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deza-seco-jahresbericht-2019-it

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Introduzione

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«Nel 2019 gli effetti del cambiamento climatico si sono fatti sentire chiaramente, e a pagarne il prezzo più alto sono stati soprattutto i poveri. Per questo, in tutti i suoi programmi di cooperazione internazionale, la Svizzera tiene sistematicamente conto degli effetti del cambiamento climatico. Il nostro Paese, tuttavia, non può affrontare questo problema da solo. Pertanto, concludiamo partenariati con gli attori multilaterali, la società civile, il settore privato e le università. Insieme possiamo raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati e fare la differenza.»

Marie-Gabrielle Ineichen-Fleisch
Direttrice SECO  
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«Nell’ambito della cooperazione internazionale, la Svizzera intende attribuire ancora più importanza agli effetti del cambiamento climatico. Essa si adopera affinché il finanziamento internazionale a tutela del clima sia destinato soprattutto ai Paesi e alle popolazioni più vulnerabili. Il finanziamento sostenibile dello sviluppo non può prescindere dal finanziamento a favore del clima. Non può esserci sviluppo sostenibile senza contenimento degli effetti del cambiamento climatico.»


Manuel Sager
Direttore DSC (11/2014 - 04/2020)
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Sfide Globali

Sfide globali come il cambiamento climatico, la malnutrizione, la scarsità d'acqua, la migrazione irregolare e le crisi sanitarie incidono sempre di più sullo sviluppo sostenibile nei Paesi a medio e basso reddito. In qualità di Paese mediatore neutrale con competenze riconosciute, la Svizzera si impegna a sviluppare soluzioni efficaci a livello multilaterale. 
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Crisi

La protezione e il sostegno alle vittime di crisi e catastrofi umanitarie sono priorità della cooperazione internazionale della Svizzera, il cui impegno si concentra in particolare sui contesti fragili. 
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Risorse

La cooperazione internazionale della Svizzera si impegna per migliorare le condizioni di vita di donne e uomini poveri e vulnerabili. Una vita dignitosa presuppone un accesso permanente alle risorse e ai servizi necessari. 
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Economia

La Svizzera vuole permettere ai suoi Paesi partner di realizzare una crescita economica sostenibile e inclusiva. La crescita deve essere condivisa da tutte le fasce della popolazione e non deve compromettere il benessere delle generazioni future. La sua realizzazione presuppone un aumento e un miglioramento degli impieghi e un contesto economico propizio. Una crescita sostenibile offre alla popolazione nuove opportunità e prospettive e riduce i rischi globali.
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Democrazia

La Svizzera è un Paese che vanta una lunga tradizione democratica. Proprio grazie alla sua esperienza, aiuta altri Paesi a sviluppare lo Stato di diritto e strutture democratiche e a rafforzare
le loro istituzioni, tanto sul piano nazionale quanto su quello locale, per far nascere società pacifiche e stabili nei Paesi partner.
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Libertá

Tramite la cooperazione internazionale, la Svizzera si impegna per il rispetto, la tutela, la promozione e lo sviluppo dinamico dei diritti umani. Porta avanti un dialogo politico in diversi Paesi partner e opera nell’ambito di varie istituzioni multilaterali. 
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Genere

Le disparità di genere costituiscono uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà. Obiettivo della Svizzera è permettere sia alle
donne che agli uomini di beneficiare degli stessi diritti per poter sviluppare il loro potenziale e valorizzare le loro risorse. 
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Migrazione

Povertà e migrazione sono tra le principali sfide globali. Le persone emigrano per diverse ragioni. Alcuni lasciano il loro paese a causa della violenza e dei conflitti. Altri perseguono migliori prospettive di lavoro. Un lavoro dignitoso è probabilmente il mezzo più efficace contro la povertà. Nuovi e migliori posti di lavoro sono la chiave di uno sviluppo economico che coinvolge il maggior numero possibile di persone e riduce le pressioni migratorie. 
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Effetti

Nel 2019 il Nobel per l’economia è stato assegnato a tre studiosi per i loro metodi di ricerca sperimentali nella lotta contro la povertà. I vincitori sono pionieri nell’impiego di studi controllati randomizzati (cosiddette valutazioni d’impatto). Questo metodo consente di introdurre modifiche mirate per ottimizzare i programmi di sviluppo. La Svizzera conduce già dal 2016 valutazioni d’impatto e organizza regolarmente, in collaborazione con il Politecnico federale di Zurigo, l’Impact Award. 
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Statistiche

La cooperazione internazionale attuata dalla DSC e dalla SECO costituisce la parte essenziale dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APD) della Svizzera, che comprende anche i contributi di altri uffici federali e l'aiuto dei cantoni e dei comuni svizzeri.
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Nel 2019 i contributi degli Stati membri del Comitato di aiuto allo sviluppo (CAS) destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) hanno raggiunto i 153 miliardi USD statunitensi. Con un rapporto APS / RNL dello 0,44%, la Svizzera si situa al di sotto della media dei paesi dell'UE (0,47%). La Svizzera mantiene comunque l’ottava posizione nella classifica dei Paesi membri del CAS basata sul confronto del rapporto APS/RNL.

In termini di volume finanziario, Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Giappone e Francia sono i principali paesi donatori. La Svizzera si situa al undicesimo posto in termini assoluti.
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La cooperazione internazionale attuata dalla DSC e dalla SECO rappresenta quasi l'80% dell'APS totale. Alcuni costi relativi all'accoglienza dei richiedenti asilo in Svizzera sono contabilizzati come APS: la loro quota oscilla tra l'8% e il 21% a seconda dell'anno. La parte restante comprende altri contributi della Confederazione, tra cui l'alleggerimento bilaterale del debito nel 2005 e nel 2009, nonché dei cantoni e dei comuni svizzeri.

L'aumento delle risorse per la cooperazione internazionale fino al 2015 ha permesso di raggiungere l'obiettivo fissato dal Parlamento di un tasso di APS/RNL dello 0,5% nello stesso anno. Dal 2017, l'APS è diminuita a causa dei minori costi di asilo e delle misure di risparmio dei crediti per la cooperazione internazionale. L'attuale tasso APS/RNL è sceso allo 0,44%.
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L'APD multilaterale comprende i contributi generali della DSC e di altri uffici federali alle agenzie internazionali di sviluppo. Le istituzioni finanziarie internazionali (IFI), compresa l'Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA), sono i principali beneficiari dell'APS multilaterale, seguiti dalle agenzie delle Nazioni Unite e infine da altre organizzazioni internazionali.

Negli ultimi quindici anni, la quota dell'APS multilaterale è rimasta relativamente stabile, rappresentando tra il 20% e il 25% dell'APS totale.

I contributi alle organizzazioni non governative internazionali, compreso il Comitato internazionale della Croce Rossa, sono considerati APS bilaterali.
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America latina

Africa subsahariana

Europa, Africa del Nord e Medio Oriente

Asia

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La cooperazione svizzera con l'Europa dell'Est sostiene i Balcani occidentali e i paesi dell'ex Unione sovietica nel loro passaggio all'economia sociale di mercato e alla democrazia. La Svizzera contribuisce così alla stabilità nella regione e migliora le aspettative di vita dei suoi abitanti.

I progetti in Africa del Nord sono incentrati su democrazia e diritti umani, sviluppo economico e occupazione inclusivi e sostenibili, questioni in materia di migrazione e protezione.

Gli interventi della DSC in Medio Oriente sono finalizzati alla protezione di profughi e persone bisognose, al loro approvvigionamento di base e alla gestione sostenibile delle risorse idriche.
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La cooperazione internazionale della Svizzera consacra oltre un terzo delle sue risorse all'Africa subsahariana.

L’accento è posto sull’accesso delle popolazioni svantaggiate alle prestazioni sociali di base (servizi sanitari, educazione), alle infrastrutture (acqua), al lavoro e al reddito e a una crescita sostenibile.

