare gruppi di popolazione a rischio e si impegna in favore dell’uguaglianza.
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Lo sviluppo sostenibile della regione amazzonica rappresenta una priorità della cooperazione svizzera con il Brasile, anche in vista di un’intensificazione delle relazioni commerciali tra i due Paesi. La Svizzera è inoltre coinvolta in altri progetti regionali di sostenibilità che sfruttano le sinergie con il Fondo Amazzonia.
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Il Fondo è stato creato nel 2008. Si tratta di un progetto a cui hanno aderito finora Norvegia, Germania, Svizzera e Stati Uniti, ma che ha suscitato l’interesse anche del Regno Unito e dell’Unione Europea. Il Fondo è gestito dalla Banca brasiliana per lo sviluppo che, dalla sua istituzione, ha sostenuto più di 100 progetti per un totale di oltre 600 milioni di dollari.
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L’inquinamento atmosferico rappresenta un duplice problema: da un lato, ogni anno 7 milioni di persone perdono la vita in tutto il mondo a causa dell’aria che respirano; dall’altro, gli inquinanti sono i principali responsabili del cambiamento climatico insieme al CO₂. In altre parole, la protezione del clima ha anche benefici per la salute, come dimostra l’esempio della Mongolia.
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La capitale mongola Ulan Bator è una delle metropoli maggiormente colpite dall’inquinamento atmosferico a livello mondiale: «Le sostanze nocive che si respirano quotidianamente in questa città corrispondono a quelle di cinque o sei pacchetti di sigarette», riferisce il portale online nazionale News.mn. In inverno, quando le temperature scendono fino a toccare i -30 °C, gli abitanti della capitale bruciano 600 000 tonnellate di carbone grezzo per riscaldarsi e cucinare. Nell’aria si diffonde allora un fitto smog che provoca dolore ai polmoni se respirato.
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Malattie respiratorie e cardiovascolari: in Mongolia, un decesso su tre è riconducibile agli inquinanti atmosferici. Bambini e anziani sono le fasce della popolazione più a rischio. «L’inquinamento atmosferico rappresenta una delle principali minacce per il futuro della Mongolia», afferma Stephanie Burri dell’ufficio della DSC a Ulan Bator. Ecco perché negli ultimi anni la Svizzera ha sostenuto le autorità locali nella lotta contro lo smog. Un impegno che sta dando i suoi frutti: i risultati ottenuti con l’«Impact of Air Pollution on Maternal and Child Health Project», concluso nel 2023, sono impressionanti a più livelli.
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In collaborazione con l’UNICEF, la DSC ha per esempio sostenuto la ristrutturazione di 28 scuole e asili. Grazie ai risanamenti, la temperatura all’interno dei locali è passata da 15 a 22 °C e l’impiego di filtri ha permesso di migliorare notevolmente la qualità dell’aria. Il risultato? Il numero di bambini malati è diminuito del 48 % e le assenze per malattia tra gli insegnanti sono calate del 78 %. L’efficienza energetica degli edifici è invece aumentata del 40 %.
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Nell’ambito dello stesso progetto, la DSC e i suoi partner hanno sviluppato il cosiddetto pacchetto CHIP (Cooking, Heating, and Insulation Products), un’alternativa pratica e conveniente alle stufe a carbone. Il 6 % delle famiglie che risiedono nelle aree urbane della Mongolia può ora fare affidamento su questa tecnologia ecologica, beneficiando di spazi abitativi senza fumo e contribuendo al contempo a proteggere il clima.
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L’inquinamento atmosferico è un enorme problema in tutto il mondo, non solo in Mongolia. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stima che oggi sia all’origine di un decesso su otto, un dato che equivale a sette milioni di persone all’anno. E questo bilancio si limita alle conseguenze per la salute, a cui vanno poi a sommarsi gli effetti sull’economia e sul clima: insieme al CO₂, gli agenti inquinanti come la fuliggine, il metano, gli idrofluorocarburi ecc. sono la principale causa del riscaldamento globale e, nella situazione attuale, contribuiscono per il 50 % al cambiamento climatico.
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La Svizzera condivide la sua esperienza nel campo della protezione dell’aria e da oltre 30 anni affianca i Paesi partner nella lotta all’inquinamento atmosferico. Un’esperienza che mette anche al servizio del dialogo tra Stati affinché la comunità internazionale possa affrontare unitamente le sfide legate ai cambiamenti climatici e all’inquinamento dell’aria.
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L’impegno della DSC spazia dal monitoraggio della qualità dell’aria ai piani d’azione per il miglioramento della stessa, fino all’introduzione di energie alternative nelle imprese. Dall’America latina alla Cina, una delle sue priorità è la protezione dell’aria nel settore della mobilità tramite l’utilizzo di filtri antiparticolato e l’introduzione di norme e standard per le emissioni dei veicoli e la qualità dei carburanti.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Aria respirabile per la Mongolia
Newsletter DSC: Clean air for all (en)

