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Introduzione

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«Nel 2020 anche la cooperazione internazionale si è trovata a dover affrontare le enormi sfide poste da Covid-19. La Svizzera ha reagito alla crisi in modo rapido e non burocratico, per contenere la propagazione del coronavirus e attenuare le gravi conseguenze sociali, economiche e umanitarie della pandemia. Molti dei programmi esistenti sono stati adeguati e sono stati accordati mezzi supplementari a favore di nuovi partenariati globali. Solo insieme potremo riuscire a sconfiggere una pandemia di queste dimensioni.»


Patricia Danzi
Ambasciatrice, Direttrice della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC)
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«La crisi legata al coronavirus rappresenta una prova molto difficile per noi tutti e, in particolar modo, per i paesi più poveri. Il compito è ora quello di superare la crisi, di favorire lo sviluppo economico che ne deriverà e di non perdere di vista gli obiettivi a lungo termine, come la sostenibilità. Abbiamo reagito, ma rimangono ancora numerose sfide: assicurare posti di lavoro, sostenere le PMI e rafforzare la resilienza delle persone e dell’economia. Queste sfide sono più importanti che mai. In Svizzera, con la strategia della CI, siamo ben equipaggiati per apportare il nostro contributo.»

Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch
Direttrice SECO

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Sfide Globali

Sfide globali come il cambiamento climatico, la malnutrizione, la scarsità d'acqua, la migrazione irregolare e le crisi sanitarie incidono sempre di più sullo sviluppo sostenibile nei Paesi a medio e basso reddito. In qualità di Paese mediatore neutrale con competenze riconosciute, la Svizzera si impegna a sviluppare soluzioni efficaci a livello multilaterale.
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Crisi

La protezione e il sostegno alle vittime di crisi e catastrofi umanitarie sono priorità della cooperazione internazionale della Svizzera, il cui impegno si concentra in particolare sui contesti fragili.
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Risorse

La cooperazione internazionale della Svizzera si impegna per migliorare le condizioni di vita di donne e uomini poveri e vulnerabili. Una vita dignitosa presuppone un accesso permanente alle risorse e ai servizi necessari.
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Economia

La Svizzera vuole permettere ai suoi Paesi partner di realizzare una crescita economica sostenibile e inclusiva. La crescita deve essere condivisa da tutte le fasce della popolazione e non deve compromettere il benessere delle generazioni future. La sua realizzazione presuppone un aumento e un miglioramento degli impieghi e un contesto economico propizio. Una crescita sostenibile offre alla popolazione nuove opportunità e prospettive e riduce i rischi globali.
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Democrazia

La Svizzera è un Paese che vanta una lunga tradizione democratica. Proprio grazie alla sua esperienza, aiuta altri Paesi a sviluppare lo Stato di diritto e strutture democratiche e a rafforzare le loro istituzioni, tanto sul piano nazionale quanto su quello locale, per far nascere società pacifiche e stabili nei Paesi partner.
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Libertá

Tramite la cooperazione internazionale, la Svizzera si impegna per il rispetto, la tutela, la promozione e lo sviluppo dinamico dei diritti umani. Porta avanti un dialogo politico in diversi Paesi partner e opera nell’ambito di varie istituzioni multilaterali.
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Genere

Le disparità di genere costituiscono uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà. Obiettivo della Svizzera è permettere sia alle donne che agli uomini di beneficiare degli stessi diritti per poter sviluppare il loro potenziale e valorizzare le loro risorse.
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Migrazione

Povertà e migrazione sono tra le principali sfide globali. Le persone emigrano per diverse ragioni. Alcuni lasciano il loro paese a causa della violenza e dei conflitti. Altri perseguono migliori prospettive di lavoro. Un lavoro dignitoso è probabilmente il mezzo più efficace contro la povertà. Nuovi e migliori posti di lavoro sono la chiave di uno sviluppo economico che coinvolge il maggior numero possibile di persone e riduce le pressioni migratorie.
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Effetti

Nel 2020 anche le attività nell’ambito dell’efficacia hanno risentito delle limitazioni dovute alla pandemia di Covid-19. A causa delle restrizioni di viaggio, spesso le previste visite sul campo ai progetti, da parte dei valutatori indipendenti, non si sono potute svolgere. Le valutazioni in corso hanno così dovuto essere adeguate alle mutate condizioni. Insieme ad altri Stati donatori, la Svizzera aderisce a un’iniziativa della rete di valutazione dell’OCSE volta a far sì che i progetti e i programmi di sviluppo siano adeguati tenendo conto delle esperienze raccolte in passato in situazioni paragonabili.
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Statistiche

La cooperazione internazionale attuata dalla DSC e dalla SECO costituisce la parte essenziale dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) della Svizzera, che comprende anche i contributi di altri uffici federali e l’aiuto dei Cantoni e dei Comuni svizzeri.
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I problemi globali richiedono soluzioni globali che coinvolgano tutti. Consapevole di ciò, nel maggio del 2020 il Consiglio federale ha stanziato un credito straordinario per la lotta alla pandemia di Covid-19 a livello mondiale. Ma chi avrebbe coordinato le misure internazionali?
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Alcuni attori internazionali del settore sanitario hanno stretto un’alleanza per lottare insieme contro il coronavirus. Nel maggio del 2020 è stata così lanciata l’iniziativa Access to Covid-19 Tools Accelerator (ACT-A), la cui strategia – che mette d’accordo i professionisti del settore – punta su test diagnostici rapidi, vaccini efficaci, terapie innovative e un rafforzamento del sistema sanitario. La Svizzera sostiene l’approccio fondato su questi quattro pilastri e presiede del resto il pilastro dedicato alla diagnostica. Il nostro Paese è stato tra i primi a rispondere all’appello dell’ACT-A con un contributo pari a 70 milioni di franchi.
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Sia in Svizzera che all’estero, gli istituti di ricerca e le aziende farmaceutiche lavorano allo sviluppo di nuove tecnologie di concerto con fondazioni caritatevoli e donatori pubblici e privati. Fondi globali specializzati mobilitano le necessarie risorse e finanziano l’acquisto e la distribuzione di prodotti medicali. Dal canto suo, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce le norme e gli standard di applicazione per i ministeri nazionali della salute.
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Alla fine di settembre 2020 il pilastro diagnostico ha annunciato il rilascio dell’autorizzazione per due nuovi test rapidi, offerti a un costo modesto esclusivamente ai Paesi con un reddito basso. A fine 2020 il pilastro vaccinale era riuscito ad assicurarsi 500 milioni di dosi di vaccino da diverse case farmaceutiche. Si prevede di distribuire queste dosi a 92 Paesi a basso reddito.
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Sede di importanti organizzazioni attive nell’ambito della sanità pubblica e di grandi industrie farmaceutiche, la Svizzera svolge un ruolo di spicco. Riconosce nel «diritto alla salute» un diritto fondamentale dell’essere umano. Nel quadro dell’ACT-A si impegna quindi a garantire a tutti i Paesi un accesso equo alle tecnologie mediche e ai vaccini contro Covid-19, dedicando un’attenzione particolare ai Paesi con un livello di reddito basso.
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Ascoltate una puntata del programma Niambie, in swahili, in cui si parla delle sfide che le ragazze devono affrontare per andare a scuola.
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Niambie («parlami» in swahili) è un progetto multimediale destinato a mettere in contatto i giovani attraverso un programma radiofonico settimanale e i social media.

Finanziato dalla Svizzera e realizzato da BBC Media Action, il progetto si prefigge di fornire un’informazione pertinente per aiutare i giovani a comprendere i propri diritti e le proprie responsabilità. Intende inoltre rafforzare la fiducia dei ragazzi e delle ragazze, affinché si impegnino all’interno delle proprie comunità e nei processi decisionali democratici.
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Il programma radiofonico ospita esperti e personalità influenti, come musicisti di tendenza, e li intervista su svariati argomenti, come salute, buongoverno o finanze personali. Il pubblico può intervenire chiamando da casa o utilizzando i social media. Per esprimere le proprie idee, può capitare che sia il pubblico sia gli ospiti utilizzino delle tecniche di improvvisazione.
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Da quando è stato creato, nel 2013, Niambie è riuscito a raggiungere 3,8 milioni di ascoltatori. I giovani che ascoltano il programma dimostrano di essere più informati e di avere maggiore sicurezza quando partecipano ai processi democratici. Il programma li ha aiutati a comprendere meglio i processi politici e la necessità di esigere dai leader che rendano conto del proprio operato.
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Niambie dà molta importanza alla questione delle pari opportunità e della parità di diritti tra donne e uomini. Le giovani ascoltatrici affermano di aver imparato parecchie cose su temi quali la discriminazione e la violenza di genere, la salute sessuale e riproduttiva e le sfide che le giovani ragazze devono affrontare quando vanno a scuola.