Molte regioni dell’Africa subsahariana sono segnate da crisi croniche per le quali non si intravedono miglioramenti significativi e nelle quali la popolazione colpita ha ciclicamente o durevolmente bisogno di assistenza umanitaria. In questi contesti, l’aiuto umanitario è integrato in strategie comuni messe a punto con gli altri partner della cooperazione internazionale.
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Attraverso l'aiuto alla transizione a favore dei Paesi dell'Asia centrale, la Svizzera sostiene la gestione delle risorse idriche a livello regionale e nazionale, lo sviluppo del settore privato e le riforme del settore pubblico e del sistema sanitario.

L’impegno della DSC in Asia si concentra in quattro Paesi e due regioni che attestano tuttora un indice di povertà multidimensionale molto elevato, ad esempio in termini di reddito, mancanza di sicurezza, accesso limitato ai servizi di base, malnutrizione cronica, vulnerabilità alle crisi ecologiche ed economiche e discriminazione sociale e etnica di vasti gruppi di popolazione.
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I programmi della DSC riguardano i settori della governance locale e della decentralizzazione, la creazione di impieghi e di redditi, il cambiamento climatico e l'acqua. Nei contesti fragili (Honduras, Haiti) l'accento è posto sulla prevenzione della violenza, la promozione dei diritti dell'uomo e il rafforzamento dello Stato.

In Perù, la SECO sostiene principalmente lo sviluppo delle strutture economiche, la competitività del settore privato e l'accesso ai servizi pubblici. In Colombia, dove alcune parti del Paese sono ancora fortemente colpite dalla presenza di gruppi armati e dalla criminalità organizzata, la SECO crea opportunità economiche e contribuisce così a una pace duratura.
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Per impiegare efficientemente i mezzi a favore della cooperazione con l'Europa dell'Est la Svizzera concentra i suoi sforzi su determinati temi. I criteri per definire le priorità sono le esigenze regionali e il loro potenziale, nonché le conoscenze della Svizzera sui temi. Ovviamente sono determinanti anche gli interessi politici.
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L’Aiuto umanitario della DSC si concentra su interventi locali e a favore di una maggiore consapevolezza del diritto internazionale pubblico, con particolare attenzione alla protezione della popolazione civile più colpita.
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Le misure di politica economica e commerciale della SECO hanno quattro obiettivi d'efficacia. Essi sono: istituzioni e servizi efficaci, aumento e miglioramento dell'occupazione, commercio e competitività rafforzati e un'economia a basse emissioni e resiliente ai cambiamenti climatici. Essi contribuiscono tutti a una crescita sostenibile e inclusiva.
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Attraverso oltre 500 programmi e progetti, la cooperazione allo sviluppo della DSC concentra le sue attività su dieci temi, fissando le priorità in funzione delle esigenze dei suoi 21 Paesi e regioni partner nel Sud.

I temi dell’uguaglianza tra donne e uomini e del buongoverno sono trattati al contempo come temi trasversali e settoriali.
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Per raggiungere l'obiettivo fissato dal Parlamento di un tasso di aiuto pubblico allo sviluppo (APS) pari allo 0,5 per cento del reddito nazionale lordo (RNL), le risorse destinate alla DSC sono cresciute costantemente fino al 2015.

A partire dal 2016 i crediti per la cooperazione internazionale sono stati fortemente influenzati dalle misure di riduzione dei costi decise dal Consiglio federale e approvate dal Parlamento (programma di stabilizzazione e freno all'indebitamento).
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Le risorse destinate alla SECO sono gradualmente aumentate con l'obiettivo di raggiungere l'obiettivo di un tasso APS/RNL dello 0,5% entro il 2015.

A partire dal 2016 le risorse sono gradualmente diminuite a causa delle misure di riduzione dei costi della Confederazione che, in proporzione, hanno avuto un impatto particolarmente forte sui crediti della cooperazione internazionale.
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La DSC concentra le sue attività soprattutto sui Paesi a basso reddito. Nel 2019, la metà della spesa bilaterale è stata destinata all'Africa e al Medio Oriente, un quarto all'Asia meridionale e orientale e il restante quarto all'America latina e all'assistenza alla transizione in Europa e in Asia centrale.

La SECO è soprattutto attiva nei paesi a medio reddito. L'assistenza alla transizione nell'Europa orientale rappresenta oltre un terzo delle spese del 2019. L'Asia meridionale e orientale, l'Africa subsahariana e l'America latina sono, in parti quasi uguali, le altre principali regioni beneficiarie.
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Con il Nature Conservation Programme (NCP), la Svizzera sostiene le iniziative della Macedonia del Nord tese a preservare la biodiversità del Paese e le sue ricchezze naturali, garantendo nel contempo uno sviluppo sostenibile e inclusivo.
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Il NCP sostiene la Macedonia del Nord nella realizzazione di servizi ecosistemici in tutto il Paese. Questo permetterà alle autorità locali di comprendere meglio il legame tra natura e sviluppo. 
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Nella regione del Maleševo, a est del Paese, è stato messo a punto, con il sostegno dell’NCP, un piano regionale per lo sviluppo boschivo. Elaborato con la partecipazione volontaria di 14 istituzioni, il piano in questione consentirà di definire la strategia per lo sviluppo silvicolo in una regione di 806 km2 coperta per quasi il 52 per cento da boschi.
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Nel 2019 l’Osogovo è stato proclamato «zona protetta». Per la Macedonia del Nord questo massiccio montuoso ha un grande valore storico, culturale e naturale. Alla sua valorizzazione hanno collaborato circa 350 rappresentanti di oltre 35 diverse istituzioni.  
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Nella regione del Bregalnica, l’NCP sostiene il processo volto a identificare siti che soddisfino i criteri di Natura 2000. Questi siti protetti sono un prerequisito per l'adesione all’UE. Grazie al programma sono stati identificati habitat e specie minacciati, e tre zone sono state riconosciute potenziali siti Natura 2000.  
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Con il sostegno dell’NCP è stato inoltre realizzato e prodotto il lungometraggio Honeyland, un documentario che affronta tematiche universali quali l’impiego sostenibile delle risorse naturali e il suo impatto sul pianeta. Nominato agli Oscar, ha vinto diversi premi tra cui l’«Impact for Change» al Sundance Film Festival. 
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La Svizzera promuove lo sviluppo del turismo sostenibile nella regione del Bregalnica. Tra il 2016 e il 2018 il numero dei turisti che ha visitato la regione è aumentato del 12 per cento. L’NCP ha contribuito al raggiungimento di questo risultato realizzando un centro d’informazione per turisti e un centro di educazione ambientale, come pure migliorando la segnaletica dei sentieri escursionistici. 
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Dal 2007 la Svizzera partecipa a progetti per la riduzione delle disparità economiche e sociali nell’UE allargata con un importo di 1,302 miliardi di franchi. Consolida così le fondamenta delle relazioni economiche e politiche con l’UE e i suoi Stati membri, ed esprime al tempo stesso la propria solidarietà. 
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I progetti promossi con il contributo all’allargamento devono essere portati a termine nell’arco di un decennio. I dieci Paesi che hanno aderito all’UE nel 2004, hanno concluso con successo i propri progetti nel 2017. In Romania e Bulgaria tutti i progetti sono stati terminati alla fine del 2019. In Croazia, che ha aderito all’UE nel 2013, la conclusione dei progetti è prevista per il 2024. 
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Diversi progetti svizzeri concorrono a rafforzare la società civile. In Romania hanno beneficiato del sostegno svizzero 94 organizzazioni, e con esse oltre 260 000 persone, nei settori dell’educazione alla cittadinanza, dello sviluppo sostenibile e della protezione dell’ambiente. 