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L’Impact-linked Fund for Eastern and Southern Africa (ILF ESA) offre incentivi finanziari alle PMI dell’Africa orientale e meridionale per raggiungere obiettivi d’impatto misurabili in ambito sociale e ambientale.
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L’ILF ESA è uno strumento innovativo della finanza a impatto sviluppato dalla DSC insieme al suo partner Roots of Impact. Offre a finanziatori, investitori e imprenditori un’opportunità unica di reinventare la finanza perseguendo «condizioni migliori per un maggiore impatto» e integrando quest’ultimo in qualsiasi tipo di investimento privato. Le organizzazioni a impatto elevato con modelli basati sul mercato – spesso dette imprese sociali – ricevono un compenso finanziario diretto per l’effetto positivo e duraturo delle loro attività.
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L’obiettivo generale dell’ILF ESA è mobilitare finanziamenti dal settore pubblico e privato e finanziare organizzazioni a impatto elevato nell’Africa orientale e australe, assicurando che queste ultime rafforzino o mantengano il loro impegno nei confronti delle fasce della popolazione vulnerabili e a basso reddito. In termini di gestione aziendale, l’ILF ESA permetterà idealmente alle organizzazioni di consolidare i loro modelli commerciali e di renderli via via economicamente sostenibili affinché, nel lungo termine, non dipendano più da finanziamenti e sovvenzioni di donatori.
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A dicembre del 2023, otto organizzazioni a impatto elevato nell’Africa orientale avevano ottenuto finanziamenti dall’ILF ESA. Una di queste è Shamba Pride, un distributore keniota di prodotti e servizi agricoli che acquista mezzi di produzione agricoli (sementi, fertilizzanti, pesticidi ecc.) a prezzi preferenziali grazie ad accordi strategici con i produttori, saltando così varie fasi del processo di distribuzione. Shamba Pride trattiene una percentuale del margine negoziato e distribuisce i mezzi di produzione e i servizi alla sua rete di rivenditori locali di prodotti agricoli, detti DigiShop, che operano secondo un modello di franchising.
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Il modello commerciale di Shamba Pride ha già un notevole impatto, ma un incentivo per l’impatto sociale (SIINC) dell’ILF ESA ha spinto l’impresa ad aprire DigiShop in aree del Kenia economicamente più svantaggiate (contee aride e semiaride). Shamba Pride non avrebbe altrimenti potuto espandersi allo stesso modo. I fondi le hanno inoltre permesso di vendere una percentuale superiore di prodotti agricoli «climate-smart» (che consentono agli agricoltori di coltivare colture più resistenti al clima e quindi di massimizzare le entrate riducendo le perdite) e di aumentare la percentuale di prodotti biologici nei DigiShop.
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Nel periodo 2021–23 Shamba Pride ha aperto 84 DigiShop in contee aride e semiaride, 52 in più dei 32 previsti. Questi servono 385 clienti all’anno, ognuno dei quali risparmia 8.30 dollari, per un totale di 166 dollari risparmiati dagli agricoltori nel primo anno. Tale dato sottostima però l’impatto reale, poiché è difficile quantificare l’aumento di produttività. Con i risparmi gli agricoltori acquistano più prodotti per l’agricoltura, come fertilizzanti e sementi. Shamba Pride ha quasi triplicato l’importo del SIINC con investitori privati, ampliando la sua portata e migliorando l’accesso a sementi «climate-smart» e prodotti agricoli bio.
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Complessivamente, l’ILF ESA ha sostenuto aziende a impatto elevato come Shamba Pride con incentivi per un totale di 1,8 milioni di dollari, aiutandole a diventare autosufficienti e a far crescere la loro attività, offrendo così prodotti e servizi a prezzi accessibili a un maggior numero di clienti a basso reddito. L’ILF ESA è frutto di un partenariato tra la DSC, la fondazione Medicor, la fondazione Swiss Re, la fondazione Fourfold e Aqua for All, ed è implementato da iGravity e Roots of Impact.

Ulteriori informazioni:
Impact-Linked Fund for Eastern & Southern Africa (en)
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La regione del Bregalnica nella Macedonia del Nord è un hotspot europeo della biodiversità.

Il “Nature Conservation Programme” ha chiaramente dimostrato come la conservazione della natura e lo sviluppo locale possano rafforzarsi vicendevolmente.
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Il progetto nel bacino del Bregalnica, che copre il 17 % del territorio della Macedonia del Nord, è stato avviato nel 2012 e concluso con successo nel 2023. Il metodo di “landscape approach” ha permesso di considerare le molteplici esigenze dei vari gruppi d’interesse in modo partecipativo. Il risultato? Sono stati siglati partenariati con 15 comuni, governo e agenzie nazionali, settore privato, comunità scientifica e organizzazioni non governative. Helvetas Swiss Intercooperation ha coordinato l’iniziativa per i primi quattro anni, per poi passare il testimone all’organizzazione locale Farmahem.
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Il progetto ha analizzato il divario ecologico per determinare il grado di biodiversità. I risultati sono confluiti in una mappa della sensibilità ecologica. Incontri con studenti, professori e professionisti svizzeri hanno favorito l’integrazione della biodiversità nei programmi delle facoltà di scienze forestali in Macedonia del Nord.

Il progetto ha formato persone disoccupate in apicoltura sostenibile, sviluppando un percorso di studi certificato con un apiario e un centro di formazione: una prima nel Paese.

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Le aree protette dell’Osogovo e del Maleshevo sono state ufficialmente riconosciute come tali durante l’attuazione del progetto, portando la superficie protetta del territorio della Macedonia del Nord dall’8,9 % all’11,2 %. Tre nuovi siti sono inoltre stati inclusi nella rete europea di aree protette Natura 2000.
Infine, una fascia di vegetazione riparia di 15 km è stata ripristinata, riducendo il rischio di inondazioni ed erosione del suolo e favorendo così la conservazione della biodiversità nella zona interessata.
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Per accrescere l’interesse del pubblico nei confronti della conservazione e della gestione sostenibile delle risorse, è stato introdotto un programma competitivo di sovvenzioni di piccola entità che finanzia iniziative inerenti alla conservazione della natura, allo sfruttamento sostenibile delle risorse e all’efficienza energetica. Questa piattaforma ha premiato 36 iniziative, cinque delle quali hanno ottenuto finanziamenti per l’implementazione su larga scala.
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L’ecoturismo figura tra i settori d’intervento del progetto nelle aree recentemente designate come protette. Ciò favorisce la preservazione delle tradizioni e del patrimonio culturale locali e contribuisce a ridurre l’emigrazione, creando posti di lavoro e opportunità economiche. Sia i comuni che le imprese attive nel settore del turismo nella regione del Bregalnica hanno avanzato proposte per stimolare gli investimenti congiunti nell’infrastruttura e nei servizi turistici. La domanda nel settore dell’ecoturismo nella regione è in crescita.
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La sensibilizzazione dell’opinione pubblica è stata integrata nel progetto fin dall’inizio. Ne è un esempio il film «Honeyland», che narra la vita dell’ultima donna in Europa ad allevare api selvatiche. Il film ha ottenuto oltre 40 premi in tutto il mondo ed è stato nominato per un Oscar in due categorie. È inoltre stato istituito un centro didattico per la conservazione della natura che collabora con scuole, facoltà e associazioni di cittadini nella Macedonia del Nord.
Ciò ha notevolmente aumentato la sensibilità delle persone verso la natura e lo sfruttamento sostenibile delle sue risorse.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Macedonia del Nord
Sito web del progetto (en)