«Ho imparato molto da Niambie. Ora so che posso partecipare ai processi politici e condividere le mie opinioni di giovane donna. Sulla pagina Facebook di Niambie posso anche discutere di problemi quotidiani con i miei coetanei in tutto il Paese.»

Zainab Juma Kabelengwa
Dar es Salaam
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L’esistenza di processi democratici ed elettorali aperti a tutti sono un fattore determinante per lo sviluppo sociale. Niambie ha come obiettivo principale quello di incoraggiare i giovani a partecipare ai processi di sviluppo che li riguardano.

Ulteriori informazioni
Sito web della DSC: Tanzania
Sito web della DSC: Buongoverno
Ascoltare l’ultima puntata di Niambie (in swahili)
Seguire Niambie su Facebook
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Nel maggio del 2020 il Consiglio federale ha deciso che la Svizzera avrebbe partecipato al rifinanziamento delle risorse dell’Associazione internazionale per lo sviluppo – un’istituzione del Gruppo Banca Mondiale – e del Fondo africano di sviluppo con un contributo totale di 879 milioni di franchi.
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Entrambi i fondi forniscono un sostegno allo sviluppo dei Paesi più poveri attraverso prestiti agevolati, finanziamenti e assistenza tecnica. Mirano a combattere la povertà e a promuovere uno sviluppo sostenibile, e aiutano ad affrontare le conseguenze sanitarie, sociali ed economiche della crisi dovuta alla pandemia di Covid-19.
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Membro di lunga data del Gruppo Banca Mondiale e della Banca africana di sviluppo, la Svizzera contribuisce a definire l’orientamento strategico e i programmi delle due banche. Prende parte ai negoziati e si adopera per realizzare le priorità fissate. Tra queste figurano per esempio l’attuazione di elevati standard ambientali e sociali, la lotta al cambiamento climatico e la creazione di posti di lavoro dignitosi nei Paesi in via di sviluppo.
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Le banche di sviluppo affiancano i Paesi in via di sviluppo anche nella lotta alla pandemia di Covid-19. Nel 2020 la Banca Mondiale e la Banca africana di sviluppo hanno subito stanziato aiuti immediati per 14 e 10 miliardi di dollari rispettivamente, i quali hanno permesso di rafforzare i sistemi sanitari e di mettere a disposizione delle imprese crediti d’emergenza a tutela dei posti di lavoro.
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Il programma Covid-19 della Banca Mondiale in Madagascar è destinato, per esempio, ad arginare le conseguenze dirette della pandemia e a sostenere la ricostruzione di un’economia più forte e resiliente. In questo contesto, la semplificazione delle procedure per l’apertura di conti online è una misura che facilita i pagamenti destinati a fasce vulnerabili della popolazione.
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Il programma di aiuto regionale Covid-19 della Banca africana di sviluppo per i Paesi del Sahel mira dal canto suo a rafforzare i sistemi sanitari di Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Ciad, e ad attenuare le conseguenze sociali ed economiche della crisi. Grazie agli aiuti immediati, in Niger il programma di aiuto sociale è stato rapidamente esteso a circa due milioni di persone in necessità.
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Nelle zone rurali dell’Algeria per le donne è difficile guadagnarsi da vivere e condurre un’esistenza autonoma, anche perché non dispongono di una formazione sufficiente e buona parte del loro tempo è consacrato ai lavori domestici. Questo non ha però impedito loro di creare una rete di solidarietà. Come hanno fatto?
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Attraverso il lavoro collettivo, la musica, la poesia, in poche parole: l’arte. Ecco la chiave del loro successo! Nell’ambito di workshop le giovani donne imparano per esempio come raccontare la loro storia attraverso cortometraggi che rispecchiano l’identità della loro terra. In questo modo riescono a dare un senso alle cose e ad affrontare anche argomenti tabù. La Svizzera sostiene spesso progetti culturali di sviluppo, promozione della pace e diversità culturale, come qui in Nord Africa.
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In molte regioni del mondo l’arte e la cultura vengono represse e corrono il rischio di essere strumentalizzate. Ma è proprio in quelle regioni in cui occorre sfruttare la loro enorme capacità di instaurare il dialogo. Il dibattito e l’apprendimento reciproco sono quindi determinanti per superare le frontiere e i confini disciplinari. È di questo che si è occupata la conferenza internazionale «Art at Risk», organizzata nel 2020 dall’Artas Foundation in collaborazione con la Scuola universitaria delle arti di Zurigo e la Svizzera.
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Nel febbraio del 2020 circa 180 artisti e organizzazioni attive nel campo della cooperazione internazionale e della creazione artistica di tutto il mondo si sono riuniti a Zurigo. Si è discusso, tra le altre cose, di come gestire i rischi a cui sono esposti gli artisti nei contesti fragili e di come l’arte possa contribuire a promuovere la democrazia e la pace nelle regioni colpite da conflitti.
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«[L’arte e la cultura] consentono una pluralità di forme di espressione, rappresentano un’alternativa valida per i giovani e creano uno spazio dove esprimere in modo positivo il proprio dissenso. È l’esatto opposto di una visione del mondo fondamentalista ed estremista.»

Karima Bennoune
Relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti culturali
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Nel 2020 la Svizzera ha pubblicato una raccolta di dieci documenti di riflessione. Essi illustrano il potenziale della creazione culturale e spiegano in che modo l’impegno culturale della Svizzera può contribuire a favorire la pacifica convivenza e lo sviluppo economico.
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Nel 2020 i contributi netti di tutti gli Stati membri del Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS) destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) hanno raggiunto i 161,2 miliardi USD. La Svizzera è al nono posto nella classifica che confronta l'APS dei paesi membri del DAC come percentuale del loro RNL.

In termini di volume finanziario assoluto, Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Giappone e Francia sono i principali Paesi donatori. La Svizzera si situa all’undicesimo posto della classifica.
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La cooperazione internazionale attuata della DSC e della SECO rappresenta quasi l’80% dell’APS totale. Alcuni costi relativi all'accoglienza dei richiedenti l’asilo in Svizzera sono contabilizzati come APS: la loro quota oscilla tra l’8 e il 21%, a seconda dell'anno. La parte restante comprende contributi di altri uffici federali, tra cui l'alleggerimento bilaterale del debito, nonché contributi da parte dei Cantoni e dei Comuni svizzeri.

L’aumento delle risorse per la cooperazione internazionale fino al 2015 ha permesso di raggiungere l’obiettivo fissato dal Parlamento di un tasso di APS/RNL dello 0,5% nello stesso anno. Dal 2016, l’APS è nuovamente diminuito a causa dei minori costi di asilo e delle misure di risparmio dei crediti per la cooperazione internazionale. In relazione al credito aggiuntivo per il coronavirus, nel 2020 l’APS ha registrato un nuovo incremento, giungendo all’attuale 0,48% del RNL.
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L’APS multilaterale comprende i contributi generali della DSC e di altri uffici federali alle agenzie internazionali di sviluppo. Le istituzioni finanziarie internazionali (IFI), compresa l’Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA), sono i principali beneficiari dell’APS multilaterale, seguiti dalle agenzie delle Nazioni Unite e infine da altre organizzazioni internazionali.

Negli ultimi quindici anni, la quota dell'APS multilaterale è rimasta relativamente stabile, rappresentando tra il 20% e il 25% dell'APS totale.

I contributi alle organizzazioni non governative internazionali, compreso il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), sono considerati APS bilaterali.
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Europa, Nord Africa e Medio Oriente

Africa subsahariana

Asia

America latina

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La cooperazione alla transizione della Svizzera sostiene i Balcani occidentali e i paesi dell’ex Unione sovietica nel loro passaggio alla democrazia e a un’economia sociale di mercato. La Svizzera contribuisce a migliorare la stabilità politica nella regione e migliora le prospettive per il futuro dei suoi abitanti.

I progetti in Nord Africa sono incentrati su democrazia e diritti umani, sviluppo economico e occupazione inclusivi e sostenibili, questioni in materia di migrazione e protezione.

Gli interventi della DSC in Medio Oriente sono finalizzati alla protezione di profughi e persone bisognose, al loro approvvigionamento di base e alla gestione sostenibile delle risorse idriche.
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La cooperazione internazionale della Svizzera consacra oltre un terzo delle sue risorse all’Africa subsahariana.