Tutti i risultati del contributo all'allargamento per la Romania


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Con il contributo all’allargamento, in Bulgaria è stato possibile smaltire correttamente circa 3800 tonnellate di prodotti fitosanitari tossici. I pesticidi oggi vietati risalivano ai tempi del comunismo ed erano depositati in oltre 200 magazzini fatiscenti.  

Tutti i risultati del contributo all'allargamento per la Bulgaria
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In Croazia diverse PMI beneficiano di sostegni per lo sviluppo di progetti innovativi, ad esempio nel settore della tecnologia dell’informazione. Cinque PMI sono riuscite a ottenere un finanziamento nel quadro del programma europeo Eurostars, il cui obiettivo è promuovere l’immissione sul mercato dei prodotti di nuova generazione.  

Tutti i risultati del contributo all'allargamento per la Croazia
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Il 3 dicembre 2019 il Parlamento svizzero ha approvato il credito quadro per un secondo contributo della Svizzera ad alcuni Stati membri dell’UE, ma ha anche deciso che la Confederazione non firmerà accordi bilaterali di attuazione con i Paesi partner fintantoché sussisteranno provvedimenti discriminatori dell’Unione nei confronti della Svizzera. Il Consiglio federale ritiene che il rifiuto dell’UE di prolungare il riconoscimento dell’equivalenza della borsa svizzera sia discriminatorio.  
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Già oggi più della metà della popolazione mondiale vive in aree urbane. Che superino i confini statali o si spostino all’interno degli stessi, quasi tutti i migranti e gli sfollati forzati si dirigono verso le città, dove sperano di trovare protezione, una casa e un lavoro.  
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L’Uganda è il Paese che accoglie il maggior numero di profughi nella regione del Corno d’Africa allargato: oltre 1,4 milioni. Una volta registrati, ricevono dalle autorità un appezzamento di terreno e la prospettiva di raggiungere l’autosufficienza. Molti, tuttavia, preferiscono vivere nelle aree urbane. Sfortunatamente, le amministrazioni cittadine non ricevono finanziamenti sufficienti dal governo centrale per garantire servizi pubblici di qualità.
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Per alleviare la pressione crescente sulle scuole e sulle strutture sanitarie, Isa Kato, sindaco della città di Arua, si è messo alla ricerca di soluzioni e le ha trovate nella Cities Alliance, di cui la Svizzera è membro attivo. 
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Grazie a Cities Alliance, le autorità locali di Arua stanno acquisendo le competenze necessarie per raccogliere dati di genere sulla popolazione urbana e sulle lacune nel sistema dei servizi pubblici. Verifiche sul campo sono condotte nell’ottica di aumentare il numero delle classi scolastiche, dove necessario, e avviare la formazione degli insegnanti. Indicano, inoltre, dove occorre potenziare i servizi medico-sanitari e dove realizzare le infrastrutture necessarie per raggiungere anche le parti più remote della città. 
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Come Arua, anche altre città hanno dato prova di spirito innovativo nel promuovere politiche inclusive. Per incoraggiare l’apprendimento sulla base di esempi pionieristici, l’ONU ha invitato sindaci da tutto il mondo a partecipare al primo Global Refugee Forum, riunitosi a Ginevra nel 2019. Su questo palcoscenico internazionale, la città di Arua ha condiviso la scena con le città di Amman in Giordania, San Paolo in Brasile e Gaziantep in Turchia per presentare le loro soluzioni pragmatiche.  
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Anche la città di Zurigo condivide le sue esperienze in materia di integrazione dei migranti. La sindaca di Zurigo, Corine Mauch, è membro dell'iniziativa sostenuta dalla Svizzera Mayors Migration Council. Nel 2019, parlando all’ONU del partenariato con la città libanese di Tiro, Corine Mauch ha dichiarato:

«È una collaborazione che potenzia le capacità e consolida la resilienza delle città, ma offre anche l’opportunità ad entrambe le città di imparare l’una dall’altra.» 
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Salvare 16 milioni di vite umane entro il 2030 e porre fine, una volta per tutte, alle epidemie di HIV/AIDS, tubercolosi e malaria. Questo è l’obiettivo che si è posto il Fondo globale per la lotta contro l’AIDS, la tubercolosi e la malaria. La Svizzera concorre al perseguimento di tale obiettivo offrendo conoscenze, sostegno alla pianificazione strategica e risorse finanziarie.  
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L’HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria colpiscono soprattutto le popolazioni povere e ostacolano lo sviluppo economico dei Paesi interessati. L’impatto di queste malattie, inoltre, non si arresta ai confini nazionali. Il cambiamento però è in atto.  
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In Etiopia, il Governo ha trovato il modo di avvicinare i servizi medico-sanitari alla popolazione. Operatori sanitari formati con il sostegno del Fondo globale visitano le comunità e operano sul campo. È così stato possibile trattare 748 601 casi di malaria e 100 000 casi di tubercolosi. Nel corso di un anno, inoltre, 457 000 persone hanno beneficiato di trattamenti medicali.  
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Tutto ciò è reso possibile da collaboratrici come Tiber. Con voce sommessa ma con passione spiega alle sue ascoltatrici l’importanza dell’accesso ai contraccettivi e come un’intera famiglia possa proteggersi dalla malaria dormendo sotto una zanzariera.  
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Dal lancio del programma con il sostegno del Fondo globale nel 2004, la speranza di vita alla nascita è aumentata da 54 a 65 anni.

Grazie al Fondo globale, l’Etiopia è riuscita a mettere a punto un sistema sanitario affidabile, con un approccio pionieristico tra i Paesi a reddito medio e basso.  
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Tuttavia, per vincere la malaria, la tubercolosi, e l’HIV/AIDS a livello globale, è necessario l’impegno di tutti gli attori del settore sanitario. La Svizzera sostiene il Fondo globale con le proprie conoscenze strategiche e condividendo le esperienze in ambito sanitario con altri Paesi. Si adopera inoltre per l’indispensabile coordinamento tra governi, società civile e imprese. Solo unendo le forze di tutti gli attori pertinenti, sarà infatti possibile accelerare la lotta contro queste malattie.  
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La Svizzera invita anche a migliorare la cooperazione tra il Fondo globale e il programma UNAIDS. In quanto membro dei consigli esecutivi dei due organismi – entrambi con sede a Ginevra – la Svizzera promuove l’azione coordinata di queste organizzazioni complementari. Insieme possono sostenere i governi in modo ancora più efficace.  
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Il Vietnam è uno dei più importanti produttori di riso del continente asiatico nonché uno dei maggiori esportatori. Per il Delta del Mekong, tuttavia, ciò significa dover affrontare sfide ambientali quali la scarsità di acqua e l’inquinamento dei terreni. A dispetto della produzione intensiva, i risicoltori locali sono ancora fra i gruppi della popolazione più poveri ed esclusi dallo sviluppo sociale. Il nuovo progetto CORIGAP si basa sulla ricerca e dimostra come questa situazione possa cambiare.  
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Nella maggior parte dei casi, i piccoli risicoltori hanno a disposizione un appezzamento di terreno che non raggiunge le dimensioni di due campi di calcio. Impiegano tecnologie obsolete e grandi quantità di prodotti chimici, e spesso non guadagnano abbastanza per mantenere le famiglie. La Svizzera e i suoi partner hanno sviluppato CORIGAP, un progetto innovativo ed ecocompatibile per i piccoli produttori nel Delta del Mekong.  
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In Vietnam, CORIGAP promuove l’approccio 1M5R (1 must do, 5 reductions). La regola 1M (1 cosa da fare) si riferisce all’impiego di sementi certificate; la regola 5R (5 cose da ridurre) alla riduzione delle dosi di semina, dei fertilizzanti chimici, dei pesticidi, dell’acqua e delle perdite post-raccolta. L’obiettivo di queste sei regole è migliorare le condizioni di vita dei piccoli contadini e tutelare l’ambiente.  
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Tuan Ve, un contadino nella provincia di Can Tho che ha partecipato a un corso di formazione CORIGAP, racconta:

«Le sementi certificate sono costose. In passato ne utilizzavo più di 120 kg, ma questa quantità si è rivelata eccessiva. La prova sul campo ha dimostrato che posso ridurla considerevolmente senza che la produzione diminuisca.» 