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Nel novembre del 2023 il Fondo monetario internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM) hanno cancellato debiti dello Stato somalo per 4,5 miliardi USD. La cancellazione del debito è stata approvata in seguito all’attuazione, da parte della Somalia, di importanti riforme per lottare contro la povertà e garantire la stabilità fiscale. La Svizzera ha sostenuto attivamente la Somalia in questo processo.
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La cancellazione del debito è avvenuta nell’ambito del processo HIPC (Highly Indebted Poor Country) dell’FMI e della BM. Il processo HIPC punta a sostenere i Paesi in via di sviluppo nell’attuazione di riforme volte a promuovere la stabilità macroeconomica.
In Somalia, il processo HIPC è durato da marzo 2020 a dicembre 2023. Il questo periodo, la Somalia ha realizzato varie riforme per rafforzare i suoi istituti economici e ha promosso una crescita economica inclusiva.
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Tra i risultati ottenuti vi è stata la riduzione del debito pubblico dal 64 al 6 % del PIL. Grazie a un debito pubblico a un livello sostenibile, il Paese può ora normalizzare le proprie relazioni con gli istituti finanziari internazionali e accedere più facilmente ai fondi necessari per il proprio sviluppo.
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In collaborazione con l’ONU e la BM, la Svizzera ha sostenuto la Somalia nel raggiungimento degli obiettivi previsti dal processo HIPC. Nell’ambito di un programma congiunto per la governance locale (Joint Program for Local Governance, JPLG) sotto la guida dell’ONU, la Svizzera ha per esempio aiutato le autorità locali somale a rafforzare la gestione delle finanze pubbliche.
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Inoltre, ha coadiuvato la BM nella collaborazione con le autorità somale per promuovere l’attuazione di riforme nel campo della politica finanziaria, in particolare della politica delle entrate, e della gestione delle finanze pubbliche.
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Insieme all’ONU e alla BM, la Svizzera sostiene il graduale rafforzamento delle principali istituzioni statali somale e contribuisce così alla stabilità e alla ripresa socio-economica del Paese. Il processo HIPC in Somalia è un esempio di cooperazione riuscita tra gli istituti finanziari internazionali, l’ONU, le autorità statali e i Paesi donatori.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Corno d'Africa

Foto: Abihakim Mohamed, World Bank 
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Dato l’enorme successo riscosso dal programma Global Eco-Industrial Parks (GEIPP), nel 2023 la Svizzera e l'Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale hanno deciso che nei prossimi cinque anni verrà ulteriormente ampliato.
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I parchi industriali dovranno consumare meno risorse e le aziende che vi collaborano dovranno rispondere a standard ambientali e sociali più elevati. Questo è l'obiettivo del programma. Il GEIPP è già in corso di attuazione in Egitto, Indonesia, Colombia, Perù, Sudafrica, Ucraina e Vietnam; nei prossimi cinque anni sarà esteso ad altri parchi.
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I parchi industriali riuniscono diverse aziende di produzione e fornitura di servizi in un sito comune. Sono particolarmente diffusi nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi emergenti, per i quali rivestono un’importanza centrale a livello economico. Spesso però la loro produzione avviene tuttavia in modo poco efficiente e puntando al risparmio.
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Il GEIPP sostiene i parchi industriali nel loro percorso per diventare parchi eco-industriali. Le aziende coinvolte affrontano insieme le questioni legate all’ambiente e all’utilizzo delle risorse con l’obiettivo di ridurre la loro impronta ecologica e migliorare la produttività dell'intero parco.
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Insieme alle aziende, il programma identifica le misure che permetteranno di risparmiare risorse. Ciò include anche la creazione di sinergie tra le diverse aziende. Un esempio in questo senso è rappresentato dall’utilizzo del calore residuo del processo di produzione di un'azienda, successivamente impiegato per riscaldare una serra in un altro punto del parco.
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La gestione dei parchi dovrà creare le condizioni affinché le aziende producano in modo efficiente dal punto di vista delle risorse. Il programma supporta i parchi nell'identificazione del potenziale di miglioramento e nello sviluppo di soluzioni, tra cui potrebbero rientrare ad esempio l'impianto di trattamento delle acque reflue, la produzione sostenibile di energia elettrica o un servizio di trasporto interno al parco. Il programma sostiene anche i governi nello sviluppo di quadri giuridici che creino incentivi per una produzione efficace.
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In Nepal i ponti sospesi costruiti con le competenze tecniche e il sostegno della Svizzera hanno raggiunto quota 10’000, risultato imponente di una cooperazione allo sviluppo che dura da oltre 60 anni.
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Il Nepal ha una topografia molto accidentata, con oltre 6000 fiumi e torrenti. Per questo motivo la Svizzera fin dagli anni 1960 sostiene la costruzione di ponti sospesi pedonali che attraversano fiumi e gole e collegano vette. Grazie ai ponti, la popolazione ha potuto accedere più facilmente all’assistenza sanitaria, all’istruzione e ai mercati.
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La collaborazione è cambiata notevolmente nel tempo: se in una fase iniziale era la DSC a realizzare direttamente i progetti edili, in collaborazione con l’organizzazione umanitaria Helvetas, ben presto la priorità è stata data al trasferimento delle competenze e delle conoscenze alle comunità locali. Dopo l’introduzione della costituzione federale in Nepal nel 2015, la DSC si è concentrata sul sostegno alle autorità nella costruzione, manutenzione e gestione dei ponti. Ora che il Paese dispone delle risorse e del know-how tecnico necessari per portare avanti il progetto, nel 2023 la Svizzera ha terminato il suo sostegno alla costruzione di ponti sospesi.
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I 10’000 ponti edificati migliorano in modo duraturo le condizioni di vita di 19 milioni di persone, riducendo di 2,5 ore la durata media dei loro spostamenti. A ogni nuovo ponte sospeso realizzato, il numero di bambini che si recano a scuola aumenta in media del 16 per cento e le consultazioni presso i centri sanitari crescono del 26 per cento. E un ponte su cinque attira piccoli imprenditori, che si stabiliscono nella regione e aprono nuovi negozi, chioschi di ristorazione o officine.
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Già nel 2023 sono stati oltre 750 i ponti finanziati direttamente dal Governo nepalese. La Svizzera ha fornito supporto solo con know-how tecnico e competenze relativi alle modalità di attuazione, al controllo della qualità e alla manutenzione dei ponti. Inoltre, la Svizzera ha formato i servizi responsabili per garantire che l’impegno potesse proseguire in modo indipendente dopo il 2023.
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L’esempio del Nepal illustra come sia cambiata la cooperazione allo sviluppo della Svizzera in 60 anni, da una fase iniziale di costruzione diretta delle infrastrutture, passando per un approccio partecipativo e il trasferimento delle capacità alle comunità locali, fino al sostegno alla realizzazione di strutture federali e alla condivisione delle conoscenze tecniche con le autorità.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Ponti in Nepal
Sito web DSC: Nepal