L’accento è posto sull’accesso delle popolazioni svantaggiate alle prestazioni sociali di base (servizi sanitari, istruzione alle infrastrutture (acqua), all'occupazione e al reddito e a una crescita sostenibile.

L’Aiuto umanitario svolge programmi nella regione del Corno d’Africa, del Sahel, nell’Africa centrale e in quella meridionale. È attivo in vari ambiti, quali il rafforzamento della resilienza contro gli effetti della siccità, la protezione della popolazione civile nei conflitti armati, la sicurezza alimentare, l’accesso alle risorse idriche e gli impianti igienico-sanitari negli agglomerati.
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Attraverso l'aiuto alla transizione a favore dei Paesi dell’Asia centrale, la Svizzera sostiene la gestione delle risorse idriche a livello regionale e nazionale, lo sviluppo del settore privato e le riforme del settore pubblico e del sistema sanitario.

La cooperazione internazionale della Svizzera nell’Asia orientale e meridionale si concentra su Paesi e regioni che attestano tuttora un indice di povertà multidimensionale molto elevato, per esempio in termini di reddito, mancanza di sicurezza, accesso limitato ai servizi di base, malnutrizione cronica, vulnerabilità alle crisi ecologiche ed economiche e discriminazione sociale ed etnica di vasti gruppi di popolazione.
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I programmi della DSC riguardano i settori della governance locale e della decentralizzazione, della creazione di impieghi e di redditi, del cambiamento climatico e dell'acqua. Nei contesti fragili (Honduras, Haiti) l'accento è posto sulla prevenzione della violenza, sulla promozione dei diritti dell'uomo e sul rafforzamento dello Stato.

In Perù, la SECO sostiene principalmente lo sviluppo delle strutture economiche, la competitività del settore privato e l'accesso ai servizi pubblici. In Colombia, dove alcune parti del Paese sono ancora fortemente colpite dalla presenza di gruppi armati e dalla criminalità organizzata, la SECO crea opportunità economiche e contribuisce così a una pace duratura.
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La cooperazione svizzera con l’Europa dell’Est sostiene Paesi dei Balcani occidentali, dell’Europa dell’Est, del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale nel promuovere l’economia sociale di mercato e nel rafforzare la democrazia e lo Stato di diritto.
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L’aiuto umanitario attuato dalla DSC rappresenta la solidarietà della Svizzera verso le popolazioni in situazioni di emergenza. Le sue attività si concentrano sull’aiuto d’emergenza, sulla ricostruzione e sulla riabilitazione delle zone sinistrate nonché sulla riduzione dei rischi di disastri.
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Le misure di politica economica e commerciale della SECO hanno quattro obiettivi d’efficacia, ovvero: istituzioni e servizi efficienti, aumento e miglioramento dell’occupazione, rafforzamento del commercio e della competitività e un’economia a basse emissioni e resiliente ai cambiamenti climatici. Tutti questi obiettivi contribuiscono a una crescita sostenibile e inclusiva.
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Attraverso oltre 500 programmi e progetti, la Cooperazione Sud e Globale della DSC concentra le sue attività su dieci temi, fissando le priorità in funzione delle esigenze dei suoi 21 Paesi e regioni partner.
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La DSC concentra le sue attività soprattutto sui Paesi a basso reddito. Nel 2020, più della metà della spesa bilaterale è stata destinata all’Africa e al Medio Oriente.

La SECO è attiva soprattutto nei Paesi a medio reddito. La cooperazione alla transizione nell'Europa orientale rappresenta circa un terzo delle spese del 2020. La quota per l'Africa e il Medio Oriente è salita a un terzo della spesa totale.
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Per raggiungere l’obiettivo fissato dal Parlamento di un tasso di aiuto pubblico allo sviluppo (APS) pari allo 0,5% del reddito nazionale lordo (RNL), le risorse destinate alla DSC sono cresciute costantemente fino al 2015.

Tra il 2016 e il 2018 i crediti per la cooperazione internazionale sono stati influenzati dalle misure di risparmio decise dal Consiglio federale e approvate dal Parlamento.

L’incremento registrato nel 2020 è da ricondurre al credito aggiuntivo approvato dal Parlamento per sostenere gli sforzi internazionali per attenuare le ripercussioni della pandemia da Covid-19. Questo credito include anche il prestito al Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), che ammonta a 200 milioni di franchi.
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Le risorse destinate alla SECO sono gradualmente aumentate al fine di raggiungere l’obiettivo di un tasso APS/RNL dello 0,5% fino al 2015. Tra il 2016 e il 2018 le risorse sono gradualmente diminuite a causa delle misure di risparmio della Confederazione che, in proporzione, hanno avuto un impatto particolarmente forte sui crediti della cooperazione internazionale.
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La pandemia di Covid-19 ha ripercussioni drammatiche sulla salute e sulla vita economica e sociale in tutto il mondo. A essere particolarmente colpiti sono i Paesi in via di sviluppo. I sistemi sanitari sono spesso carenti e la popolazione, oltre a non avere risparmi né uno stipendio regolare, non può nemmeno contare su prestazioni sociali stabili, in grado di offrire adeguati mezzi di sussistenza.
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Il 29 aprile 2020 il Consiglio federale ha deciso che il contributo della Svizzera alle iniziative internazionali destinate ad attenuare gli effetti della pandemia, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, sarebbe ammontato a 400 milioni di franchi.
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La Svizzera ha reagito con prontezza dando prova di efficacia e flessibilità. Per accrescere l’incisività della sua azione, la cooperazione internazionale fa leva sullo stretto rapporto che esiste tra aiuto umanitario d’emergenza e cooperazione allo sviluppo a medio e lungo termine.
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Per combattere la diffusione del Covid-19, la Svizzera ha fornito a molti Paesi materiale medico, tra cui dispositivi di protezione e strumenti per l’igienizzazione di superfici e mascherine. Le varie forniture sono state sottoposte a verifica preliminare per assicurare la sufficiente disponibilità di materiale in Svizzera.
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La Svizzera ha anche sostenuto la Foundation for Innovative New Diagnostics (FIND), con sede a Ginevra. Si tratta di una fondazione che promuove la ricerca e lo sviluppo di nuovi test rapidi che rilevano la presenza dell’agente patogeno del Covid-19, nonché la loro distribuzione nei Paesi del Sud.
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La Svizzera ha adeguato i progetti e i programmi esistenti rispettando i budget previsti. Ha adottato misure efficaci per far fronte alle conseguenze sanitarie, economiche e sociali della pandemia nei Paesi in via di sviluppo.
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In Ucraina, processi decisionali non trasparenti, corruzione e accesso insufficiente dei cittadini e delle cittadine a informazioni importanti caratterizzano le relazioni tra autorità e popolazione. Spesso regna la sfiducia reciproca e le autorità non rispettano l’obbligo di rendere conto del proprio operato.
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Per affrontare il problema, dal 2015 la Svizzera sostiene un progetto nel campo dell’e-governance.
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Grazie all’e-governance si intende per esempio migliorare la partecipazione della popolazione ai processi decisionali locali. I cittadini e le cittadine hanno così la possibilità di compilare formulari e moduli direttamente sul sito Internet dell’amministrazione oppure esercitare il proprio diritto di voto per via elettronica. In futuro dovrebbe quindi essere possibile ridurre i casi di corruzione.
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Il progetto contribuisce inoltre ad aumentare la qualità dei servizi pubblici e ad agevolarne l’accesso, soprattutto, ai gruppi della popolazione più vulnerabili che vivono nelle zone rurali. Si tratta in particolare delle persone anziane e dei profughi interni provenienti dalle regioni orientali del Paese.
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Nel quadro del progetto è stata anche lanciata una piattaforma per la democrazia elettronica locale, attualmente utilizzata da oltre 250 Comuni in tutta l’Ucraina. Nel lungo periodo l’automazione dei processi dovrebbe permettere di ridurre la corruzione e aumentare la trasparenza.
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Nella primavera del 2020 il sistema sanitario del Mali, costantemente sovraccarico, era sull’orlo del collasso a causa del Covid-19. In molti luoghi mancavano anche strutture igieniche di base, come i bagni o i lavandini. Le autorità sanitarie del Mali hanno inoltrato pertanto una richiesta allo Swiss Water and Sanitation Consortium, sostenuto finanziariamente dalla Svizzera.
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Terre des hommes, membro del consorzio, ha proposto un intervento di crisi combinato Covid-19 e WASH (Water and Sanitation for Health): per frenare la diffusione delle infezioni gli esperti avevano il compito di migliorare i servizi idrici, sanitari e igienici in otto distretti della regione di Ségou. Questi progetti sono stati realizzati con il coinvolgimento della popolazione.
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Nelle settimane seguenti gli esperti hanno aperto punti d’acqua e installato strutture per il lavaggio delle mani in prossimità delle strutture sanitarie. I servizi igienici sono stati resi accessibili anche alle persone con mobilità ridotta e sono state prese misure per fornire assistenza igienica alle donne durante le mestruazioni. Gli operatori sanitari e le autorità hanno seguito corsi di formazione sulla qualità dell'acqua, l’igiene e le malattie infettive.
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Per sensibilizzare al Covid-19 e combattere le dicerie, Terre des hommes ha lanciato una campagna di informazione con il Centro nazionale di informazione, educazione e comunicazione per la salute (CNIECS) e l’impiego di squadre mobili. A questo scopo, sono stati prodotti e distribuiti manifesti con i messaggi ufficiali. Anche i media locali e i predicatori tradizionali si sono uniti per mostrare alla popolazione il legame tra l’igiene e la diffusione delle malattie.
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Il risultato: oltre 100.000 persone, tra cui 25.000 sfollati interni, sono state istruite sul Covid-19 e sulle misure igieniche. Tutti i centri sanitari della regione di Ségou hanno un sistema per la valutazione iniziale e il trattamento dei casi di Covid-19. I dieci centri sanitari con meno risorse finanziarie della regione ora forniscono servizi WASH di base a circa 24.000 persone.
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In Honduras l’estrema povertà e la violenza dilagante indeboliscono il tessuto sociale nel suo insieme. A ciò si aggiunge l’impatto della crisi di Covid-19, che grava particolarmente sulla salute mentale delle persone.
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Di fronte alla sfida della pandemia, la Svizzera ha adeguato il suo programma. Orientato all’approccio psicosociale, mira a permettere alle popolazioni vulnerabili, alle associazioni attive nella difesa dei diritti umani e ai loro partner di far fronte con maggiore efficacia alla crisi, sotto il profilo psicologico e sociale.
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«Durante la pandemia e quando eravamo già emotivamente molto scossi, un mio compagno e amico è stato ucciso. L’accompagnamento psicosociale ha aiutato me e gli altri compagni del movimento a riconoscere le nostre paure, a condividere il dolore, a vivere il lutto e a imparare a superarlo per poter proseguire nel nostro lavoro di difesa dei diritti umani e del territorio.»