Come Tuan Ve, altre 235 000 persone in sei Paesi hanno partecipato al progetto e tutte hanno potuto aumentare i loro profitti.
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Forte dei risultati ottenuti, la Svizzera ha avviato la seconda fase. Si tratta di estendere il progetto al maggior numero di risicoltori possibile e aiutarli a collaborare con partner del settore privato per vendere il proprio raccolto a prezzi e condizioni eque.  
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Come dimostra un sondaggio condotto nel 2019, i risicoltori hanno ottenuto risultati importanti. Ora impiegano il 30 per cento in meno di sementi e hanno ridotto il consumo di acqua e pesticidi. Il raccolto è aumentato e, con esso, il reddito per ogni ettaro di terreno (+280 USD). Riescono inoltre a vendere a commercianti o consumatori locali la parte di produzione in eccesso, ottenendo prezzi equi. Il risultato per contadini come Tuan Ve è un aumento medio dei profitti di circa il 40 per cento. 
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Poiché i risultati ottenuti possono aiutare molti altri piccoli agricoltori in tutto il mondo, la Svizzera ha condiviso la sua ricerca con esperti della Piattaforma per il riso sostenibile (Sustainable Rice Platform). In collaborazione con questa alleanza mondiale di operatori dell’industria del riso, la Svizzera ha sostenuto lo sviluppo di standard internazionali per la produzione sostenibile di riso.  
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Paese nel contempo di destinazione, di partenza e di transito, l’Egitto ospita un vasto numero di migranti, profughi e richiedenti l’asilo provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, in particolare dalla Siria, dal Sudan, dal Sudan del Sud, dall’Etiopia e dall’Eritrea. La maggior parte dei migranti e dei profughi deve affrontare molteplici sfide, soprattutto in termini di protezione e di bisogni primari, ed è particolarmente esposta alla povertà e alla violenza sessuale e di genere. 
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In Egitto le organizzazioni di comunità svolgono un ruolo chiave nel far fronte ai bisogni primari dei migranti e dei profughi. Per questa ragione, la Svizzera sostiene l’ONG St. Andrews for Refugee Services (StARS). StARS ha sede al Cairo e fornisce servizi di qualità a un totale di 19 000 profughi e migranti, offrendo loro inoltre uno spazio sicuro e aperto a tutti.  
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Nel corso della sua visita in Egitto, nel marzo del 2019, il consigliere federale Ignazio Cassis ha fatto visita al progetto StARS.

«Migliorare la situazione generale dei migranti significa ridurre la pressione migratoria sul lungo periodo. Attraverso la cooperazione economica e allo sviluppo in Egitto, la Svizzera contribuisce inoltre a migliorare le condizioni di vita della popolazione locale».

Ignazio Cassis, Consigliere federale  
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Oltre l’80 per cento dei collaboratori di StARS sono rifugiati e migranti. Questa condizione consente loro di essere più vicini ai beneficiari del progetto sia sul piano linguistico che culturale e di meglio rispondere alle loro esigenze.

«Collaboro con StARS da un anno e un mese. Cercavo un posto di lavoro a contatto con i profughi, perché è il mondo cui appartengo. Abbiamo una rete di medici e visitiamo e curiamo i pazienti gratuitamente. Cerchiamo di salvare vite umane e facciamo del nostro meglio per aiutare tutti».

Rimaz Mohieldin, dottoressa che lavora per StARS
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StARS offre ai migranti più vulnerabili sostegno psicosociale, assistenza giuridica, accesso alle cure e all’istruzione. Quasi 300 bambini, ad esempio, frequentano le lezioni che si tengono nei locali di StARS adibiti a scuola. Il progetto, inoltre, si fa carico dei casi di violenza sessuale e di genere come pure di ogni altra emergenza nella comunità.  
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Con il sostegno della Svizzera, nel giugno 2019 ha avviato la sua attività commerciale il parco solare Ninh-Thuan, nel Sud del Vietnam. L’impianto produce 168 megawatt di elettricità ed approvvigiona quasi 200 000 persone. 
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Negli ultimi 30 anni il Governo vietnamita ha avviato delle cauti riforme di mercato, che hanno ridotto notevolmente la povertà e aperto l’economia del Paese. Questa evoluzione ha tuttavia comportato un notevole aumento del fabbisogno energetico nazionale. 
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Oggi quasi due terzi dell’energia consumata in Vietnam è prodotta utilizzando carbone, petrolio e gas. Fino al 2015 solo il 4 per cento proveniva da fonti rinnovabili. A causa del cambiamento climatico, il Governo ha deciso di promuovere maggiormente la produzione di energia pulita. 
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La Svizzera appoggia questo progetto. In qualità di membro del Private Infrastructure Development Group (PIDG) ha contribuito alla costruzione del parco solare. L’energia che vi è prodotta è fornita all’azienda nazionale di distribuzione sulla base di una garanzia di acquisto della durata di 20 anni, e consente di ridurre di 240 000 tonnellate l’anno le emissioni di CO2 nel Paese. 
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In prossimità del parco solare vivono soprattutto contadini. Inizialmente contrari all’impianto per paura delle ripercussioni negative sull’ambiente e sul paesaggio, hanno dovuto ricredersi. Il parco è stato infatti costruito su terreni incolti praticamente inutilizzabili a scopo agricolo e ha creato nuove opportunità di lavoro. 
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Lungo il parco e le località nelle sue vicinanze sono state costruite nuove strade. Non soltanto facilitano il trasporto di bestiame e di prodotti agricoli, ma sono anche utilizzate dai bambini per recarsi a scuola. «Sono molto orgoglioso di questo progetto poiché ha promosso lo sviluppo economico del Paese e migliorato la qualità di vita della popolazione locale», ha dichiarato il portavoce dei Comuni interessati Ha Thi Thu Nga.

Ulteriori informazioni

Sito web SECO (fr): Vietnam

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L’Indonesia conta oltre 17 000 isole e vanta una ricchezza culturale eccezionale. È dunque un Paese con un grande potenziale turistico. Dal 2009 la Svizzera promuove un turismo sostenibile che favorisce lo sviluppo economico del Paese, l’avvio di nuove attività imprenditoriali e la creazione di nuovi posti di lavoro.  
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Un programma svizzero promuove in diverse destinazioni indonesiane offerte turistiche nel rispetto della natura e della cultura locale e con il coinvolgimento della popolazione autoctona. Il programma accresce l’attrattiva turistica dell’Indonesia offrendo ad esempio consulenza a operatori locali.  
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Per operare con successo nel settore dei servizi turistici è essenziale che il personale disponga delle necessarie competenze specialistiche. Per questo, nel 2019, in collaborazione con i governi locali e il settore privato, il programma ha aumentato il proprio sostegno alle scuole professionali e agli istituti di formazione professionale superiore, che hanno potuto migliorare la qualità delle proprie formazioni e adattarle maggiormente alle esigenze delle aziende locali del settore turistico.  
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«Il livello di competenza del nostro corpo docente è molto migliorato ed è aumentato il numero dei diplomati e delle diplomate», dichiara Agustinus Taruk, direttore di una scuola professionale a Toruja.
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Il turismo, tuttavia, può avere anche un impatto negativo sul clima, sulle risorse naturali e sul patrimonio culturale delle comunità locali. Per questo, il programma svizzero appoggia anche i piani di sostenibilità ambientale promossi dai governi locali, ad esempio per ridurre la plastica e i rifiuti.  
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Dall’inizio del programma nel 2009, il turismo internazionale nelle destinazioni selezionate è cresciuto di oltre il 65 per cento. Ed è aumentato anche il grado di soddisfazione della clientela, che rispetto al passato ha speso il 60 per cento in più. Ne hanno beneficiato centinaia di famiglie che hanno potuto migliorare le proprie condizioni economiche.