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Grazie al progetto VEGI, la Mongolia ha introdotto nuove varietà di ortaggi, aumentato la produzione e ridotto le importazioni. Oggi il Paese è ampiamente indipendente nel settore agricolo. Il progetto VEGI ha migliorato in modo duraturo non solo l’alimentazione delle famiglie, ma anche il loro reddito.
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In Mongolia il clima è rigido, cosicché è possibile coltivare verdure solo per quattro mesi all’anno. È anche per questo motivo che il Paese aveva interrotto la produzione di ortaggi durante il regime socialista, che prevedeva un’economia pianificata. «Dopo il crollo dell’URSS, la Mongolia dipendeva totalmente dalle importazioni dall’estero», spiega Stephanie Burri, capo dell’Ufficio di cooperazione della DSC nel Paese. Dal 2004, la DSC ha aiutato la Mongolia a selezionare varietà di patate adatte al clima locale. Oggi il Paese copre da solo il proprio fabbisogno di patate e, in questo settore, è diventato indipendente dai suoi vicini Russia e Cina.
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Il successo del progetto ha incentivato il Governo mongolo a fare di più. E così, al progetto sulle patate ha fatto seguito quello sulle verdure, incentrato su cipolle, cavoli e carote, che
ha permesso di selezionare nuove varietà, formare agricoltrici e agricoltori, mettere a disposizione sementi e ampliare la superficie di produzione.
Il bilancio è più che positivo: se 20 anni fa la produzione nazionale copriva il 40 % del fabbisogno di ortaggi della Mongolia, oggi tale quota è salita a quasi l’80 %.
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La riuscita dei progetti attuati è dimostrata anche dal miglioramento della situazione finanziaria delle produttrici e dei produttori: il reddito medio annuo di una famiglia di orticoltori è infatti aumentato di quasi il 14 % tra il 2020 e il 2023. Non solo: anche nelle scuole, soprattutto dell’infanzia, è stata promossa un’alimentazione sana. Inoltre, insieme ad alunni, genitori e insegnanti sono stati creati orti scolastici sotto la guida esperta di personale appositamente formato. Oggi, nell’alimentazione di bambine e bambini, gli ortaggi sono la normalità.
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La stretta collaborazione tra Svizzera e Mongolia, basata sulla fiducia, è stata decisiva per i successi ottenuti. Grazie a tale cooperazione, infatti, è stato possibile modificare la legislazione relativa alle sementi e alle varietà vegetali, suscitando l’interesse del mondo scientifico per lo sviluppo di nuovi ortaggi e promuovendo gli investimenti privati in questo settore.
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La DSC è attiva in Mongolia dal 2001. Quell’anno, un inverno particolarmente rigido aveva causato la morte di 21 milioni di capi di bestiame, privando le allevatrici e gli allevatori della loro fonte di sostentamento. La DSC ha fornito aiuto di emergenza e, negli anni successivi, ha promosso con successo un allevamento e un’agricoltura sostenibili. Inoltre, ha rafforzato il proprio impegno per la democrazia, i diritti umani e l’uguaglianza di genere nel Paese.
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Dopo 20 anni di proficua collaborazione, entro la fine del 2024 la Svizzera concluderà il suo programma di cooperazione bilaterale allo sviluppo in Mongolia, cessando gradualmente e responsabilmente le proprie attività e facendo in modo che i risultati ottenuti possano essere mantenuti. Anche in futuro saranno comunque possibili partenariati e altre forme di sostegno, per esempio in settori quali i cambiamenti climatici, l’aiuto umanitario, lo sviluppo di politiche o il commercio.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Mongolia
Sito web DSC: 20 anni in Mongolia
DSC Podcast Spotify: "Das mongolische Kartoffel-Projekt" (de)


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Dall’aprile del 2023, il conflitto in Sudan ha costretto alla fuga milioni di civili. La Svizzera ha sbloccato fondi supplementari per sostenere gli sforzi umanitari nel Paese e negli Stati limitrofi.
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Il 15 aprile 2023 a Khartoum, capitale del Sudan, sono scoppiati violenti scontri tra due fazioni militari rivali. I combattimenti si sono presto fatti più intensi, estendendosi a diverse regioni del Paese e provocando lo sfollamento di milioni di persone, tra cui 4 milioni di minori (UNICEF). Quasi 2 milioni di persone (OIM, marzo 2024) sono fuggite nei Paesi vicini, in particolare in Ciad, Sudan del Sud ed Egitto.

Secondo l’ONU quasi 25 milioni di persone, ossia un cittadino sudanese su due e un numero tre volte superiore alla popolazione svizzera, necessiteranno di aiuti umanitari nel 2024.

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A fronte della crisi e delle enormi esigenze umanitarie, nel 2023 la Confederazione ha stanziato quasi 64 milioni CHF, un terzo dei quali per le attività umanitarie in Sudan e due terzi per gli Stati limitrofi. Tale budget copre il sostegno all’operato di vari partner, tra cui agenzie dell’ONU – il Fondo di emergenza umanitaria per il Sudan, il Programma alimentare mondiale (PAM), l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) –, il Comitato internazionale della Croce Rossa e ONG internazionali.
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La Svizzera finanzia per esempio un progetto del PAM a Porto Sudan, città costiera che ha accolto un gran numero di persone in fuga dalla violenza e dai combattimenti di cui il Paese è teatro. In questo caso l’aiuto è distribuito sotto forma di denaro contante e buoni acquisto e consente agli sfollati, che hanno perso tutto, di sopperire alle esigenze di base acquistando cibo e beni di prima necessità.

X: WFP (en)



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La Svizzera ha anche stanziato 2,3 milioni CHF a favore della FAO e del suo piano d’emergenza, con l’obiettivo di contrastare la crisi alimentare in Sudan, di giorno in giorno più grave, rafforzando le basi vitali di milioni di agricoltori, allevatori e pescatori. A livello locale questi fondi consentono di distribuire sementi di qualità, di fornire materiale e attrezzatura da pesca e di potenziare le campagne di vaccinazione per proteggere il bestiame dalle malattie.
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Le ripercussioni del conflitto hanno inflitto un duro colpo ai Paesi limitrofi. In risposta al massiccio afflusso di profughi nell’Est del Ciad, dove mancano le infrastrutture e i servizi di base, la Svizzera ha sbloccato 11,2 milioni CHF a sostegno delle comunità di accoglienza.