German Chirinos
Coordinatore del Movimiento Ambientalista Social del Sur por la Vida
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Grazie ai metodi utilizzati (laboratori di sviluppo personale, forum di dialogo, giochi terapeutici) le persone e le comunità si sentono più forti e ritrovano la capacità di agire.
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Lanciato nel 2017 e attuato dall’OCDIH (Organismo cristiano de desarrollo integral de Honduras), il programma è impostato sull’approccio psicosociale e si propone di ridurre il livello di violenza e di conflitto sociale.
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Offre un aiuto personalizzato, incoraggia al riconoscimento sociale dei traumi e consente di rispondere alla necessità di condividere l’estrema sofferenza di alcune persone così da renderla più sopportabile. L’approccio psicosociale non si limita soltanto ad adempiere un compito terapeutico: è anche la pietra angolare del processo di costruzione della pace.
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Con l’aiuto della Svizzera, la Polizia nazionale, l’Università nazionale dell’Honduras e dodici organizzazioni (diritti dell’uomo, sostegno alle popolazioni autoctone e agli afrodiscendenti ecc.) hanno integrato questo approccio nei loro processi di formazione.
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Grazie a un programma di studi realizzato da un gruppo di esperti su tematiche psicosociali e dello sviluppo, le competenze psicosociali sono integrate in modo durevole nelle formazioni e nelle attività delle organizzazioni honduregne.

Ulteriori informazioni
Sito web della DSC: America centrale (Nicaragua, Honduras)
Sito web OCDIH (es): Organismo Cristiano de Desarrollo Integral de Honduras
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La grave crisi politica, economica e sociale del Venezuela dura da molti anni. La situazione si è ulteriormente aggravata con la pandemia di Covid-19. Le organizzazioni umanitarie hanno dovuto affrontare numerose difficoltà, in particolare nella distribuzione di dispositivi medici.
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chiudere
Su richiesta dell’ONU, del CICR e di diverse ONG, la Svizzera ha noleggiato un aereo cargo e organizzato un trasporto di materiale di soccorso verso il Venezuela. Il 19 giugno sono atterrate a Caracas 94 tonnellate di forniture umanitarie delle organizzazioni richiedenti.
Solo versione tedesca
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La maggior parte del carico era costituita da forniture mediche, come i dispositivi di protezione individuale contro il Covid-19, farmaci, materiale per il primo soccorso e prodotti per l’igiene. Il carico includeva anche materiale per purificare l’acqua e renderla potabile. Oltre un milione di persone hanno beneficiato di questa operazione.
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La consegna è avvenuta sotto la supervisione dei membri del Corpo svizzero di aiuto umanitario, dei rappresentanti dell’Ambasciata di Svizzera a Caracas e di rappresentanti dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA).
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L’operazione ha ricevuto ampio sostegno tra gli attori nazionali e internazionali ed è stata una testimonianza del forte attaccamento della Svizzera ai principi umanitari, anche in un contesto altamente polarizzato.
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Negli ultimi anni l’Albania ha compiuto grandi sforzi per rafforzare il rispetto dei diritti umani nel Paese. Ciononostante i gruppi svantaggiati, quali i Rom e le persone con disabilità, continuano a essere esclusi da servizi e opportunità. Inoltre, talvolta non beneficiano della crescita economica.
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Il livello di povertà delle comunità rom è doppio rispetto a quello della maggioranza della popolazione. Una situazione determinata anche dal carente accesso alla formazione e alle prestazioni sociali e sanitarie di cui questo gruppo dispone. Lo stesso vale per le persone disabili: per esempio, otto adulti in età lavorativa su dieci con disabilità sono esclusi dal mercato del lavoro.
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Con il programma «Leave-no-one-behind» la Svizzera si adopera, insieme al Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (PNUS), affinché le persone svantaggiate ottengano le stesse opportunità di cui beneficiano gli altri abitanti dell’Albania.
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Il programma sostiene le autorità albanesi nell’attuazione di strategie per il coinvolgimento sociale di persone sfavorite. La Svizzera vi coopera insieme a quattro diversi partner delle Nazioni Unite.
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Il programma «Leave-no-one-behind» contribuisce a rafforzare la situazione delle persone svantaggiate, migliorando il loro accesso a servizi pubblici. Nel frattempo, circa 7.000 persone svantaggiate hanno avuto colloqui su temi importanti con le autorità locali e circa 2.750 hanno ottenuto, quale riscontro diretto, prestazioni sociali di qualità.
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Il 4 agosto 2020, alle ore 18 locali, sono esplose nel porto di Beirut 2.750 tonnellate di nitrato d’ammonio. L’esplosione ha causato circa 180 morti e oltre 6500 feriti. L'onda d’urto innescata dalla detonazione ha distrutto intere strade intorno al porto: 178 scuole e diversi ospedali sono stati distrutti o danneggiati.
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Meno di 40 ore dopo l’esplosione l’aiuto umanitario svizzero ha inviato a Beirut un gruppo di esperti ed esperte del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA) composto da ingegneri civili, psicologi, architetti e personale medico specializzato a supporto dell’Ambasciata svizzera, per valutare la situazione umanitaria.
Solo versione tedesca
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In stretta collaborazione con l’amministrazione cittadina e le Nazioni Unite, le esperte e gli esperti svizzeri hanno ispezionato più di 80 edifici pubblici e ne hanno verificato la sicurezza strutturale.
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In una seconda fase la Svizzera ha inviato a Beirut personale medico specializzato e circa 1.500kg di materiale per sostenere l’assistenza sanitaria per madri e bambini negli ospedali St. George e Karantina. Sotto la supervisione di un’esperta svizzera di edilizia sono state effettuate le necessarie riparazioni in entrambi gli ospedali per accelerare il ripristino delle cure mediche per la popolazione colpita.
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La Svizzera ha sostenuto i lavori di riparazione in 19 scuole pubbliche mettendo a disposizione esperti ed esperte del CSA e contributi finanziari. Le scuole sono state selezionate in collaborazione con il Ministero dell’istruzione libanese, con particolare attenzione alle scuole per le fasce più povere della popolazione libanese nonché per i rifugiati siriani e palestinesi.
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La Svizzera ha messo a disposizione fino a 6 milioni di franchi per sostenere la popolazione di Beirut. Di questi, 4 milioni di franchi sono stati impiegati per azioni dirette (2 milioni di franchi per la salute e 2 milioni di franchi per l’educazione) e 1 milione di franchi per il sostegno alle ONG nel settore dell’istruzione. Il restante milione di franchi è stato versato in parti uguali alla Croce Rossa libanese e alla Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRC).
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Nel mondo la violenza fondata sul genere è molto diffusa. In situazioni di emergenza e di crisi, come nel caso della pandemia di Covid-19, il problema si intensifica. In Mongolia la polizia ha registrato all’inizio del 2020 un aumento dei casi di violenza domestica del 47 per cento. Inoltre le restrizioni derivanti dalla pandemia limitano le possibilità delle vittime di sfuggire alla violenza e di trovare aiuto.
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In partenariato con il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) e il Governo mongolo, la Svizzera s’impegna sul posto per rafforzare la capacità nazionale di combattere le violenze fondate sul genere. Il nostro Paese sostiene l’elaborazione di una banca dati affidabile per favorire la sensibilizzazione nei confronti del fenomeno e l’attuazione di misure volte ad arginare le violenze.
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Grazie al lavoro di sensibilizzazione e di advocacy supportato dalla Svizzera sono state raggiunte tappe importanti. Una legge punisce ora la violenza domestica, i centri d’accoglienza delle vittime sono stati moltiplicati ed è stato istituito un primo centro di formazione obbligatoria per gli autori di atti violenti.
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«Le vittime di violenze di genere mi danno spesso l’impressione di essere come reduci dal fronte. I servizi da noi offerti nell’ambito della nostra attività consistono nell’aiutarle a sfuggire alla zona di conflitto e a trovare la pace nella loro vita.»