Ulteriori informazioni

Sito web SECO (fr): Indonesia


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Oltre due milioni di cittadini bosniaci vivono all’estero, di cui circa 60 000 in Svizzera. Molti desiderano contribuire allo sviluppo del loro Paese d’origine, che sia con un sostegno di tipo finanziario o con le competenze acquisite all’estero. Per sfruttare al meglio questo potenziale è stato lanciato il progetto Diaspora for Development.  
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Nella cittadina bosniaca di Sanski Most è stata fondata con il sostegno svizzero una filiale del gruppo Remus. Oggi, la Remus Innovation, nella quale sono confluite le preziose competenze di cittadini bosniaci, impiega 120 persone. 
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Dall’avvio del progetto un migliaio di uomini e donne ha trovato un impiego, e ciò significa poter restare nel proprio Paese. 
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Nel quadro del progetto Diaspora for Development sono state promosse iniziative anche in altre località. A Mostar, ad esempio, si è tenuto un hackathon al quale hanno partecipato oltre 30 giovani che, con il supporto di mentori appartenenti alla diaspora, hanno sviluppato soluzioni informatiche per aziende locali attive nei settori dell’agricoltura, del turismo e della metallurgia. Complessivamente, sono state costituite 5 startup informatiche.  
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Nel Comune di Posušje, nell’Erzegovina occidentale, su iniziative locale, 22 allievi di scuola media superiore sono stati formati all’uso di una macchina utensile acquistata e messa a disposizione da un imprenditore della diaspora bosniaca. L’obiettivo era fornire una formazione pratica a giovani studenti per offrire nuove prospettive e promuovere lo sviluppo economico del Comune.  
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È importante che ai giovani in Bosnia e Erzegovina siano offerte prospettive professionali e che il Paese possa evolvere ulteriormente sul piano economico e politico. Uno sviluppo durevole in Bosnia e Erzegovina è nell’interesse della Svizzera, poiché una situazione stabile nei Balcani garantisce stabilità anche in Europa.  
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Nella parte orientale della Bolivia, uno dei Paesi prioritari della cooperazione allo sviluppo svizzera, nell’estate 2019 gli incendi hanno divorato milioni di chilometri quadrati di boschi e savana.  
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Su richiesta del Governo boliviano, l’Aiuto umanitario svizzero ha inviato una squadra di pronto intervento regionale a sostegno delle forze locali di lotta agli incendi. La squadra, denominata Grupo de Intervención y Apoyo Rápido (GIAR), si compone di esperti sul campo impiegabili in situazioni di emergenza. 
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La squadra svizzera ha lavorato a Roboré, dove ha anche sede la centrale operativa delle autorità boliviane. Il suo compito era aiutare le autorità del Paese ad assicurare il rifornimento e la distribuzione di materiale per la lotta agli incendi. Duecento persone, fra pompieri, membri dell’esercito e delle autorità locali, sono state dotate di attrezzi e dispositivi di protezione quali caschi, accette antincendio, occhiali e maschere antifumo. Ciò ha reso più efficace la lotta e il contenimento degli incendi da terra.  
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Contemporaneamente, l’Aiuto umanitario svizzero ha sviluppato un’applicazione di tracciamento (tracking-tool) per analizzare i focolai di incendio. È stato così possibile sorvegliare due milioni di ettari di terreno, cioè un’area equivalente a quasi metà della superficie della Svizzera.  
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La nuova applicazione e le immagini satellitari hanno consentito di migliorare l’analisi dei focolai e hanno reso più efficienti tutte le operazioni di lotta agli incendi. L’esercito boliviano è stato istruito sull’impiego della nuova applicazione dagli esperti della squadra svizzera.  
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In Burkina Faso, oltre il 40 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. L’economia del Paese dipende fortemente dall’agricoltura e dalle piccole imprese artigiane, le principali fonti di reddito di circa l’80 per cento della popolazione. La carenza di servizi di base e l’elevata crescita demografica stanno mettendo a dura prova le infrastrutture esistenti.  
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Il decentramento, avviato dal Governo del Burkina Faso nel 1991 e sostenuto dalla Svizzera, mira a sviluppare servizi pubblici di qualità che rispondano alle esigenze della popolazione. La sua attuazione pone numerosi problemi, tra cui lo scarso trasferimento di risorse alle comunità e la mancanza di know-how delle autorità locali.  
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Il decentramento aumenta la trasparenza e l’efficacia delle amministrazioni locali. I cittadini e le cittadine sono maggiormente coinvolti nei processi decisionali. La Svizzera accompagna gli attori locali e regionali nell’elaborazione di piani di sviluppo d’intesa con la popolazione.  
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Con il sostegno della Svizzera, 30 amministrazioni locali hanno potuto sviluppare servizi sociali (istruzione, sanità, accesso all’acqua potabile) ed economici (trasporti e mercati) che consentono di rispondere alle esigenze di oltre 6 milioni di cittadini e cittadine del Burkina Faso.  
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Oltre 700 progetti sono stati realizzati con il sostegno della Svizzera nei settori dell’istruzione, della sanità, dell’acqua, dell’economia locale e dello stato civile. Nella parte orientale del Paese, ad esempio, è stata costruita una rete stradale di oltre 300 km, che ha consentito di migliorare lo sviluppo delle città e l’accesso ai mercati. Grazie alla realizzazione di varie infrastrutture, tra cui pozzi, più di 110 000 persone hanno ora accesso all’acqua potabile. 
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Il programma pone inoltre l’accento sullo sviluppo della democrazia locale. La Svizzera sostiene il rafforzamento delle associazioni e dei media al fine di promuovere la trasparenza e accrescere la responsabilità dei funzionari eletti.

«Sono felice di essere parte di questa radio di prossimità. Il sostegno svizzero ci permette di amplificare le voci locali a favore della governance territoriale e di perpetuare il dialogo sociale. Più che una radio è uno strumento di comunicazione al servizio dello sviluppo locale.»

Fabrice Zongo, giornalista alla Radio Palabre, Koudougou
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In Tunisia e Marocco la Svizzera sostiene il progetto PAMPAT, il cui obiettivo è migliorare le condizioni per la produzione e la vendita di prodotti locali. 
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Sempre più consumatori sono disposti a pagare prezzi più elevati per prodotti radicati nella cultura e nella tradizione di un Paese. Per i piccoli produttori rurali locali si tratta di una grande opportunità: non devono competere con i prezzi di prodotti standardizzati e sono ricompensati per l’impegno teso a preservare il patrimonio culturale.
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Un buon esempio di prodotto tradizionale è il fico d’India, che in Tunisia attecchisce ovunque. All’avvio del progetto, nel 2013, soltanto cinque aziende tunisine realizzavano prodotti a base di fichi d’India. Nel 2019 erano 30, con una gamma di oltre 100 prodotti. Con l’ampliamento della produzione sono stati creati 1000 nuovi posti di lavoro. 
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Il progetto sostiene anche produttori tunisini di harissa (una salsa a base di peperoncino) e di fichi di Djebba affinché possano migliorare la produzione, la lavorazione e la commercializzazione nazionale e internazionale dei loro prodotti. Il progetto introduce inoltre nuovi sistemi di certificazione, come pure standard e marchi di qualità, oltre a creare catene di valore connesse che partono dai contadini e arrivano ai mercati di esportazione. 
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Nel quadro del progetto sono organizzati anche concorsi nazionali per prodotti regionali. Questi traggono lo spunto da manifestazioni già condotte con successo in Svizzera e lanciate dalla Fondation Rurale Interjurassienne. Grazie a esposizioni e degustazioni, decine di aziende hanno potuto aumentare la cifra d’affari di circa il 50 per cento.  
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Visti i risultati conseguiti, nel 2019 la Svizzera ha deciso di prorogare il progetto fino al 2024 estendendolo ad altri prodotti quali datteri, melagrane e pomodori secchi. I concorsi nazionali verranno estesi all’Egitto e alla Georgia. PAMPAT è attuato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO).  