Saranno tuttavia necessari ulteriori finanziamenti per aiutare le popolazioni ciadiane indebolite dagli choc climatici e dall’insicurezza alimentare.
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Nel Sudan del Sud, altro Paese vicino, la Svizzera ha stanziato 11 milioni CHF nel 2023 per far fronte alle esigenze legate all’arrivo di oltre mezzo milione di profughi. Questo Stato, indipendente da pochi anni, ha una popolazione leggermente superiore a 12 milioni di persone, di cui 9 milioni dipendono dall’aiuto umanitario.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Sudan
Sito web DSC: Sudan: una crisi lontana da ogni sguardo
Conferenza dei donatori a Parigi: comunicati stampa
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Vista la difficile situazione economica in molti Paesi dell’America latina è importante creare prospettive e opportunità di lavoro per i giovani. La DSC contribuisce a promuovere offerte formative e a diffondere buoni esempi.
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La Bolivia continua a essere uno dei Paesi più poveri e meno avanzati dell’America del Sud. Il tasso di disoccupazione giovanile è molto elevato. I progetti di formazione professionale sono quindi una priorità della cooperazione della DSC e includono anche iniziative per promuovere gli stage, l’inserimento lavorativo e l’imprenditorialità.
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Il programma ha un impatto positivo sull’occupazione e sul reddito delle e dei giovani partecipanti che, in media, dopo la formazione guadagnano il 36 % in più rispetto a prima. Le e i partecipanti possono migliorare la loro indipendenza economica in media del 34 %.
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Complessivamente 40 000 studenti hanno beneficiato degli stage e dei posti di lavoro offerti tramite la DSC. Tra le altre cose, due applicazioni gratuite hanno contribuito ad aiutare i giovani a trovare l’occupazione più adatta per loro.
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La DSC ha analizzato in modo approfondito i suoi progetti di formazione professionale in America latina, concentrandosi su questioni riguardanti l’impatto e la sostenibilità. Oltre alla Bolivia, sono stati presi in considerazione anche Cuba, l’Honduras e il Nicaragua. L’obiettivo è salvaguardare le conoscenze acquisite e condividerle a livello globale con le organizzazioni interessate su una nuova piattaforma web. Questo lavoro è un’eredità che rimarrà anche dopo il ritiro della DSC dalla cooperazione bilaterale con l’America latina e i Caraibi nel 2024.
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Importante: per avere successo, i programmi di formazione professionale devono essere adeguati al relativo contesto. La cooperazione con il settore privato è fondamentale. Se si tiene conto di questi aspetti, la formazione professionale può avere a lungo termine un impatto positivo sullo sviluppo della regione.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Thematic Capitalisations (en)
Sito web DSC: Instruzione di base e formazione professionale
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La regione del Sahel deve affrontare sfide complesse. Per garantire l’efficacia dei propri programmi, la Svizzera li adatta costantemente al mutare del contesto e dei bisogni delle popolazioni.
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Nel 2023 il Sahel è stato teatro di molteplici crisi: instabilità politica, colpo di Stato in Niger, crescente insicurezza, crisi alimentare aggravata dal cambiamento climatico, sfollamento delle popolazioni.

Inoltre, la partenza della Missione multidimensionale integrata delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) e l’annuncio dell’uscita di Mali, Burkina Faso e Niger dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), nonché la creazione dell’Alleanza degli Stati del Sahel (AES, Alliance des Etats du Sahel) tra questi tre Paesi, hanno importanti implicazioni per la regione.

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In questo contesto, il Sahel sta dimostrando una straordinaria resilienza grazie a un notevole potenziale agropastorale e a un immenso capitale umano costituito dalle giovani generazioni. La Svizzera sostiene questo potenziale attraverso i tre strumenti dell’aiuto umanitario, della cooperazione allo sviluppo e della promozione della pace. I suoi programmi vengono costantemente adattati per rispondere al mutevole contesto e ai bisogni delle popolazioni locali.
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In Mali, per esempio, a fronte dei crescenti bisogni di protezione, la Svizzera cerca di imprimere cambiamenti duraturi, investendo nell’accesso equo ai servizi sociali di base e sostenendo le autorità locali negli ambiti seguenti:
  • stato civile (certificati di nascita, carte d’identità)
  • protezione dell’infanzia (ambienti scolastici sicuri)
  • lotta alla violenza di genere (centri di ascolto)
  • aiuti alle persone sfollate all’interno del Paese (alloggi d’accoglienza, formazione per giovani).
Più di 330 000 persone hanno beneficiato di questo sostegno nel 2023.
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In Burkina Faso, più di 5000 scuole sono state chiuse per la fine del 2023 a causa della crisi legata alla sicurezza e oltre 830 000 giovani, il 50 % dei quali bambine e ragazze, non hanno più accesso all’istruzione. La Svizzera ha finanziato 75 progetti in materia di istruzione in situazioni di emergenza, formazione professionale e alternative di scolarizzazione accelerata per un importo complessivo di 36 milioni CHF, destinati in via prioritaria alle ragazze.
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Per promuovere la pace e la stabilità, la Svizzera agisce sulle cause profonde dei conflitti. Nel Nord del Burkina Faso è impegnata nella mediazione agropastorale in collaborazione con il Centro per il dialogo umanitario di Ginevra.

Organizzati in reti, 630 mediatrici e mediatori locali intervengono per prevenire e gestire i conflitti tra utenti. Ben integrati nelle loro comunità di pastori o agricoltori, conoscono usi e costumi legati allo sfruttamento condiviso delle risorse naturali, alla transumanza e alla convivenza.