Nyambayar
Assistente sociale nella sede del Centro nazionale contro la violenza
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Le violenze di genere hanno conseguenze fisiche e psicologiche disastrose sulle donne e sui loro figli, e ostacolano notevolmente lo sviluppo sostenibile.
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«Mi hanno aiutato a ricostruire la mia vita e il mio matrimonio. Senza i servizi e la terapia che mi sono stati proposti, la mia famiglia sarebbe andata in frantumi e non saremmo mai più riusciti a ritrovarci. Oggi sorrido molto più di prima. Finalmente ho fiducia nel futuro. Con il sostegno della squadra del One Stop Service Center (OSSC), ho riscoperto una nuova Dulam e ho vissuto quest'esperienza come una rinascita.»


Dulam
Vittima di violenze di genere, ospitata in un centro (OSSC)
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Lo scorso novembre l’uragano Iota (categoria 4 su 5) ha colpito i Paesi dell’America centrale. Le susseguenti piogge torrenziali hanno causato notevoli danni in Nicaragua, Honduras e Guatemala. Paesi che si stavano riprendendo dalla distruzione causata dall’uragano Eta, che aveva devastato la regione poche settimane prima.
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La Svizzera si è mobilitata per aiutare la popolazione diquesti tre Paesi. In una prima fase ha inviato in Guatemala quattro specialisti in gestione delle catastrofi che facevano parte di un gruppo di esperti di stanza presso rappresentanze svizzere in America latina.
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Il GIAR (Grupo de Intervención y Apoyo Rápido) si è recato nei villaggi isolati del dipartimento di Alta Verapaz, dove i danni erano ingenti. Hanno fornito assistenza a più di 1700 famiglie, consegnando cibo, acqua potabile, prodotti per l’igiene e kit di protezione contro il Covid-19.
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In Nicaragua la Svizzera ha inviato quattro tonnellate di materiale di soccorso. Il carico, preparato nel magazzino di Wabern vicino a Berna, comprendeva attrezzature per la pulizia dei pozzi, sistemi di distribuzione dell’acqua e tende multiuso. Il materiale è stato consegnato alla protezione civile nicaraguense e due specialisti del Corpo svizzero di aiuto umanitario hanno formato le squadre locali sull’uso del materiale.
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La Svizzera ha stanziato un milione di franchi per le persone colpite in Honduras e ha sostenuto due progetti sulla costa caraibica del Paese, dove la cooperazione internazionale svizzera era già attiva. Il primo è un progetto di aiuto alimentare d’emergenza del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. Il secondo è attuato dalla ONG GOAL, che è attiva nel settore dell’acqua.
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Nel complesso la Svizzera ha stanziato 2,7 milioni di franchi per rispondere ai bisogni della popolazione in Nicaragua, Honduras e Guatemala dopo il passaggio degli uragani Iota ed Eta.
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Dopo la fase di emergenza, la Svizzera ha avviato un programma di aiuti monetari in Guatemala, nei Comuni di San Pedro Carchá e Chisec. L’obiettivo è permettere a circa 2.000 abitanti di ritrovare i loro mezzi di sussistenza.
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Su oltre un milione di piccole e medie imprese nell’area del Medio Oriente e Nord Africa, un terzo appartiene a donne. Esse ricevono tuttavia meno del dieci per cento dei finanziamenti commerciali. Le imprenditrici sono infatti ostacolate da barriere giuridiche e culturali. Manca la fiducia tra le banche e le loro clienti.
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Con il «Women Banking Champions Program», la Svizzera e la Società finanziaria internazionale del Gruppo Banca Mondiale promuovono l’accesso di imprese egiziane, marocchine e tunisine a servizi finanziari.
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Il programma prevede per esempio un partenariato con la «Banque Misr», istituto egiziano che, con oltre 700 filiali e circa sette milioni di clienti, è una delle più grandi banche in Egitto.
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Il programma Women Banking Champions aiuta la banca a valutare le necessità e a lanciare nuovi prodotti e prestazioni che rispondono alle esigenze delle donne nonché a migliorare quelli già esistenti. Il programma sostiene le imprenditrici anche nello sviluppo di capacità e nella gestione aziendale.
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«Anche le nostre clienti devono poter sfruttare appieno il loro potenziale. Con il programma diamo loro l’opportunità di prendere parte all’economia del Paese. L’esito di questa collaborazione può trasformare il settore bancario egiziano come pure l’economia dell’intero Paese.»     