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Sito web SECO (fr): Tunisia
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Il 14 marzo 2019 il ciclone Idai si è abbattuto sulla provincia di Sofala e sul suo capoluogo Beira nel Mozambico, un paese prioritario della cooperazione svizzera allo sviluppo. Idai ha fatto più di 600 vittime, sconvolgendo la vita di circa due milioni di persone: raccolti distrutti, rischio di epidemie e migliaia di sfollati.  
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Il 16 marzo 2019 la Svizzera ha inviato in Mozambico diversi specialisti del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA). Valutata la situazione sul posto, questa prima squadra ha avviato interventi di primo soccorso in tre ambiti: accesso all’acqua potabile, logistica e ripari temporanei. 
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Nel settore dell’approvvigionamento di acqua potabile, le attività svizzere si sono concentrate nella regione di Dombe. In collaborazione con le autorità locali, sono stati organizzati tre servizi di distribuzione dell’acqua, grazie ai quali 785 famiglie hanno avuto nuovamente accesso all’acqua potabile (22 000 litri al giorno per circa 4000 persone). 
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Gli specialisti del CSA hanno anche lavorato al risanamento di oltre 200 pozzi. Parallelamente hanno istruito il personale di Solidar Suisse – un partner presente sul posto da diversi anni – sull’esame dei punti d’acqua, sull’analisi della qualità dell’acqua e sulla pulizia dei pozzi.  
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La Svizzera ha consegnato più di 12 tonnellate di aiuti all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM). In particolare: teloni catramati, tende multiuso e attrezzi per le riparazioni. Due esperti di logistica del CSA hanno collaborato con l’OIM alla distribuzione del materiale a Beira.  
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Il 25 aprile 2019, a distanza di sei settimane dal passaggio di Idai, un secondo ciclone (Kenneth) si è abbattuto sul Nord del Mozambico, facendo oltre 50 morti e gettando nel bisogno quasi 
380 000 persone. Una parte del materiale svizzero è dunque stato dirottato in questa seconda area di devastazione, dove sono stati dislocati anche tre esperti del CSA in risorse idriche e servizi igienico-sanitari. 
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Complessivamente, la Svizzera ha inviato in Mozambico 19 membri del CSA e circa 20 tonnellate di materiale. Ha inoltre sbloccato 3 milioni di franchi per aiutare i superstiti delle due catastrofi in Mozambico, ma anche nei Paesi vicini.  
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Il Medio Oriente è una delle regioni del mondo più colpite dallo stress idrico. La carenza d'acqua è aggravata dalla cattiva gestione delle risorse idriche e dagli incessanti conflitti.  
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Dal 2011, la Svizzera sostiene in Medio Oriente l’iniziativa Blue Peace, il cui obiettivo è fare in modo che gli Stati, gli esponenti degli ambienti economici e le comunità locali si siedano attorno a un tavolo e inizino a collaborare. L’acqua, potenziale fonte di conflitto, si trasforma così in uno strumento di promozione della pace. 
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Concretamente, l’iniziativa Blue Peace si traduce in cooperazioni in ambiti diversi. Si tratta ad esempio di formare i giornalisti affinché diano maggiore rilievo alle problematiche regionali legate alla scarsità d’acqua e sensibilizzino la società civile e i politici. Ma si tratta anche di condurre studi in materia di politica idrica o di creare impieghi trasferendo le competenze svizzere alle piccole e medie imprese del settore idrico e dei servizi igienico-sanitari.  
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La Svizzera promuove inoltre i cambiamenti sistemici nella politica regionale di gestione dell'acqua. Nel 2019 è stato istituito un consiglio regionale dell’acqua composto da rappresentanti della Giordania, dell’Iran, dell’Iraq, del Libano, della Turchia e, in parte, della Siria. 
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Questo dialogo regionale ha consentito di realizzare stazioni idrometriche sul Tigri, grazie alle quali le decisioni prese in questo bacino, abitato da più di 20 milioni di persone, possono basarsi su dati scientifici.  
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Ma come misurare la cooperazione multilaterale in materia di risorse idriche? La Economist Intelligence Unit – l’unità di analisi e ricerca economica del gruppo Economist – e la Svizzera si sono soffermati su questa domanda nel 2019 e hanno sviluppato il Blue Peace Index. 
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Il Blue Peace Index valuta in che misura i Paesi gestiscono in modo sostenibile le risorse idriche comuni. L’indice fornisce informazioni importanti alla politica, alle imprese e alla ricerca e promuove investimenti sostenibili e direttive socialmente responsabili sull’uso dell’acqua. In questo modo è possibile gestire le risorse idriche di una regione in modo più pacifico e responsabile.  
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Dal 2011 la Svizzera sostiene il progetto PAEFE (Programme d’appui à l’éducation et à la formation des enfants exclus du système éducatif) volto a promuovere l’istruzione di bambini e adolescenti che non hanno possibilità di accedere al sistema educativo. Più del 45 per cento dei giovani in Benin non frequenta la scuola. 
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Il progetto si rivolge a ragazzi di età compresa tra i 9 e i 15 anni, ormai troppo grandi per frequentare la scuola primaria, ma troppo piccoli per imparare un mestiere. Complessivamente sono state create 98 strutture educative alternative, che offrono a questi ragazzi la possibilità di conseguire un diploma e più tardi di imparare un mestiere.  
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Lo studio analizza gli effetti del progetto sui partecipanti e sul settore dell’istruzione pubblica. In uno studio quantitativo di base sono stati intervistati, tra il 2017 e il 2018, 2564 bambini. Un terzo ha partecipato al progetto; gli altri due terzi costituivano il gruppo di controllo e dunque non vi hanno partecipato. 
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Nell’estate del 2019 è stato condotto un sondaggio qualitativo tra gli studenti dell’ultimo semestre riguardo a eventuali prime esperienze di inserimento professionale. In parallelo, tutti i bambini, sia del gruppo di riferimento sia del gruppo di controllo, sono stati coinvolti in un sondaggio quantitativo.
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Tutti i bambini che hanno partecipato al progetto hanno registrato un netto miglioramento delle loro competenze nella lingua nazionale; anche in francese c’è stato un miglioramento anche se meno marcato.

In molti adolescenti è aumentato l’interesse per un apprendistato o una formazione di grado superiore. Ed è aumentata anche l’età che le ragazze considerano ideale per il matrimonio e la nascita del primo figlio.
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Lo studio ha inoltre evidenziato come idialogo tra il settore dell’istruzione pubblica e le strutture educative alternative vada ulteriormente approfondito.
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Dalla conclusione della prima fase del progetto, le autorità del Benin stanno lavorando alla prosecuzione del modello.