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La diffusione dell’estremismo violento in Africa occidentale desta grandi preoccupazioni. Nel corridoio costiero del Sahel, la Svizzera sostiene lo sviluppo di infrastrutture economiche e sociali nelle aree transfrontaliere tra Burkina Faso, Niger, Costa d’Avorio, Ghana, Togo e Benin. Inoltre, contribuisce a rafforzare la coesione sociale attraverso meccanismi di prevenzione e risoluzione dei conflitti.
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Di fronte alla violenza delle milizie islamiste nel Nord-Est della Nigeria, la Svizzera sostiene le famiglie più vulnerabili destinando piccole somme di denaro che consentono di acquistare alimenti sani e costruirsi una vita. In totale, 2000 famiglie hanno ricevuto una carta con accrediti mensili di poco inferiori a 10 CHF con cui possono acquistare merci o ritirare denaro in contanti in negozi locali.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Intervista Patricia Danzi
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Nel 2023 la Svizzera ha rinnovato e consolidato il proprio sostegno in ambito fiscale ai Paesi in via di sviluppo. Da oggi al 2028 ai Paesi partner verranno destinati fino a 28,5 milioni di franchi, che contribuiranno alla riforma dei sistemi fiscali in loco.
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Le entrate fiscali dei Paesi in via di sviluppo sono spesso molto ridotte: corrispondono infatti solo al 10-14% del prodotto interno lordo e anche nei Paesi più ricchi non superano il 20-30%. Ciò si deve a sistemi fiscali deboli, a una carenza di risorse nelle amministrazioni fiscali, al mancato pagamento delle tasse, a settori gestiti in maniera non formale o alla corruzione.
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Il fatto che le entrate fiscali siano basse costituisce un grosso problema, in quanto impedisce ai Paesi in questione di investire nel proprio sviluppo. Maggiori importi fiscali permetterebbero di investire nello sviluppo economico e sociale, di offrire servizi importanti per la comunità e di soddisfare i bisogni primari della popolazione, riducendo così la dipendenza dagli aiuti allo sviluppo.
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Inoltre, è dimostrato che i cittadini che pagano le tasse partecipano di più alle attività pubbliche. Il loro impegno permette di lottare con maggiore forza contro la corruzione e l’appropriazione indebita di fondi pubblici.
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La presenza di sistemi fiscali funzionanti interessa anche il settore privato: le tasse non dovrebbero rappresentare un onere troppo elevato per le imprese e soprattutto per le PMI che dovrebbero invece riuscire a coprire l’importo con facilità.
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Per tutti questi motivi, nel 2023 la Svizzera ha avviato un programma fiscale per i Paesi in via di sviluppo (Swiss Tax Programme for Development, STP4D), il cui obiettivo è quello di sostenere le amministrazioni fiscali nei Paesi partner consentendo loro di aumentare le capacità per creare sistemi fiscali equi ed efficienti. Il programma STP4D combina le soluzioni di istituzioni partner, come il Fondo monetario internazionale (FMI), la Banca mondiale, l’OCSE e istituzioni regionali, concedendo sempre più spazio al know-how svizzero. Grazie a questo nuovo programma la Svizzera sostiene anche il miglioramento del sistema fiscale ucraino, che ha risentito fortemente dell’aggressione militare russa.
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I programmi messi in atto si sono dimostrati validi: nel 2023 i Paesi che applicano i programmi fiscali del FMI hanno visto una crescita più marcata delle proprie entrate fiscali rispetto a quelli che invece non vi hanno aderito.

Ulteriori informazioni:
Sito web SECO: Programma fiscale per i Paesi in via di sviluppo (en)
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La Svizzera risponde ai bisogni umanitari urgenti della popolazione civile e chiede il rispetto del diritto umanitario, la protezione dei civili, il rilascio degli ostaggi, un cessate il fuoco immediato e pieno accesso umanitario alla Striscia di Gaza.
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Gli attacchi terroristici del 7 ottobre 2023 perpetrati da Hamas contro Israele hanno portato alla morte di quasi 1200 persone e al rapimento di 240 ostaggi. Da allora il conflitto armato si è intensificato con conseguenze umanitarie catastrofiche per la regione. Secondo quanto stimato dalle Nazioni Unite ad aprile 2024, oltre 30 000 persone hanno perso la vita a causa dei combattimenti e circa 1,7 milioni di persone sono state sfollate nella Striscia di Gaza. La Svizzera chiede il pieno accesso umanitario alla Striscia di Gaza.
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I bisogni umanitari a Gaza sono immensi: secondo le stime di aprile delle Nazioni Unite, circa 1,1 milioni di persone sono a rischio di un’insicurezza alimentare di portata catastrofica. L’UNICEF avverte di un rapido aumento della malnutrizione e delle malattie infantili. L’accesso all’acqua potabile e alle strutture sanitarie è fortemente limitato. Oltre il 60 % degli edifici è gravemente danneggiato o distrutto.
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In considerazione delle drammatiche conseguenze umanitarie del conflitto, la Svizzera ha stanziato altri 90 milioni di franchi svizzeri in aiuti umanitari nel 2023, di cui 81 milioni destinati per il Territorio palestinese occupato e il resto alla regione. I fondi saranno destinati al Movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, alle Nazioni Unite e alle organizzazioni non governative svizzere. Queste organizzazioni offrono riparo e protezione alle persone colpite, forniscono loro alimenti di base, medicinali e prodotti per l'igiene e sono attive nel campo dell'acqua e dei servizi igienici.
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La direttrice della DSC Patricia Danzi si è recata nella regione in febbraio per farsi un’idea della situazione umanitaria. Il viaggio di sette giorni l’ha portata in Egitto, Giordania, a Gerusalemme, Ramallah e Tel Aviv. Le interviste condotte dipingono all’unanimità una situazione umanitaria drammatica a Gaza. L’aumento degli aiuti svizzeri è stato ben accolto nella regione.
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In Medio Oriente la Svizzera adotta un approccio fondato sulla visione formulata nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU: due Stati democratici, Israele e Palestina, che vivono uno accanto all’altro, in pace ed entro confini sicuri e riconosciuti. In questo contesto, la Svizzera sostiene un dialogo inclusivo, la promozione dei diritti umani e il rispetto del diritto internazionale. La DSC è attiva nel Territorio palestinese occupato da diversi decenni e si impegna a soddisfare i bisogni umanitari.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Medio Oriente
Sito web DSC: Situazione in Medio Oriente