Wassim Hosny El Metwally
Responsabile della strategia e della gestione del cambiamento della Banca Misr
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Il programma si basa su un progetto pilota andato a buon fine, che era stato svolto unitamente alla BLC Bank in Libano. Questa banca si è imposta nella regione come pioniera nel settore del Women Banking. Oltre ad assumere più personale femminile, ha sviluppato una divisione che elabora nuovi prodotti finanziari per le clienti. I crediti concessi a ditte gestite da donne sono aumentati in pochi anni da 11 a 21 milioni di dollari statunitensi.
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Nel 2020 le spese della DSC e della SECO sono aumentate rispetto al 2019. Questo incremento è riconducibile in gran parte al sostegno di progetti e programmi legati alla pandemia di Covid-19.
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La DSC e la SECO non solo realizzano e promuovono progetti e programmi nei Paesi partner e a livello regionale e mondiale, ma sostengono anche i programmi di varie organizzazioni multilaterali. Hanno sostenuto progetti relativi alla pandemia di Covid-19 in tutte le regioni, per lo più attraverso programmi globali o in un quadro multilaterale.
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Anche nel 2020 sono stati tenuti in considerazione i quattro obiettivi di efficacia della SECO, che contribuiscono alla crescita economica sostenibile. Nelle spese legate alla pandemia di Covid-19, la SECO si è concentrata sul rafforzamento di istituzioni e dei servizi.
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La cooperazione globale e con i Paesi del Sud della DSC si concentra su dieci temi. Anche se, in relazione alla pandemia di Covid-19, la spesa maggiore nel 2020 è stata nel settore della salute, ci si è concentrati anche su altri settori, per ridimensionare gli effetti economici e sanitari della crisi. Per superare la crisi, la DSC ha adattato i progetti e i programmi bilaterali in corso e ha lanciato nuovi approcci per rispondere alla Covid-19 a livello globale.
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La cooperazione con l’Europa dell’Est della DSC si concentra su sei temi. Poco meno della metà delle spese legate alla Covid-19 era destinato a progetti nel settore sanitario. Un terzo delle spese è da ascrivere ad attività al di fuori dei temi prioritari a causa di esigenze eccezionali nel contesto della risposta alla pandemia.
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L’Aiuto umanitario della DSC è attivo soprattutto in sette aree tematiche. Nel contesto della gestione della pandemia di Covid-19, ci si è concentrati principalmente su progetti nel campo della salute, senza però dimenticare altre attività per far fronte alla crisi di Covid-19.
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A seguito della guerra negli anni 1990, oltre tre milioni di persone sono state costrette a sfollare in Bosnia e Erzegovina, Croazia, Serbia e Montenegro. Ancora oggi nei Balcani occidentali vivono centinaia di migliaia di sfollati.
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Per migliorare l’annosa situazione precaria delle popolazioni sfollate, nel 2011 i quattro Stati hanno deciso di avviare un programma per mettere a disposizione soluzioni abitative nella regione.
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Fra i destinatari figurano profughi in situazione di pericolo, sfollati e anziani. Nell’ambito del programma queste persone possono scegliere se ritornare nel proprio luogo di origine o se stabilirsi nell’attuale località di soggiorno.
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Per tutti dovrebbero essere individuate soluzioni abitative migliori e durature mediante la costruzione o ristrutturazione di immobili, l’acquisto di appartamenti e case, la fornitura di materiali da costruzione o la sistemazione in strutture sociali.
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Nel quadro del Regional Housing Programme potranno essere fornite, verosimilmente entro il 2022, 11.800 unità abitative durature e sostenibili destinate a 36.000 persone.
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Bee lavora come lavoratrice domestica in un quartiere benestante di Doha, in Qatar. Originaria dell’India, ora vive presso il suo datore di lavoro. Non conosce nessuno in città e parla solo un inglese stentato.
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Un giorno si confida con una tata che lavora nel quartiere: Da mesi non riceve lo stipendio, fa regolarmente gli straordinari e viene maltrattata. Quando è arrivata le sono stati sequestrati il cellulare, il passaporto e il permesso di soggiorno.
Lo stesso accade a migliaia di lavoratrici e lavoratori domestici stranieri in Medio Oriente. Sono soggetti al sistema kafala, diffuso da tempo nella regione.
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In che cosa consiste? Una lavoratrice o un lavoratore straniero è legato a un cittadino del Paese ospitante – solitamente il datore di lavoro – che si fa garante del suo permesso di soggiorno. Tuttavia, una regolamentazione statale inadeguata e la mancanza di controlli portano allo sfruttamento e a condizioni di vita poco dignitose.
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La Svizzera si adopera da anni per migliorare le condizioni di lavoro e di vita di lavoratori e lavoratrici migranti in Medio Oriente. Assieme all’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) è intervenuta per esempio a favore di un contratto di lavoro standardizzato per lavoratori domestici in Libano, che prevede la necessaria tutela giuridica, orari di lavoro regolamentati, protezione dagli infortuni e dalle malattie e un alloggio dignitoso. Il Governo libanese ha adottato il contratto alla fine del 2020, ma un ricorso delle agenzie di collocamento ne sta attualmente bloccando l’attuazione.
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Di nuovo in Qatar: la Svizzera ha intrattenuto un dialogo serrato con il Ministero del lavoro e ha fornito la propria esperienza e consulenza. La Svizzera ha anche sostenuto le organizzazioni della società civile che hanno difeso pubblicamente gli interessi dei lavoratori e della lavoratrici migranti e sono state coinvolte nel processo di riforma.
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L’impegno della Svizzera e di numerosi altri attori ha dato i suoi frutti nell’agosto 2020: il Qatar ha avviato una riforma globale del suo mercato del lavoro per abolire il sistema kafala. Un segnale estremamente importante per la regione e per le lavoratrici migranti come Bee. Nuove leggi permettono ora di cambiare liberamente datore di lavoro e garantiscono un salario minimo generalizzato.
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A causa della crisi sanitaria, il 18 marzo 2020 il Mali ha deciso di chiudere le scuole e 3,8 milioni di bambini hanno così dovuto rinunciare alle lezioni. È stata poi la volta dei centri educativi comunitari, che accolgono ragazzi non scolarizzati e colpiti dalla crisi delle condizioni di sicurezza. In tutto, si tratta di altri due milioni di bambini che si ritrovano privati di ogni forma di istruzione.
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La pandemia viene ad aggiungersi alle già numerose sfide che il Mali è chiamato ad affrontare a causa della difficile situazione della sicurezza nella regione. Per bambini e ragazzi il rischio di ripetere l’anno o di abbandonare la scuola diventa quindi ancora più grande. La Svizzera sostiene il Governo maliano nella gestione dei casi di abbandono scolastico e lo aiuta a migliorare la qualità del suo sistema educativo attraverso un maggiore coinvolgimento degli attori locali nella gestione.
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La scuola è anche un luogo in cui gli alunni si sentono protetti e sicuri. Nel contesto di una crisi sanitaria e di sicurezza, i bambini sono più vulnerabili e quindi maggiormente esposti al rischio di essere reclutati da gruppi armati. Nelle zone di conflitto, la Svizzera sostiene le misure di protezione e di istruzione dei bambini.
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Con il sostegno della Svizzera, negli spazi educativi e nelle aule per gli esami sono stati messi a disposizione kit per il lavaggio delle mani e mascherine di protezione.


«I kit sono arrivati quando Timbuctù era ormai diventata l’epicentro della malattia. La loro distribuzione ha permesso di rassicurare insegnanti e allievi. A dispetto della seconda ondata di contagi, oggi a Timbuctù si contano solo pochissimi casi.»