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Sito web: Helvetas
Sito web (fr): DSC 
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In Colombia, la Svizzera porta avanti dall’inizio del 2015 un progetto volto a migliorare le condizioni igieniche facilitando l’accesso della popolazione rurale all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. 
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Il progetto è stato lanciato durante le trattative di pace tra l’organizzazione guerrigliera FARC e il Governo e mira, tra le altre cose, a contribuire alla stabilità della pace migliorando l’approvvigionamento idrico. Oltre cinquanta anni di guerra civile hanno eroso la fiducia di comunità emarginate nelle istituzioni dello Stato. A causa del conflitto armato, infatti, il Governo ha trascurato per anni alcune parti del Paese. 
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Per l’infrastruttura idrica il Governo colombiano ha a disposizione risorse finanziarie sufficienti, ma mancano le competenze e il personale qualificato necessari per il potenziamento e la gestione sostenibili dell’infrastruttura. Il progetto consente di migliorare l’approvvigionamento idrico locale e l’offerta di impianti igienico-sanitari, favorisce la collaborazione tra diversi attori e promuove l’impiego di nuove tecnologie.  
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Pur trattandosi di un intervento diretto della Svizzera, il progetto è gestito esclusivamente da esperti colombiani. Copre sei provincie nella parte occidentale del Paese e sta già producendo i primi frutti. I cittadini dimostrano di voler investire nel proprio futuro anche a livello locale. Imparano a rivolgersi alle competenti autorità governative per ottenere gli aiuti che consentono di migliorare l’approvvigionamento di acqua, e riguadagnano così fiducia nelle istituzioni.  
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Il progetto non è solo un buon esempio di come l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari sia in grado di soddisfare i bisogni più immediati della popolazione. È anche uno strumento adatto ad accompagnare un Paese lungo il cammino verso la pace.  
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Bambini che tornano a scuola dopo una catastrofe, donne che per la prima volta fondano una piccola impresa: sono esempi dei successi ottenuti grazie al partenariato della Svizzera con il Pakistan, conclusosi alla fine del 2019. La Svizzera si è adoperata innanzitutto per rafforzare i diritti umani allo scopo di migliorare durevolmente le condizioni di vita della popolazione.  
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Il 10 dicembre 2019 donne e uomini hanno manifestato nelle strade di Peshawar a favore di più diritti umani. Consultazioni ad ampio raggio e intensi dibattiti con diversi attori della società civile hanno prodotto, negli ultimi dieci anni, diversi progetti legislativi che, dopo il confronto fra le varie forze politiche, hanno trovato la strada dell’attuazione pratica.  
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In collaborazione con l’ONU, la Svizzera ha appoggiato tali processi legislativi nella parte nordoccidentale del Paese, in una zona al confine con l’Afghanistan. I risultati sono degni di nota, tanto che oggi i diritti di donne, bambini e minoranze sono meglio protetti.  
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In Pakistan, ad esempio, è inabituale che le donne scelgano di fare le poliziotte, ma a Peshawar molte donne sono state incoraggiate, con il sostegno svizzero, ad intraprendere questa carriera. Nel quadro della formazione impartita, si attribuisce grande importanza alla difesa dei diritti delle donne e dei bambini.  
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Grazie alla Svizzera, una nuova banca dati permette di disporre di dati più accurati riguardanti i diritti umani. Masood Ahmed, segretario generale della Direzione per i diritti umani a Peshawar, è soddisfatto delle nuove possibilità tecnologiche:

«Grazie alla banca dati è possibile, con un semplice clic, verificare i progressi della nostra provincia in materia di diritti umani. In tutti i 34 distretti della provincia ora c’è una persona che funge da interlocutore in tema di diritti umani per la popolazione e le autorità». 
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Visti i risultati ottenuti nella prima provincia, il Governo ha deciso di introdurre la banca dati anche in tutte le altre nonché a livello federale.  
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Una valutazione d’impatto cofinanziata dalla Svizzera mette in luce gli effetti positivi di un progetto svizzero sul sistema sanitario in Burkina Faso.
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Quando la popolazione rurale rappresenta l’80 per cento del totale, garantire un’assistenza sanitaria capillare sul territorio è una vera sfida. Ancora nel 2013 un bambino su otto moriva in Burkina Faso per una diagnosi sbagliata o un trattamento farmacologico errato.  
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Il progetto Integrated e-Diagnosis Approach (IeDA) aiuta il personale sanitario a rispettare rigorosamente le direttive. La punta di diamante del progetto è una applicazione per tablet e computer che migliora la diagnosi e il trattamento e registra i dati dei piccoli pazienti.  
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Oltre a implementare il progetto, dal 2014 al 2017 è stata condotta una valutazione d’impatto in otto regioni del Paese. Per tre anni i centri sanitari che hanno utilizzato la nuova applicazione hanno registrato i dati di 2038 bambini trattati. In un terzo dei casi (gruppo di trattamento) è stato utilizzato il nuovo software; negli altri (gruppo di controllo), la diagnosi è stata elaborata sulla base di questionari cartacei.   
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Rispetto al gruppo di controllo, l’osservanza delle direttive nel gruppo di trattamento è migliorata del 25 per cento. La quota delle diagnosi corrette è aumentata in modo significativo. Nel caso della diarrea infettiva l’incremento è stato addirittura del 39 per cento. 
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Il progetto ha riscosso l’interesse internazionale ed è stato possibile attirare nuovi finanziatori. Entro il 2020, il 62 per cento di tutti i centri sanitari del Paese dovrebbero utilizzare l’applicazione e oltre 3 milioni di pazienti essere registrati. 
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L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sta lavorando all’estensione del progetto agli Stati limitrofi: Mali e Niger.

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Sito web (fr): Terre des hommes
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I conflitti scoppiati negli anni 1990 nella regione dei Grandi Laghi (Burundi, Ruanda e Repubblica democratica del Congo) hanno reso vulnerabili le popolazioni e il tessuto sociale. Lo stupro è stato usato sistematicamente come arma di guerra. Nonostante le ostilità siano ufficialmente cessate, la portata del fenomeno della violenza sessuale e di genere rimane allarmante. 
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Per aiutare le donne vittime di violenza sessuale ad affrontare le conseguenze fisiche e psicologiche delle aggressioni, nel 2011 la Svizzera ha lanciato un programma di assistenza psicosociale. Al fine di agevolare il loro reinserimento nel tessuto sociale, il programma non coinvolge soltanto le vittime, bensì l’intera comunità.
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La partecipazione degli uomini è decisiva. Per rendere possibile un cambiamento comportamentale, il programma si concentra sulla prevenzione sensibilizzando uomini e autorità locali al problema della violenza sessuale e di genere.  
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I «laboratori di guarigione» permettono alle vittime di recuperare gradualmente la salute mentale e relazioni sociali sane. Costituiti all’interno delle comunità, offrono spazi di discussione e di dialogo a persone che hanno vissuto esperienze simili e hanno esigenze analoghe.  
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«Attraverso il laboratorio ho rivissuto lo stupro subìto, ma ho anche realizzato di non essere l’unica vittima. Partecipare ai laboratori organizzati dal Reseau des femmes pour les droits et la paix è stata una tappa importante nel mio processo di ripresa».

Testimonianza di una sopravvissuta della provincia del Kivu Sud nella Repubblica democratica del Congo

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L’approccio psicosociale integra gli aspetti medici, psicosociali e giuridici e pone l’accento in particolare sul reinserimento delle vittime nelle loro comunità. Per contrastare la violenza sessuale e di genere è essenziale continuare a lavorare con le comunità e potenziare il sistema sanitario. È altrettanto fondamentale che i governi continuino a impegnarsi nella lotta contro l’impunità. 
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Nel 2019, 26 000 persone nei tre Paesi che costituiscono la regione dei Grandi Laghi – il 70 per cento delle quali donne – hanno beneficiato in forma diretta di questo programma. Più di 600 vittime, tra gli 11 000 nuovi casi di stupro, hanno ricevuto assistenza giudiziaria e in 50 casi sono state pronunciate sentenze a favore della vittima.  