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Tra i settori in cui la Svizzera sostiene i Paesi partner rientra anche lo sviluppo urbano. Interviene ad esempio quando si tratta di riprogettare il trasporto pubblico e la pianificazione del territorio nel rispetto del clima. Attualmente sta aiutando diverse città ucraine a implementare nuovi modelli di trasporto sostenibile e a definire le priorità e gli investimenti corrispondenti. Di recente ha consegnato alcuni tram dismessi alle città di Vinnytsia e Lviv contribuendo così all'ammodernamento di linee ferroviarie obsolete.
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Le città ucraine di Vinnytsia e Lviv hanno bisogno di ampliare la propria flotta di tram e hanno chiesto a questo proposito il sostegno della Svizzera. A seguito dell’aggressione russa, le due città hanno attirato numerosi sfollati e aziende. Ciò ha provocato una rapida crescita della popolazione e un aumento del traffico stradale, con la conseguente necessità di nuovi tram.
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In seguito alla mediazione della SECO, le città di Berna e Zurigo hanno deciso di mettere a disposizione un totale di 78 tram non più in uso. Si tratta di veicoli in buono stato che, in Ucraina, potranno continuare a essere utilizzati per i prossimi anni. Le spese e l’organizzazione del trasporto in Ucraina ma anche la formazione dei dipendenti delle aziende del settore in loco sono a carico della Svizzera.
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BERNMOBIL ha donato undici tram modello «Vevey» alla città di Lviv. I «Vevey» sono i primi tram a pianale ribassato costruiti in Svizzera. A Lviv saranno utilizzati sulla nuova linea per l’ospedale, che funzionerà così in modo ottimale.
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La SECO aveva già raggiunto un accordo con l’azienda di trasporto pubblico di Zurigo (Verkehrsbetriebe Zürich, VBZ) nel 2021. Nel 2023 ha poi organizzato il trasporto di 28 veicoli Tram2000 a Vinnytsia, pianificando l'esportazione di altri otto veicoli nella prima parte del 2024. Alla fine del 2023 la SECO e VBZ hanno deciso di donare altri 31 Tram2000 a Vinnytsia.
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Il nostro Paese non si limita a sostenere l'espansione della rete tranviaria ucraina, ma si impegna anche in favore della modernizzazione delle ferrovie. Nel 2023 ha contribuito a riparare circa 270 chilometri di binari verso la Polonia e Odessa. Un'azienda svizzera ha fornito i relativi fissaggi per le rotaie. Gli investimenti nella rete ferroviaria consentiranno all’Ucraina di esportare maggiori quantità di cereali e di importare più aiuti umanitari provenienti dall'Europa.
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Se in passato la fame era principalmente indotta dalla povertà, oggi è causata soprattutto dai conflitti armati: quasi il 70 % dei 309 milioni di persone che vivono in uno stato di insicurezza alimentare acuta si trova in Paesi in conflitto.
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Nel corso del suo primo anno al Consiglio di sicurezza dell’ONU la Svizzera ha sempre sostenuto l’importanza di proteggere i civili nei conflitti armati e si è impegnata per garantire che la sicurezza alimentare della popolazione fosse promossa e difesa, in particolare per quanto riguarda Gaza, Haiti e il Burkina Faso.
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All’interno del Consiglio di sicurezza la Svizzera cerca soprattutto di fare in modo che le risoluzioni adottate rispettino pienamente il diritto internazionale umanitario, vigila affinché il carattere vincolante di quest’ultimo non venga relativizzato e sottolinea l’importanza della responsabilità.
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Questo impegno è culminato nell’organizzazione di un dibattito aperto tenutosi nel maggio del 2023, durante la presidenza svizzera, e condotto da Alain Berset, allora presidente della Confederazione. All’incontro hanno partecipato numerosi rappresentanti di alto livello, tra cui il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, la presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa Mirjana Spoljaric Egger e il presidente del Mozambico Filipe Nyusi.
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Nei contesti caratterizzati da insicurezza alimentare la Svizzera può fare leva sulla fitta rete di contatti che la DSC ha con la società civile locale, e al dibattito aperto ha invitato anche Aisha Mounkaila dal Niger, direttrice della Rete delle organizzazioni delle donne per la stabilizzazione del bacino del lago Ciad. È raro che rappresentanti della società civile possano esprimersi davanti al Consiglio di sicurezza.
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A cinque anni dall’adozione della risoluzione 2417 sull’insicurezza alimentare nei conflitti armati il dibattito ha dato nuova visibilità a questo tema, collegandolo alla protezione dei beni e dei servizi di base. Gli interventi hanno messo in evidenza la necessità, per il Consiglio di sicurezza, di agire più rapidamente quando si profila la minaccia dell’insicurezza alimentare.

Ulteriori informazioni:
WFP: Conflict and hunger (en)
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Ogni giorno centinaia di persone fuggono dal Venezuela in cerca di sicurezza e stabilità. La DSC le assiste lungo pericolose rotte di fuga.
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Instabilità politica, crisi economica, povertà e violenze commesse da bande armate: dal 2018, più di 7,7 milioni di Venezuelane e Venezuelani hanno dovuto abbandonare le proprie case. Solo dalla Siria, dall’Ucraina e dall’Afghanistan si registra un numero maggiore di persone in fuga.
Molte lasciano il Paese sudamericano soltanto con ciò che riescono a portare addosso. I «Caminantes», che si muovono a piedi, cercano di raggiungere gli Stati confinanti o gli Stati Uniti, per costruirsi altrove una nuova vita in sicurezza e dignità.

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Come migranti sono esposti a gravi pericoli. Lungo la loro strada non trovano ripari, acqua pulita e cibo, e non hanno alcuna protezione contro bande armate e trafficanti di esseri umani. Particolarmente rischioso è il percorso che attraversa la giungla del Darién, sul lembo di terra che unisce America del Sud e America centrale. Chi ha attraversato a piedi la foresta – una marcia di sei giorni – racconta di animali selvatici, aggressioni, stupri e omicidi.
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La DSC cerca di proteggere queste persone e di soddisfare i loro bisogni fondamentali collaborando con le organizzazioni dell’ONU, le società della Croce Rossa e varie ONG in Venezuela e in Colombia.
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La Svizzera sostiene l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), che ha aperto 41 centri lungo le rotte migratorie all’interno del Venezuela gestiti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). Finora in questi centri circa 79 000 persone in fuga hanno ricevuto cibo, alloggio e supporto psicologico e sono state informate in merito ai loro diritti e doveri.
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Attraverso l’organizzazione italiana CISP (Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli) la DSC riesce a raggiungere i gruppi più vulnerabili in Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela: madri sole e minori non accompagnati che non hanno una rete sociale, si trovano nel Paese illegalmente e sono vittime della tratta di esseri umani. Nel 2023 il CISP ha offerto aiuto a oltre 11 000 migranti provenienti dal Venezuela mettendo a disposizione servizi di supporto e consulenza.
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Quasi il 40 % delle persone che attraversano la frontiera tra Venezuela e Colombia sono migranti costretti a tornare indietro perché i loro sogni sono stati infranti nel Paese di destinazione. Sono stati sfruttati e discriminati. E il numero di madri sole e minori tra loro è impressionante.
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La mostra venezuelana «Rutas», allestita su autobus a Caracas e Maracaibo e sostenuta dalla DSC, ha mostrato quanto sono pericolose le rotte migratorie. Lo scopo era sensibilizzare la popolazione ai rischi mostrando immagini e storie di migranti.
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I flussi migratori in America latina e nei Caraibi hanno assunto dimensioni enormi. Solo nel 2023, 500 000 profughi e migranti hanno attraversato lo stretto istmo tra America del Sud e America centrale: il doppio rispetto all’anno precedente. A titolo di paragone: nello stesso periodo, circa 250 000 persone hanno attraversato il Mediterraneo. Per migliorare la protezione di queste persone, soprattutto di quelle più vulnerabili, la Svizzera si concentra maggiormente sulle attività a livello regionale. Ciò vale sia per gli interventi di aiuto diretto che per lo scambio di conoscenze.