Mahamadou Moufliha
Direttore del centro di animazione pedagogica della città
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Oltre a queste iniziative, le radio hanno diffuso in lingua locale (bambara, fufulde, songhai) messaggi d’informazione e sensibilizzazione sulle misure di prevenzione contro il Covid-19.
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A livello mondiale, la chiusura delle scuole ha interessato 1,6 miliardi di giovani in 190 Paesi. Nel giugno del 2020, per attenuare l’impatto della pandemia sull’istruzione, la Svizzera ha lanciato un appello all’azione internazionale. Dal canto suo, ha sbloccato 6 milioni di franchi per il Partenariato globale per l’educazione e 2,6 milioni per il Fondo per l’istruzione in situazioni di emergenza «Education Cannot Wait». Intende inoltre promuovere Ginevra come centro mondiale per l’istruzione in situazioni di emergenza.
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La maggior parte dei quasi 80 milioni di sfollati nel mondo non ha accesso all’elettricità. Il 94 per cento di queste persone vive in insediamenti remoti che non sono collegati alla rete elettrica nazionale.
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Per migliorare la loro situazione e integrare gli sforzi dell’aiuto umanitario in loco, la Svizzera sostiene soluzioni per lo sviluppo che possono concentrarsi sull’aspetto socioeconomico a medio termine, compresa la fornitura di elettricità. Da un lato sostengono il settore pubblico nei suoi investimenti per la fornitura di elettricità e, dall’altro, promuovono progetti innovativi del settore privato.
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Tali soluzioni offrono vantaggi sia agli sfollati sia alle comunità che li ospitano. Gli sfollati possono integrarsi meglio nelle comunità ospitanti, dare il proprio contributo all’economia e diventare più autonomi.
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Il programma della Banca Mondiale «Energy Access Program for Host Communities and Refugees», sostenuto dalla Svizzera, aiuta 15 Paesi partner ad allacciare tutti i gruppi della popolazione al loro sistema di approvvigionamento elettrico. Questi Paesi si trovano soprattutto nella zona del Sahel, attorno al Lago Ciad e nel Corno d’Africa. Il programma promuove la cooperazione e il dialogo tra gli attori umanitari, le organizzazioni per lo sviluppo e i governi. Raccoglie e analizza dati, esegue studi e sviluppa soluzioni scalabili. La questione dell’approvvigionamento elettrico viene così tolta dal contesto umanitario a breve termine e inserita in soluzioni per lo sviluppo a lungo termine che possono essere trasferite ad altre comunità vulnerabili.
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Ma anche nei campi profughi si possono trovare buone soluzioni energetiche a basso costo e con meno emissioni. Il campo di Azraq in Giordania, per esempio, è il primo campo al mondo a essere alimentato interamente da energia rinnovabile. Nel 2020 l’impianto solare ha prodotto cinque megawatt di elettricità per più di 40.000 profughi siriani. L’impianto è anche collegato alla rete elettrica nazionale e contribuisce così a coprire il fabbisogno energetico della comunità ospitante.
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La crisi legata al coronavirus ha fatto entrare la Tunisia in una recessione economica che ha causato prodotto crescente disoccupazione, aumento del debito pubblico e maggiore povertà. La Svizzera offre il proprio sostegno al Paese attraverso investimenti volti a stimolare la crescita.
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A dieci anni dalla Rivoluzione dei gelsomini la Tunisia ha compiuto grandi progressi verso l’affermazione di una democrazia moderna e decentralizzata. Questi progressi sono però minacciati dalla fragilità dell’economia. Il Governo tenta di compensare la scarsa crescita economica con la creazione di impieghi pubblici. Così facendo mette, tuttavia, in seria difficoltà il bilancio dello Stato.
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La crisi provocata dalla pandemia da coronavirus ha colpito duramente il Paese. Nel 2020 il prodotto interno lordo è calato del 9 per cento. Sono venute a mancare, in particolare, le importanti entrate del settore turistico. Il pacchetto di aiuti destinato all’economia e alla popolazione vulnerabile grava ulteriormente sulla spesa pubblica, mentre il gettito fiscale risulta considerevolmente ridotto.
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Nelle municipalità tunisine la tendenza è la stessa. Cercando di mantenere le prestazioni pubbliche essenziali (aiuti sociali, smaltimento dei rifiuti, trasporti pubblici ecc.), non rimangono quasi più fondi per investire nell’infrastruttura locale, le cui condizioni sono sempre più critiche. Ne soffre anche l’industria locale, per la quale le commesse pubbliche dei comuni rappresentano un’importante fonte di reddito.
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Attraverso un contributo totale pari a 8,5 milioni di franchi, la Svizzera sostiene le municipalità tunisine nell’attuazione di progetti d’investimento locali. Le iniezioni di capitale permettono di migliorare l’infrastruttura locale, aiutano l’economia e contribuiscono a contrastare la crescente disoccupazione.
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I contributi sono versati dal fondo pubblico tunisino per il finanziamento delle municipalità. Il principio è quello dell’incentivo finanziario: quanto più la municipalità è amministrata in modo trasparente, partecipativo ed efficiente, tanto più sostanzioso è il contributo concesso. Negli ultimi sei anni questo meccanismo ha portato a un effettivo miglioramento della gestione delle municipalità.
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All’inizio del 2020 il Consiglio federale ha presentato al Parlamento e all’opinione pubblica il rapporto sui risultati raggiunti dal 2017 al 2020 nell’ambito della cooperazione internazionale della Svizzera. La Svizzera ha contribuito a salvare vite umane, offrire alle persone in condizioni di indigenza accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione, creare prospettive economiche, proteggere la natura in quanto base essenziale della vita, migliorare la resilienza di fronte a crisi climatiche, economiche e finanziarie e promuovere la democrazia, la pace e il rispetto dei diritti umani.
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La Svizzera ha aiutato 8,4 milioni di persone in Paesi in sviluppo in situazioni di emergenza e ha fornito sostegno a 1,2 milioni di persone nella ricostruzione a seguito di catastrofi e crisi umanitarie. Ha seguito complessivamente 17 processi di pace, tra cui quelli in Colombia e in Mozambico. Nove milioni di persone, di cui oltre la metà donne e ragazze, hanno potuto accedere all’istruzione di base e alla formazione professionale.
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La CI della Svizzera ha contribuito a creare 16.000 posti di lavoro per le donne nelle regioni di montagna. Sono stati concessi 59.000 crediti a piccole e medie imprese del Nord Africa. 5,1 milioni di persone hanno potuto beneficiare di una pianificazione urbanistica sostenibile in 60 città in Africa, Asia e America latina.
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Studi scientifici, valutazioni indipendenti e rapporti di efficacia confermano i contributi positivi della CI svizzera. Nell’intento di migliorarsi costantemente, la DSC, la SECO e la DPDU – quali organizzazioni che apprendono – si confrontano con le difficoltà incontrate e gli obiettivi mancati.
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Insegnamenti da considerare nei prossimi quattro anni:
  • maggiore focalizzazione geografica e tematica ai fini di una maggiore efficacia;
  • maggiore attenzione agli effetti globalmente visibili dei cambiamenti climatici e aumento dei progetti intersettoriali;
  • uso mirato delle nuove tecnologie e della digitalizzazione;
  • più flessibilità nell’impiego dei mezzi finanziari, per cooperare nell’ambito della migrazione anche con Paesi non prioritari per la CI;
  • maggiore promozione di studi scientifici e di analisi dell’efficacia nell’ambito della CI.
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Tasso di disoccupazione alto, mancanza di prospettive e perdita di fiducia: l’insoddisfazione dei giovani diplomati è stato uno dei fattori scatenanti della rivoluzione tunisina del 2011. Due anni dopo, nel 2013, la Svizzera lanciava un programma di formazione professionale teso ad accrescere l’impiegabilità di giovani diplomati e diplomate e a migliorare l’immagine della formazione professionale in Tunisia.
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Realizzato da Swisscontact, questo programma ha permesso di sviluppare sistemi di formazione innovativi incentrati su un approccio pratico, in grado di rispondere alle richieste del mercato del lavoro. Al settore privato è anche quindi riconosciuto un ruolo chiave. Il programma si iscrive nel piano di riforme del sistema di formazione professionale promosso dal Ministero tunisino della formazione professionale e del lavoro.
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Tra i sistemi messi in atto figurano le «aziende di pratica commerciale» (APC). Le APC funzionano come imprese commerciali reali dove i flussi di merci e di denaro sono però unicamente virtuali. I giovani con un diploma ma senza lavoro hanno così la possibilità di esercitarsi per tre mesi, in modo realistico, al lavoro in azienda.

Tra il 2013 e il 2020 sono state create sette APC che hanno accolto più di 2.000 giovani con diploma e senza lavoro. Il tasso di inserimento professionale è dell’85 per cento.
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Ben Jemâa, CEO del Gruppo Ben Jemâa, preferisce passare dalle APC per assumere il suo personale:

«Attivi nel settore dell’automobile, siamo molto esigenti per quanto riguarda il reclutamento dei nostri futuri collaboratori e collaboratrici. Abbiamo potuto constatare una differenza tra le persone reclutate attraverso le APC e le altre candidature di persone al primo impiego. Le prime sanno già come comportarsi in un ambiente professionale.»

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«Dopo l’esperienza da Elan mi sentivo più sicuro di me e le mie ambizioni erano cresciute. In questo modo sono riuscito a trovare un buon posto di lavoro.»

Amine Bouzidi
Ex stagista, APC Elan by Connect
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Il programma ha anche permesso di mettere a punto un’offerta formativa certificata dallo Stato e dal settore privato.

Sono sei le piattaforme operative che propongono formazioni specialistiche nei settori dell’automobile e dell’economia energetica. Esse formano più di 300 persone ogni anno. Grazie a queste formazioni, i giovani hanno accesso a redditi più interessanti.
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Migliorare le prospettive per i giovani è determinante non solo per la coesione sociale, ma anche per la prevenzione dell’estremismo violento.

Ulteriori informazioni
Sito web Swisscontact (en): Il programma di sostegno alla formazione professionale
Video (fr): Tunisia: formazione professionale
Video (en): Rete di aziende di formazione della Tunisia

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Tra il 2010 e il 2017 la Svizzera ha commissionato più di 800 progetti per la riduzione del rischio di catastrofi (RRC). Una nuova valutazione (en) mostra ora in quali aree si sono potuti raggiungere buoni risultati e dove sono possibili ulteriori miglioramenti.
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La Svizzera svolge attività per la prevenzione delle catastrofi in tutto il mondo, in particolare nei Paesi prioritari della DSC. Tra il 2010 e il 2017 ha investito in totale 462 milioni di franchi per attività di RRC. Ha sostenuto in modo mirato progetti per la riduzione delle catastrofi e ha condotto il dialogo politico a livello internazionale.
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Dal rapporto di valutazione emerge che la Svizzera è apprezzata come partner e mediatore onesto. In particolare, dispone di ampie conoscenze per quanto riguarda la gestione delle acque, la prevenzione delle catastrofi basata sugli ecosistemi e la gestione dei rischi. La Svizzera persegue un approccio a più livelli e si impegna sia sul piano locale sia su quello nazionale e globale per la promozione di condizioni favorevoli. Questo approccio ha dato buoni risultati.
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Gli autori indipendenti del rapporto formulano una serie di raccomandazioni affinché in futuro l’impegno della Svizzera sia ancora più efficace. La RRC svizzera ha bisogno di un impegno congiunto più deciso da parte della DSC. Per esempio, la direzione dovrebbe lanciare sempre più spesso progetti pilota innovativi e concentrare il suo impegno su nicchie in cui la RRC svizzera può fornire un valore aggiunto mirato. Per promuovere la cooperazione, il rapporto raccomanda di definire obiettivi comuni per l’aiuto umanitario e la cooperazione allo sviluppo e di inserirli in una strategia comune. Inoltre raccomanda di introdurre priorità geografiche basate sui livelli di rischio e una concezione più ampia dei rischi di catastrofe che vada oltre i pericoli ambientali.
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La direzione della DSC concorda con la maggior parte delle raccomandazioni e, alla luce della crisi di Covid-19, sottolinea in particolare la necessità di rivalutare il campo d’applicazione della RRC allineandolo meglio al Quadro di riferimento di Sendai delle Nazioni Unite, il quale definisce le pandemie come una delle più grandi minacce del XXI secolo.
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Dal 2007 la Svizzera partecipa con 1,302 miliardi di franchi a progetti destinati a ridurre le disparità economiche e sociali nell’UE allargata. In tal modo la Svizzera rafforza le basi per solide relazioni economiche e politiche con l’UE e i suoi Stati membri.
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Mentre 12 dei 13 Stati partner che beneficiano del contributo all’allargamento hanno nel frattempo concluso i loro progetti, i lavori in Croazia, l’ultimo Stato ad aver aderito all’UE, sono in pieno svolgimento.
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La Svizzera sostiene i lavori di costruzione e rinnovamento dell’infrastruttura idrica in tre Comuni nella regione montana di Gorski Kotar, nella parte nordoccidentale della Croazia. Oltre alle consistenti perdite di acqua causate da tubature fatiscenti, mancano gli impianti di depurazione.