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Sito web DSC: Regione dei Grandi Laghi 
Sito web DSC: Uguaglianza di genere
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Il Governo, le istituzioni, gli individui hanno un ruolo decisivo nel promuovere l’emancipazione economica delle donne. Sono necessarie politiche efficaci per indurre cambiamenti strutturali e consentire alle donne di impegnarsi nel mercato del lavoro, non soltanto in qualità di impiegate, ma anche di imprenditrici. 
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In quest’ottica, la Svizzera ha partecipato a un’analisi della situazione nel Caucaso meridionale per comprendere le disparità salariali tra uomini e donne. 
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Con il sostegno della Svizzera, la Georgia ha messo a punto un sistema di protezione per le giovani madri e le donne incinte. Il sistema prevede che i datori di lavoro debbano adeguare l’ambiente di lavoro delle loro collaboratrici ed evitare di esporle a determinati rischi.  
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Nelle comunità rurali, la Svizzera ha sostenuto anche l’imprenditorialità e la leadership delle donne. Il progetto Women’s Economic Empowerment in the South Caucasus (WEESC) mira a favorire la partecipazione attiva di 1200 donne alla vita professionale affinché possano contribuire a migliorare la situazione economica delle proprie famiglie.  
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In diversi Comuni della Georgia e dell’Armenia, la Svizzera promuove la partecipazione delle donne ai processi decisionali. Grazie al loro coinvolgimento nella gestione della cosa pubblica, sono emerse problematiche inedite quali l’accesso all’acqua potabile o la qualità dell’infrastruttura stradale, essenziali per un migliore accesso ai mercati. 
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Dal 2019 la rete dei trasporti pubblici di Bogotá, capitale della Colombia, è stata arricchita di una cabinovia, che rappresenta anche un importante stimolo per la vita economica e sociale della città. 
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La TransMiCable si estende su una lunghezza di 3,5 chilometri e collega Ciudad Bolívar, distretto a basso reddito a sud-ovest della capitale, con una delle principali linee di autobus nel distretto di San Cristóbal a sud-est. 

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La cabinovia consente a oltre mezzo milione di persone di muoversi più rapidamente in città riducendo a 13 minuti, ovvero di oltre l’80 per cento, il tempo necessario per raggiungere il posto di lavoro, un ufficio o un servizio pubblico in centro. Nei primi tre mesi di attività la cabinovia ha trasportato più di 1,8 milioni di passeggieri. 

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La TransMiCable sostituisce circa 110 autobus e riduce il congestionamento stradale e le emissioni di CO2. 

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La cabinovia genera nuove attività economiche e sociali. Il Comune ha rivitalizzato gli spazi pubblici nei pressi delle quattro stazioni di fermata: sono sorti nuovi parchi giochi, centri comunali, piazze e spazi in cui si esprime l’arte di strada. Questa evoluzione rilancia l’economia locale e crea nuovi posti di lavoro, poiché nelle vicinanze delle stazioni sono stati aperti ristoranti, negozi di souvenir, panetterie e persino un hotel. 
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La cabinovia è stata costruita dal gruppo austro-elvetico Doppelmayr nel quadro di un programma della Società finanziaria internazionale (International Finance Corporation, IFC). 
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Nell’ambito di un progetto finanziato dalla Svizzera, l’IFC ha assistito le autorità di Bogotá in una riflessione su due livelli: come può il governo municipale amministrare in modo efficiente le infrastrutture cittadine facendo affermare standard ecologici e sociali internazionali? E come motivare il settore privato a partecipare maggiormente a progetti infrastrutturali cittadini? Il risultato di questa riflessione è stata una partecipazione del settore privato a tali progetti per circa 450 milioni di dollari. 

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Sito web SECO (fr): Colombia
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Los Sitios è un quartiere densamente popolato del centro di L’Avana in cui coesistono povertà, violenza domestica, delinquenza, prostituzione ed esclusione sociale. Inoltre, una percentuale elevata della popolazione è affetta da HIV. La Svizzera sostiene il progetto Quisicuaba, che mira al reinserimento sociale dei gruppi a rischio. Per prevenire la criminalità e la violenza fra i giovani, una parte del progetto è dedicato alla formazione professionale.  
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Il progetto, che coinvolge ex detenuti condannati per violenza domestica, ora separati dalle loro famiglie, lavora sugli stereotipi di genere. L’obiettivo è indurre un cambiamento di mentalità e comportamenti più rispettosi nei confronti delle donne e delle minoranze.  
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Gli ex detenuti partecipano a laboratori assistiti da psicologi e sociologi. Per mezzo di tecniche partecipative, sono indotti a riflettere sugli stereotipi della mascolinità. 
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Uno dei metodi applicati prevede che gli ex detenuti si familiarizzino con incombenze di tipo domestico. Ogni giorno, per esempio, preparano e servono un pasto ai più bisognosi del quartiere.  
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Situata nel quartiere, la scuola professionale è frequentata da più di 100 giovani di età compresa tra i 13 e i 17 anni. Oltre il 90 per cento vive in situazioni di precarietà ed è privo di formazione. La scuola accoglie anche giovani donne. Ragazzi e ragazze seguono le stesse formazioni, senza distinzione di genere, e imparano mestieri ricercati sul mercato del lavoro, quali muratore, cuoco, sarto, barbiere.  
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Questi giovani partecipano anche a laboratori sul rispetto della diversità sessuale; il bullismo contro gli studenti omosessuali non è ammesso. Le ragazze sono sensibilizzate al rischio di molestie sessuali e ad altre tipologie di violenza legate al genere. Altri temi ricorrenti sono i rapporti sessuali protetti e le gravidanze adolescenziali.

«In questi laboratori si lavora sulla violenza, nelle sue varie forme, ma anche allo sviluppo di una paternità responsabile.»

Y. A. Rodríguez, coordinatore del progetto
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Lo Swiss Entrepreneurship Program sostiene le reti imprenditoriali locali che promuovono le startup. 
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Persone con idee innovative e spirito d’iniziativa hanno il potenziale per creare imprese e posti di lavoro. Ma nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi emergenti, mancano loro spesso le competenze, il capitale e i servizi necessari.  
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Lo Swiss Entrepreneurship Program conclude partenariati con fornitori privati e locali di servizi per startup, e promuove reti di mentori e investitori. Il programma è attuato in Albania, Bosnia e Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Perù, Serbia e Vietnam. Nel 2019 è stata avviata la seconda fase del programma. L’obiettivo è influenzare il contesto normativo per migliorare le condizioni quadro in cui operano le imprese. 
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Nel 2019 si è tenuta a Zurigo la seconda edizione della Women Entrepreneurs Week. L’evento ha permesso a 20 donne che hanno costituito un’impresa propria provenienti da sette Paesi di entrare in contatto con esponenti femminili di startup svizzere e mentori internazionali. Obiettivo della settimana dell’imprenditorialità femminile era, in particolare, definire strategie di mercato efficaci basate anche sui canali digitali.  
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Durante la Women Entrepreneurs Week si sono incontrate anche Claudia Quintanilla e Amparo Nalvarte, due imprenditrici peruviane attive nel settore della tecnologia finanziaria. Claudia ha fondato Rextie, un’azienda che, in tempo reale e a tassi di cambio equi, consente di cambiare digitalmente dollari americani nella valuta locale. Claudia è alla ricerca di investitori per sviluppare ulteriormente il proprio progetto imprenditoriale in modo da adeguarlo al meglio al contesto peruviano e rendere possibile, tra l’altro, anche la firma digitale.  
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Claudia e la sua mentore Amparo hanno elaborato una strategia di crescita per Rextie. Amparo racconta: «Mi hanno così colpito la dedizione, la tenacia e l’impegno di Claudia che alla fine io stessa ho deciso di investire 50 000 dollari nella sua impresa.»

Sito web (en): Women Entrepreneurs Week 2019
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capitolo 3 Crisi

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capitolo 6 Democrazia

capitolo 7 Libertá

capitolo 8 Genere

capitolo 9 Migrazione

capitolo 10 Effetti

capitolo 11 Statistiche

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