Weiterführende Informationen:
Sito web DSC: Migrazione

Foto: Ronald Pizzoferrato



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Nel 2023 è stata superata la cifra record di 100 milioni di persone in fuga in tutto il mondo. Il Forum globale sui rifugiati organizzato a Ginevra dalla Svizzera e dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) ha fatto propria questa sfida.
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Il Forum globale sui rifugiati dà la possibilità alla comunità internazionale di decidere insieme come migliorare l’attuazione del Patto globale sui rifugiati del 2018. Alla luce del numero di profughi in costante aumento, si pongono le seguenti domande:
  • Come possono nuovamente provvedere a se stessi i rifugiati?
  • Come sgravare i Paesi di accoglienza?
  • In che modo ampliare l’accesso a Paesi terzi per i rifugiati?
  • Come creare le condizioni propizie per un ritorno in sicurezza nel Paese d’origine?
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Per la sua preparazione e partecipazione al forum, la Svizzera ha adottato un approccio basato sul coinvolgimento dell’intera società: oltre ai rappresentanti degli uffici federali competenti, si sono impegnati anche la società civile, i Cantoni, le città, gli istituti di formazione, le organizzazioni sportive e i profughi stessi. Hanno preso parte alla delegazione svizzera la città di Zurigo, l’organizzazione Asylex e un profugo residente a Ginevra.
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La Svizzera ha annunciato che, attraverso la cooperazione internazionale e dei partenariati in materia di migrazione, continuerà a stanziare circa 300 milioni CHF all’anno a favore del Patto globale sui rifugiati. L' intento è di proteggere i rifugiati, offrire loro e agli attori locali un sostegno e garantire che la loro accoglienza e integrazione avvenga nel rispetto dell’ambiente. Una delle priorità consiste nell’accesso all’istruzione per i bambini rifugiati.
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Anche in Svizzera è necessario continuare a migliorare l’accoglienza e l’integrazione dei profughi. Si tratta di migliorare la collaborazione tra l’Amministrazione federale, i Cantoni e i Comuni. Le esigenze dei profughi dovrebbero essere ascoltate anche a livello internazionale tramite un apposito organo consultativo. Deve essere promossa l’integrazione nelle scuole professionali e nelle società sportive. È opportuno garantire l’assistenza legale nelle procedure di accoglienza, anche per le persone disabili.
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Il forum è stato un grande successo: vi hanno preso parte 4200 persone e delegazioni di 168 Paesi, tra cui anche 320 profughi. Sono stati promessi altri 2 miliardi CHF, di cui 235 milioni provenienti dal settore privato. La Svizzera ha annunciato un totale di 40 progetti che prevedono il coinvolgimento dell’intera società.
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Tenuto conto del fatto che le crisi umanitarie non accennano a diminuire, anche il numero di persone in fuga, così come i loro bisogni, continueranno ad aumentare. Per questo è essenziale trovare nuove soluzioni e stringere partenariati con gli attori più diversi. Il Forum globale sui rifugiati fornisce un contributo concreto in tal senso mediante un gran numero di progetti importanti.

Ulteriori informazioni:
ACNUR: Global Refugee Forum 2023 (en)
ACNUR: The Global Compact on Refugees (en)
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Milioni di civili in Ucraina continuano a soffrire per le conseguenze dell’aggressione militare russa. La Svizzera mantiene il suo sostegno fornendo aiuti umanitari, impegnandosi nella cooperazione allo sviluppo e contribuendo agli sforzi di ricostruzione.
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Il 6 giugno 2023 un’esplosione ha parzialmente distrutto la diga di Kachovka, un’infrastruttura chiave nell’Ucraina meridionale, con ripercussioni per migliaia di persone nelle regioni a valle (allagamenti) e a monte (penuria d’acqua) della struttura. Il pericolo legato alle mine trascinate e sparpagliate dall’acqua ha complicato l’accesso alle aree colpite e la distribuzione di aiuti.
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Con esperti del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA) dispiegati in Ucraina, la Svizzera ha prestato un sostegno rapido e fornito le attrezzature di cui c’era urgentemente bisogno. Tubi e pompe acquistati in loco hanno assicurato il funzionamento dei sistemi di approvvigionamento idrico a livelli ridotti e 31 serbatoi hanno garantito acqua potabile a più di 60 000 persone toccate dalla penuria. Per il servizio civile ucraino per l’aiuto in caso di catastrofe (SESU) è stato acquistato un veicolo speciale in grado di trasportare persone e materiale su qualsiasi superficie, inclusa l’acqua.
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Sin dall’inizio dell’aggressione militare russa, la fornitura di beni di prima necessità è stata un elemento importante del sostegno svizzero all’Ucraina. Nel 2023 la Confederazione ha consegnato a Kiev un totale di 25 ambulanze e 10 autopompe, veicoli essenziali per prestare assistenza vitale alla popolazione civile. Altri materiali forniti comprendono per esempio coperte, stufe portatili e bricchette di combustibile. Il materiale è donato dal Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) o da Comuni svizzeri.
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Dal 2015 la Svizzera sostiene le riforme di decentramento e la digitalizzazione dei servizi pubblici in Ucraina. Questi sforzi contribuiscono in modo significativo alla resilienza del Paese, in quanto ottimizzano il funzionamento del governo a tutti i livelli e permettono di offrire importanti servizi pubblici online alla popolazione e al settore privato. Gli strumenti di e-governance possono migliorare la trasparenza, la responsabilizzazione e l’efficienza delle istituzioni governative, riducendo la corruzione.
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La guerra si traduce in una massiccia contaminazione da mine, munizioni a grappolo e altri residuati bellici, che fa dell’Ucraina uno dei Paesi più minati del mondo. Si registra un numero crescente di tragici incidenti: sempre più agricoltori calpestano mine anticarro mentre arano i campi e altri civili, tra cui anche bambini, perdono la vita o un arto a causa di ordigni esplosivi. Nel 2023 la Svizzera ha sostenuto l’Ucraina nell’ambito dello sminamento umanitario stanziando più di 15 milioni di franchi.

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Tali fondi finanziano l’operato del Centro internazionale per lo sminamento umanitario (GICHD) e la Fondazione svizzera per lo sminamento (FSD). La Svizzera mette così a frutto le sue competenze in questo settore. I progetti mirano a sostenere le autorità ucraine nello svolgimento di ispezioni, bonifiche e formazioni sui pericoli degli ordigni esplosivi al fine di prevenire ulteriori incidenti. La Svizzera ha aggiunto lo sminamento umanitario alle priorità del suo attuale programma di cooperazione internazionale, con un pacchetto supplementare di 100 milioni CHF per il periodo 2024–2027.

Ulteriori informazioni:
Sito web DSC: Ucraina


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