Maggiori dettagli sul progetto

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La Svizzera promuove inoltre il lavoro di giovani ricercatori croati con uno stipendio e un mentorato internazionale a cura del Politecnico federale di Losanna. Tale contributo consente di testare un modello alternativo di carriera per le scuole universitarie. Team «evolution in the dark» diretto dalla dott.ssa Helena Bilandžija, PhD.

Maggiori dettagli sul progetto

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Una prima, importante tappa del programma di cooperazione è stata raggiunta nel 2020 con la conclusione del progetto di formazione professionale. La Svizzera ha sostenuto per tre anni una riforma avviata dal Ministero dell’educazione croato.
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Nel progetto in materia di formazione professionale sono stati rielaborati sei cicli formativi, che ora sono maggiormente orientati alla pratica e al mercato del lavoro.

Tutti i resultati del contributo all'allargamento a favore della Croazia
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Molte città asiatiche crescono molto rapidamente e hanno urgente bisogno di ampliare o risanare le loro infrastrutture. In questo contesto una grande sfida consiste nel definire le priorità e pianificare nel dettaglio gli investimenti nelle infrastrutture pubbliche, e garantirne il finanziamento. La «Cities Development Initiative for Asia» (CDIA) della Banca asiatica di sviluppo, sostenuta dalla Svizzera, fornisce alle città un aiuto in questo senso. Grazie alla sua riconosciuta efficacia, la CDIA è diventata una delle più importanti iniziative in questo settore.
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L’iniziativa CDIA svolge soprattutto studi di fattibilità e funge pertanto da ponte tra le città e gli organismi di finanziamento. Tra il 2007 e il 2020 l’iniziativa ha sostenuto 88 città nel generare investimenti per circa 11,2 miliardi di dollari USA, con cui si sono potuti realizzare 155 progetti infrastrutturali.
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In Georgia, per esempio, la CDIA ha aiutato il Governo a mobilitare 50 milioni di dollari USA da investire in un sistema di trasporto sostenibile nella capitale Tbilisi, un progetto del quale hanno beneficiato 1,1 milioni di abitanti.
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Finora gli imprenditori e i residenti di Tbilisi potevano contare soltanto sulle loro auto per spostarsi in modo efficiente in città. Grazie a un’infrastruttura di trasporto pubblico con collegamenti migliori e più frequenti, questa situazione è destinata a cambiare. Verranno per esempio ridefiniti i percorsi della rete di autobus della città e create nuove corsie preferenziali. Questi cambiamenti garantiranno un trasporto più efficiente e affidabile.
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Sarà ristrutturata anche la metropolitana che, con i suoi 50 anni, è del tutto obsoleta e in parte versa in condizioni pericolose. Saranno costruite nuove stazioni e adottate misure affinché la metropolitana possa trasportare i suoi passeggeri in modo più sicuro e affidabile.
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L’iniziativa a Tbilisi è stata esaminata nel 2020 nel quadro di una revisione intermedia indipendente della strategia CDIA 2018–2022. Essa spiana la strada a una mobilità urbana più sostenibile a Tbilisi. La CDIA sostiene la città anche nello sviluppo delle capacità, perché sia in grado di gestire e mantenere la nuova infrastruttura in modo durevole.  
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Fairtrade International sostiene i piccoli agricoltori e i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo nel contesto della crisi legata al coronavirus. D’intesa con le autorità di governo e i partner commerciali e con la collaborazione della Svizzera, nel 2020 l’organizzazione ha istituito due fondi.
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Il fondo di assistenza serve a finanziare misure urgenti contro la pandemia di Covid-19. Il fondo di resilienza è invece destinato ad attenuare gli effetti a medio e lungo termine della crisi. 330.000 persone in Asia, Africa e America latina hanno già potuto beneficiare di 16 milioni di franchi provenienti da questi fondi.
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In Africa 245 cooperative sostengono oltre 208.000 persone:
  • in Ghana una cooperativa di produttori di cacao ha informato via radio i propri membri sulle misure preventive contro il coronavirus. Un’altra ha distribuito sapone, disinfettante, mascherine e generi alimentari;
  • in Kenya una cooperativa di caffè ha fornito agli agricoltori mascherine di protezione e dispositivi per il lavaggio delle mani;
  • in Uganda i lavoratori di una piantagione di tè hanno seguito formazioni di tipo sanitario. Il datore di lavoro ha inoltre continuato a pagare gli stipendi e si è impegnato sul fronte della sicurezza alimentare.
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La rete di produttori Fairtrade per i Caraibi, l’America latina e l’America centrale ha aiutato più di 77.000 persone:
  • in Guatemala una cooperativa ortofrutticola ha messo a disposizione dei suoi collaboratori e collaboratrici farmaci e materiale di pronto soccorso;
  • in Ecuador una cooperativa è riuscita a procurarsi da un fornitore più caro materiale da lavoro ormai praticamente introvabile e ha quindi potuto continuare a produrre le sue banane;
  • in Nicaragua una cooperativa di produttori di caffè ha distribuito detersivi, disinfettanti e manifesti informativi sulla prevenzione.
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In Asia è stato possibile offrire sostegno a quasi 48.000 persone:
  • in Indonesia una cooperativa di caffè ha versato a ogni membro 250 franchi per coprire i mancati stipendi. I membri di una cooperativa specializzata nella noce di cocco hanno ricevuto pacchi contenenti prodotti alimentari di base e semi di ortaggi;
  • in Pakistan un’azienda che fabbrica articoli sportivi ha installato stazioni di disinfezione e lavaggio delle mani.
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Jalalabad è una regione del Sud del Kirghizistan caratterizzata da un elevato tasso di povertà (32,6% nel 2018), forti disparità economiche e un fragile equilibrio interetnico. La produzione agricola è particolarmente importante per la regione, dato che rappresenta il 40 per cento del suo PIL.
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La maggior parte delle aziende agricole e degli impianti di lavorazione del settore agroalimentare non sono concorrenziali e perciò i livelli di reddito rimangono bassi.
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Per far fronte al problema dei redditi modesti dei lavoratori e delle lavoratrici del settore agroalimentare e migliorare la competitività delle aziende locali e dei settori di esportazione, la Svizzera sostiene in Kirghizistan un progetto che, attraverso la promozione di specifiche catene del valore, ha contribuito alla crescita economica della regione.
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In stretta collaborazione con il settore privato, è stato possibile aiutare all’incirca 1.000 aziende e produttori, specialmente nel settore ortofrutticolo, con grande beneficio dell’economia regionale.
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Le attività sviluppate nell’ambito del progetto hanno permesso di creare 966 nuovi impieghi (10 posti fissi e 956 impieghi stagionali) nelle filiere delle primizie orticole e della susina. Inoltre, 597 agricoltori di queste filiere hanno incrementato il proprio reddito in misura sostanziale (+60-100%) grazie alla vendita di susine, pomodori e peperoni. Infine, 136 micro, piccole e medie imprese hanno visto i loro ricavi crescere almeno del 30 per cento. In definitiva, è tutta la popolazione (più di un milione di abitanti) della regione di Jalalabad a trarne vantaggio.
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capitolo 2 Sfide Globali

capitolo 3 Crisi

capitolo 4 Risorse

capitolo 5 Economia

capitolo 6 Democrazia

capitolo 7 Libertá

capitolo 8 Genere

capitolo 9 Migrazione

capitolo 10 Effetti

capitolo 11 Statistiche

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